TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 90 / 19 ottobre 2004
I contenuti della manovra di Siniscalco e gli enti locali

Il sindaco non farà
l'esattore per conto terzi
Se aumenti le tasse e alzi le tariffe, puoi spendere di più, gli sussurra Berlusconi attraverso la Finanziaria, ma i municipi non diventeranno trappole per i loro cittadini che già non arrivano alla fine del mese

di Tino Bedin

Cari amici, gli occhi e il cuore dei nostri sindaci si riempiono ormai da mesi di volti di persone che non avrebbero immaginato di incontrare: sono i cittadini che vanno dal loro sindaco per raccontargli che non riescono a far bastare lo stipendio. Sono visite sempre più frequenti; nella stragrande maggioranza discrete, dignitose; nel loro insieme più crude e drammatiche di ogni statistica.
A queste persone i sindaci non rispondono, come avrebbero fatto in passato, che anche il bilancio comunale non basta mai; anzi che basta sempre meno. Infatti, non solo non darebbero una risposta, ma aggraverebbero la condizione di insicurezza nella quale sono precipitate molte delle nostre famiglie. Preferiscono offrire amicizia e condivisione.
Vorrebbero anche poter tradurre questi bisogni nuovi in progetti. Molti di loro lo faranno, nonostante le scelte del governo, nonostante la Finanziaria per il 2005 che Berlusconi e il suo ministro Siniscalco hanno consegnato al Parlamento. Perché molti Comuni sanno come si amministra il denaro di tutti; sanno chiedere e dare; non illudono e quindi spesso non deludono.

Il governo si tiene 224 milioni degli enti locali. La Finanziaria per il 2005 non aiuterà sindaci ed assessori comunali, anzi complicherà la ricerca di soluzioni.
Lo Stato redistribuisce meno soldi agli enti territoriali: tra una voce e l'altra, tra capitoli apparentemente in crescita ed altri che scompaiono, è stato calcolato che il governo si terrà 224 milioni di euro finora destinati agli enti locali.
Il governo ordina anche di tagliare le spese: nel 2005 non si supera il 4,8 per cento in più rispetto al 2003. Basta fare il conto dell'inflazione, anche solo quella ufficiale, di questi due anni per capire che non si tratta di un aumento ma di un taglio. Anzi nel 2006 e nel 2007 diventerà un'amputazione, con il tetto generalizzato al 2 per cento di adeguamento.
Però se metti più tasse ed alzi le tariffe, allora puoi spendere di più, sussurra Berlusconi al sindaco. Più che un consiglio è una trappola. Il sindaco farà brutta figura con i suoi cittadini, mentre Berlusconi potrà dire che ha abbassato le tasse. La tragedia è che quei cittadini che non arrivano a fine mese e che lo vanno a raccontare al sindaco, continueranno ad avere questo problema, con in più un'altra incertezza: non sapranno con chi prendersela. E questo non farà assolutamente bene alla democrazia, alla partecipazione civile, al futuro.
Poiché ogni sindaco vorrà essere non un esattore per conto terzi, ma un amministratore consapevole delle risorse comuni, è probabile che farà di tutto per non far cadere i propri concittadini nella trappola. In particolare nella trappola più insidiosa: l'aumento delle tariffe delle prestazioni di servizi per le famiglie, le persone e le imprese.

Il welfare territoriale spinge la competitività. Complessivamente - fra tagli e "tetti" - la spesa tendenziale dei servizi degli Enti locali viene diminuita dalla Finanziaria nazionale di un miliardo e mezzo di euro. La riduzione è elevata e comporterà scelte sulle quali i cittadini potranno misurare la differenza di programmi, di progetti, di soluzioni; valuteranno governo e municipi.
Proclamare lo sviluppo, confidando solo nella laboriosità e nell'imprenditorialità, non è più sufficiente. La scelta degli elementi dello sviluppo sarà altrettanto importante che la decisione sui mezzi per conseguirlo. Più che mai oggi, nel clima di insicurezza che si vive, lo sviluppo passa attraverso le persone. C'è una nuova, aggiuntiva dimensione dello Stato sociale alla quale i municipi sono chiamati: dare fiducia ai cittadini nel futuro. Un sistema di welfare territoriale efficace è in grado di attirare ed attivare nuove risorse umane in un'area specifica. Il cittadino, affiancato nella ricerca delle opportunità, è disposto ad investire non solo su se stesso ma in una comunità. La famiglia sente che può rischiare in un proprio progetto di vita, se non è costretta a confrontarsi da sola nel mercato competitivo. Del resto in Europa le politiche sociali non sono considerate come alternative, o come un freno, alle politiche per la competitività, anzi la competizione fra territori avviene anche sulla base del livello delle opportunità che il "municipio solidale" riesce a generare.
Si tratta di un'opportunità assai più vantaggiosa di uno spostamento di tasse dal livello nazionale a quello locale, come suggerisce la finanziaria 2005.

I Comuni investono anche per conto dell'Europa. Anche all'interno di più tradizionali parametri di sviluppo, la manovra economica proposta da Berlusconi-Siniscalco è discutibile.
Uno dei punti più inquietanti dalle Finanziaria è l'assimilazione delle spese per investimento alle spese correnti. L'inquietudine non nasce solo dall'entità dei tagli, ma dal fatto che una decisione di questo tipo conferma l'assenza nel governo di una chiara politica di sviluppo e di un'affidabile coerenza programmatica nella maggioranza.
È da quando c'è questo governo che un po' tutti i ministri sostengono che occorre rivedere il Patto di stabilità europeo, togliendo dai parametri di Maastricht le spese per investimenti, come volano per lo sviluppo. È lo stesso governo che ora nel Patto di stabilità interno inserisce proprio quegli investimenti che vorrebbe escludere in Europa.
La scelta è ancor più grave, se si pensa che i Comuni rappresentano in molte occasioni la struttura appaltante finale di un sistema di realizzazione di opere pubbliche che mette insieme non solo i soldi comunali, ma anche le risorse che sono trasferite dall'Unione europea, dallo Stato, dalla Regione o dalla Provincia. Bloccare la spesa per investimenti da parte dei Comuni significa bloccare una parte importante del sistema Italia e, di fatto, rendere inutilizzabili fondi già stanziati e disponibili, sia in sede europea che nazionale, innescando una spirale negativa di cui l'economia italiana non ha assolutamente bisogno.

Decoder per tutti (intanto l'innovazione rallenta). Un altro esempio dell'incertezza sulla qualità dello sviluppo che il governo persegue, si ha nel settore dell'innovazione tecnologica nell'ambito della pubblica amministrazione locale. I soldi trovati a questo scopo dal governo dell'Ulivo con la gara dei telefonini Umts stanno finendo, ma l'attuale governo non se ne accorge e non mette un euro in Finanziaria.
Finora grazie al co-finanziamento statale i comuni hanno attivato investimenti in tecnologia informatica per 500 milioni di euro, ricavando il resto dei fondi dal loro bilancio ma anche sfruttando specifici interventi dell'Unione Europea. Questo sta rendendo i comuni non solo più efficienti, ma anche più trasparenti nei confronti dei cittadini: molte informazioni e molti servizi sono già in Rete. Adesso che molte soluzioni sono state sperimentate, sarebbe il momento della loro massima diffusione, anche nei comuni minori, che avrebbero sicuri vantaggi almeno nella gestione.
Tutto questo processo tecnologico, organizzativo e democratico però è destinato a rallentare, perché il governo rinuncia a fare la sua parte. Eppure i soldi ci sono, e proprio nel settore dell'innovazione. Infatti, la Finanziaria 2005 mette a disposizione 110 milioni di euro per l'acquisto di decoder, la "macchinetta" che "allarga" la televisione, cioè un settore di cui il presidente del Consiglio è particolarmente esperto. Basterebbero appunto quei 110 milioni di euro, ed anche un po' meno, per continuare a buon ritmo l'innovazione tecnologica dei Comuni, cioè per "allargare" la democrazia e la cittadinanza.

I soggetti della sussidiarietà orizzontale. Dunque anche in tema di internet, intranet, sms e tutta l'information technology i Comuni dovranno fare da soli, magari ricercando tra loro le sinergie necessarie per continuare ad utilizzare gli investimenti dell'Unione Europea nel settore.
Mai ai sindaci basteranno il saper amministrare, la volontà politica di resistere alla trappola delle tasse tesa da Berlusconi-Siniscalco, l'affinamento delle vere urgenze dei cittadini per evitare di ridurre i servizi o di aumentare i soldi richiesti ai propri cittadini? Probabilmente no.
La "resistenza" delle comunità locali ai "tagli" non funzionerà se sarà accentrata esclusivamente nei municipi. Per giunte municipali e consigli comunali questo è il tempo di dare vita, con coraggiosa umiltà, a forme di sussidiarietà orizzontale con cui costruire il welfare territoriale e il "municipio solidale". Famiglie, parrocchie, volontariato, terzo settore, imprese e sindacati sono in grado di progettare e gestire a nome della comunità una serie di servizi: non come "supplenza" ma con la piena titolarità di soggetti pubblici; non per risparmiare, ma per adeguare e responsabilizzare.
In questi anni molti comuni hanno "esternalizzato" i loro compiti, forse migliorando i bilanci ma non i servizi. Questo è invece il tempo di "interiorizzare" i compiti, non tanto nel municipio quanto nella comunità.

Tino Bedin

Roma, 19 ottobre 2004


19 ottobre 2004
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