TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 87 / 8 agosto 2004
Una gara d'appalto pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale

La sentinella della caserma
non porterà le stellette
Vigilanti a protezione delle installazioni militari italiane. È l'inizio di una nuova privatizzazione, quella della sicurezza? Dall'Iraq abbiamo saputo che si può fare...

di Tino Bedin

Cari amici, la professionalizzazione delle nostre Forze Armate è decisa ma non ancora operativa e già si fanno passi verso la privatizzazione della difesa e della sicurezza anche in Italia. La legge sulla sospensione della leva obbligatoria a partire dall'1 gennaio del 2005, approvata dai due rami del Parlamento prima delle ferie, non è ancora stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Invece sulla Gazzetta Ufficiale del 2 agosto è stato pubblicato il bando di gara per l'aggiudicazione del "servizio di vigilanza e custodia d'installazioni militari dislocate sul territorio nazionale". Bandita dalla Direzione generale del Commissariato e dei Servizi generali del ministero della Difesa, la gara di appalto apre la porta al controllo privato degli impianti delle forze armate. A chiedere "Chi va là?" dalle garitte delle caserme non sarà più un militare con le stellette della Repubblica, ma un "vigilante" con le mostrine della sua compagnia privata.
Il ministero della Difesa mette a disposizione oltre 24 milioni di euro per la protezione di 77 impianti militari: 31 installazioni nell'Italia del Nord, 28 in Toscana e Lazio, 11 nell'Italia meridionale, 3 in Sicilia e 4 in Sardegna. La gara si farà il 28 settembre presso il ministero.
È una "piccola" notizia, che interessa solo i militari? Probabilmente non è né "piccola" né di interesse limitato: per questo ve la segnalo.

Anche Trenitalia dovrà pagarsi i vigilanti? Comincio dall'interesse generale. Già la decisione di privatizzare i servizi di controllo agli imbarchi aeroportuali è stata oggetto di ripensamenti dopo l'11 settembre ed anche di riorganizzazioni: dopo di allora si sono ripotenziate le postazioni di Polizia, pur senza ritornare indietro nella scelta. In ogni caso gli aeroporti sono formalmente spazi gestiti dai privati, che se ne devono far carico. Ma se ora lo Stato rinuncia alla vigilanza e custodia diretta su installazioni strettamente pubbliche, quali sono gli impianti militari, cosa possono aspettarsi i cittadini?
Che anche a Trenitalia venga richiesto al più presto di pagarsi i suoi vigilanti sui treni al posto della Polizia Ferroviaria?
Che i sindaci - come in parte stanno già facendo anche in Veneto - mettano a bilancio spese per interventi che ora sono della Polizia stradale o dei Carabinieri?
Oltre che per il futuro della loro sicurezza, queste ipotesi preoccupano i cittadini per i costi: Trenitalia aumenterà il prezzo dei biglietti ed il sindaco ridurrà i servizi sociali se non vuole aumentare le tasse. Anche la privatizzazione della sicurezza, come molte privatizzazioni porterà forse ad una riduzione delle spese pubbliche e di sicuro ad un aumento delle spese delle famiglie.

Una delle tante lacune della legge sulla leva. Sul terreno specificamente militare, questa privatizzazione della sicurezza appare in Gazzetta Ufficiale mentre l'opinione pubblica è interessata da due fatti: la fine della leva obbligatoria in Italia e la sempre più chiara presenza di forze di sicurezza di multinazionali private in Iraq.
La notizia di 48 miliardi di vecchie lire destinati a sostituire le sentinelle militari con vigilanti privati non è dunque tanto "piccola".
Contiene dentro di sé la conferma della improvvisazione con cui il governo ha deciso di anticipare la sospensione della leva. Io ho votato a favore della legge, perché la professionalizzazione del servizio militare costituisce una esigenza sia nazionale che internazionale cui già la legislatura dell'Ulivo aveva deciso di dare una risposta. La mia dichiarazione di voto favorevole è tuttavia una descrizione delle lacune, degli errori e delle imprudenze che la Destra ha compiuto in questo percorso. La riduzione della possibilità di custodire caserme ed impianti militari è una di queste imprudenze: ma come si fa a non prevedere prima della riduzione degli effettivi militari una nuova organizzazione di sicurezza degli impianti?
E questo è solo uno dei limiti. Nulla si prevede per gli alloggi. Niente è contenuto per le famiglie dei militari. Neppure la paga diventa uno stipendio, ma resta un salario giornaliero.

Anche le multinazionali all'appalto italiano? IIl contenuto politicamente più preoccupante di questa "piccola notizia" d'agosto è tuttavia il rischio che anche l'Italia si avvii sulla strada che ha già portato gli Stati Uniti a privatizzare parti rilevanti della sicurezza e della difesa. Il conflitto iracheno ha messo sotto i riflettori una situazione di cui non era nota all'opinione pubblica la dimensione. Ci sono vere e proprie multinazionali della sicurezza, che si stanno avviando a detenere il monopolio di alcuni servizi militari e di sicurezza, un tempo di esclusiva competenza degli Stati. I loro servizi non si limitano al supporto logistico, ma comprendono anche la pianificazione operativa e l'addestramento militare.
Hanno già una definizione: Compagnie private militari (PMCs è la sigla inglese) e in Iraq il loro contingente è quello più numeroso dopo il contingente degli Stati Uniti. Questo numero e soprattutto lo scenario di guerra in Iraq dice che è possibile che società nate come fornitrici di servizi di sicurezza, quali la protezione di impianti, soddisfi con il tempo richieste più direttamente connesse con attività militari.
Sarà dunque interessante vedere il prossimo 28 settembre quali sono le società che partecipano alla gara per la sicurezza delle installazioni militari italiane e verificare se vi partecipano, direttamente o attraverso società italiane, anche le multinazionali che già operano ad esempio in Iraq. Capiremo allora se quella che la Destra avvia con questo appalto è una strada che porta a soppiantare la responsabilità primaria dello Stato nel provvedere alla sicurezza dei cittadini.

Tino Bedin

Padova, 8 agosto 2004


8 agosto 2004
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