Cari amici,
il governo manda a dire al Senato che non ci sono 3 milioni e 100 mila euro per celebrare il sessantennale della Liberazione e della Resistenza. Lo stesso governo non ha invece niente da dire sui costi che comporterà il riconoscimento come "militari belligeranti" a coloro che hanno fatto il militare nella Repubblica di Salò (costi neppure dichiarati e quindi quantificati).
Succede così la Commissione Difesa del Senato blocca la discussione sul disegno di legge che affida alle Associazioni combattentistiche e partigiane le celebrazioni dei sessant'anni della fine del secondo conflitto mondiale e della dittatura fascista. E succede, sempre nella stessa giornata, che la stessa Commissione Difesa approva un disegno di legge in cui i militari di Salò "sono considerati a tutti gli effetti militari belligeranti, equiparati a quanti prestarono servizio nei diversi eserciti dei Pesi tra loro in conflitto durante la seconda guerra mondiale", come è scritto nel testo presentato da Alleanza Nazionale.
Questa la "pacificazione". Tutto questo per la Destra è la "pacificazione". Dicono: la nostra democrazia è sufficientemente forte per non togliere la cittadinanza a nessuno, per "riammettere" chi è stata escluso. Sarebbe magari una buona base di confronto se la robustezza della democrazia italiana fosse fatta dipendere dalle scelte fatte con la Resistenza, con la scelta della Repubblica, con la Costituzione, con la legislazione ordinaria che ha consolidato il percorso. Se cioè la "pacificazione" fosse il frutto di una condivisione storica, culturale e politica.
La pacificazione che la destra intende perseguire finché ha la maggioranza è invece tentativo di revisionismo storico. Per restarare all'argomento di oggi, il riconoscimento dello stato di belligeranti ai militari di Salò comporta, ed è scritto nella relazione al disegno di legge approvato in Commissione Difesa, il riconoscimento come "governo di fatto" per la Repubblica sociale italiana.
Al di là delle vicende personali di chi ha militato nella Repubblica di Salò, è inaccettabile storicamente e costituzionalmente che si punti ad equiparare il legittimo governo regio italiano al protettorato che i tedeschi avevano costituito nell'Italia settentrionale, affidandolo a Mussolini. Significherebbe che la nostra Costituzione e la nostra Repubblica hanno da trovare parte delle loro radici anche in quella "dipendenza" nazista.
Dovremmo trattarli come "padri della Patria". A nome della Margherita ho ovviamente votato, assieme ai colleghi dei Democratici di Sinistra, contro il disegno di legge. L'ho fatto pensando alla nostra Costituzione e alla nostra storia, ma anche avendo in mente e nel cuore migliaia di persone, ormai anziane: i partigiani, certo, ma in questo caso soprattutto i militari italiani, come mio papà, visto che di militari parla la legge approvata in commissione.
Con questa decisione la Destra dà infatti un doppio schiaffo alla stragrande maggioranza dei militari che dopo l'8 settembre restarono fedeli all'unica Patria che allora c'era.
Il primo schiaffo è l'equiparare la loro scelta a quella dei repubblichini: migliaia di militari hanno pagato con la vita la loro decisione di fedeltà alla Patria; molte altre migliaia hanno trascorso anni tragici nei campi di sterminio nazisti. Ora per legge si scrive che quella scelta è indifferente alla storia patria: si poteva stare da una parte o dall'altra, alla fine arriva anche in questo... un condono. Ma la morte, la prigionia, la fedeltà, la speranza non si condonano.
Il secondo schiaffo è il togliere a quei combattenti, militari e partigiani (ormai pochi, per il trascorrere della vita, tra i cittadini italiani), l'onore di sentirsi e di essere considerati tra i "padri fondatori" dello Stato di democrazia e di libertà nel quale viviamo tutti: se 3 milioni e 100 mila euro sono una spesa eccessiva per ricordare il loro ruolo nella vita collettiva, vuol dire che secondo la Destra il loro impegno e il loro sacrificio valgono davvero poco.
Per i militari di leva non hanno avuto tempo. Un'ultima notizia di questa giornata in Commissione Difesa. I senatori della Destra sono venuti in buon numero per votare la legge sui militari repubblichini. Appena si sono approvata la loro legge, non hanno mostrato altrettanta attenzione ai militari di oggi: non hanno infatti assicurato il numero legale nella discussione sul disegno di legge di anticipo della sospensione della leva obbligatoria.
Intanto tv e giornali sono pieni di proclami governativi sul valore dei nostri militari, che sono stati scaraventati in guerra da un governo che continua a far finta di vedere solo la pace e così non assume le decisioni che i militari meritano: assicurare la legalità della loro missione e quindi richiamarli fuori da situazioni che essi non hanno creato.
Il governo e la sua maggioranza non lo faranno perché rifiutano di accettare la storia democratica del nostro esercito, come si è visto con l'approvazione della legge sui militari di Salò. Non lo faranno, perché prima vengono gli interessi di parte, poi le questioni che interessano tutti, come si è visto con la mancanza del numero legale nel voto sulla leva.
A proposito: ho chiesto io la verifica del numero legale, su un emendamento della maggioranza che ricompattava Lega e Alleanza Nazionale, centristi e forzisti sulle zone di reclutamento degli alpini. Vi si accontenta la pretesa etnica della Lega di considerare alpini sono quelli che sono nati sulle Alpi, come se da decenni abruzzesi o calabresi non fossero, accanto ai nostri veneti, fra le migliori truppe alpine del mondo.