Lettera dal Senato. 62 /6 ottobre 2002
Ho votato no alla loro partecipazione a "Libertà duratura"
Nessun alpino per la guerra, mille alpini per la pace
Ci sono compiti anche più rischiosi della "caccia a Bin Laden", ma sono i compiti che hanno fatto rispettare ed amare i soldati italiani in tutto il mondo. È anche per continuare a far amare i nostri alpini che ho votato no
di Tino Bedin
Gli alpini italiani si misureranno anche con le montagne dell'Afghanistan. Ce lo hanno chiesto gli americani; Berlusconi ha detto di sì; la maggioranza del Parlamento è stata d'accordo.
Ma chissà se partiranno? C'è tanto tempo davanti. Qui da noi sarà primavera quando i primi alpini potranno arrivare in Afghanistan; il posizionamento in montagna richiederà altre settimane. In mezzo ci sarà stato un altro voto del Parlamento, al quale il governo sottoporrà un decreto legge con l'indicazione pratica della missione, il numero realistico dei partecipanti (il numero Mille indicato in questi giorni serve all'immaginazione… come quello di Garibaldi), le spese e la durata.
Ho votato no (ma non ho cambiato idea). Questo passaggio parlamentare della nostra presenza in Afghanistan ci sarebbe stato comunque, alpini o non alpini, perché le scelte di politica estera e militare e le loro spese si fondano su leggi e non su mozioni e queste leggi sono generalmente "a tempo", perché non si può sapere quando durerà un intervento militare.
Perché dunque impegnare il Parlamento sei mesi prima in un dibattito teorico, di principio? Un "principio" che doveva essere del resto chiaro, se - come hanno ripetuto il governo e la gran parte di coloro che hanno sostenuto la missione degli alpini - esso era già stato codificato fin dall'inizio della presenza italiana in Afghanistan; chiaro al punto che - e il governo lo ha detto spesso - per mandare gli alpini non c'era nemmeno bisogno di un nuovo voto parlamentare.
È cercando le risposte a questa domanda che ho cominciato a dire "no" alla proposta che ci faceva il governo; alla fine ho votato contro le mozioni che hanno dato il "via libera" all'invio di un contingente di alpini in Afghanistan. Ho votato contro per ragioni di politica internazionale e di politica interna, non per ragioni di "coscienza". Era stato del resto per ragioni di politica internazionale e di sicurezza comune che dall'autunno scorso avevo non solo approvato ma sostenuto nei vari passaggi parlamentari le ragioni della presenza italiana in Afghanistan.
Ho cambiato idea? No, sono cambiate le situazioni e a situazioni diverse vanno date risposte diverse.
I risultati e i "resti" di "Libertà duratura". Innanzi tutto sono stati raggiunti molti obiettivi dell'operazione "Libertà duratura": colpire le basi di Al Qaeda; recidere i collegamenti tra il governo afghano e la rete terroristica; neutralizzare il regime dei talebani (e le forze schierate sul terreno hanno sconfitto tale regime); "riannodare" le componenti della società afghana, le tribù, le donne. Senza l'operazione "Liberà duratura" questi risultati non ci sarebbero. Essi sono un vantaggio per la sicurezza della comunità internazionale; sono ragioni di speranza per le persone che vivono in Afghanistan.
Resta per "Libertà duratura" l'obiettivo di catturare i capi della rete terroristica. Ma a questo punto si tratta di un'operazione più da "servizi segreti" che da contingenti militari.
Quello che da telespettatori in questo anno abbiamo imparato sull'Afghanistan, ma soprattutto il fatto stesso che con le forze militari non sia stato possibile catturare i capi nel momento del maggiore sbandamento dei talebani, dicono che la "via militare" non porterà ragionevolmente a nessun risultato neppure per il futuro. Gli italiani si rendono conto che andare a caccia di fantasmi sulle montagne dell'Afghanistan non serve a quel paese e non serve alla sicurezza di tutti dal terrorismo. Berlusconi sa che gli italiani non hanno fiducia in questo tipo di intervento, lo sentono lontano e incerto. Avendo però detto di sì a Bush prima di leggere i sondaggi nazionali, Berlusconi è ricorso al voto in Parlamento per assicurarsi una copertura politica in previsione di possibili rischi dei nostri militari.
Questa è la ragione per cui, con un anticipo senza precedenti e senza motivazioni strategiche e legislative fondate, il governo ha portato il Parlamento al voto. Certo, qualcuno dell'opposizione l'aveva chiesto questo dibattito parlamentare, ma non abbiamo mai visto il governo "cedere" così rapidamente alle richieste di qualche parlamentare dell'opposizione.
Dove sono stati sconfitti i russi (e bloccati gli angloamericani). Di questo voto il governo aveva d'altra parte bisogno anche nei confronti dei militari stessi, che si trovano di fronte ad un cambiamento della missione. Dopo un'azione di interdizione simile a quella della polizia (quale è quella svolta dalla Marina italiana nella prima fase di "Libertà duratura") ed un'azione di supporto quale è quella esercitata dall'Aeronautica, adesso l'Esercito italiano verrà utilizzato per operazioni speciali dirette e di iniziativa, non di contrasto: azioni nelle quali tuttora americani e inglesi si guardano bene dal coinvolgere gli altri contingenti della forza multinazionale.
La novità per gli alpini italiani non è solo o tanto una questione di rischio. Da quello che ci è stato consentito di vedere in questi mesi, risulta evidente che oggi i maggiori rischi sono semmai nelle aree urbane, dove sono avvenuti attentati contro il governo afghano e il suo presidente. La novità è piuttosto la partecipazione ad un forma di guerra per la quale non hanno una preparazione specifica e soprattutto in un ambiente dal quale sono usciti sconfitti i russi e nel quale finora gli angloamericani non hanno raggiunto i loro obiettivi.
Non impegnare i nostri soldati, per quanto bravi professioni e valorosi volontari, in operazioni che non hanno prospettive di riuscita e che hanno invece tutti i rischi della guerra di imboscate, mi è sembrata (e mi sembra) una buona ragione militare per votare contro.
Da "Giustizia infinita" alla guerra preventiva. C'è anche una buona ragione strategica. Il compito che verrà affidato agli alpini è quello di "dare la caccia a Bin Laden", per usare un'immagine, di inseguire i talebani ovunque si rifugino: sulle inospitali montagne dell'Afghanistan certo; ma se sconfinano, li dovranno inseguire anche in Pakistan? Anche in Iran? E se i talebani trovano i mezzi per andarsene per via d'acqua o in aereo, li inseguiranno dovunque nel mondo? Il cambiamento di missione pone i presupposti per una successiva possibile estensione dell'area geografica della missione stessa. Ho votato contro per non creare questo presupposto.
Lo scenario non è solo ipotetico. Non dimentico che il primo nome che Bush aveva trovato per la risposta al terrorismo era "Giustizia infinita": l'aveva poi cambiato in "Libertà duratura" per le proteste degli alleati, in particolare dei paesi arabi. Lo spirito però potrebbe essere rimasto. A questo spirito si aggiunge ora la teorizzazione della "guerra preventiva", sempre da parte del presidente Bush. Non si può non prendere atto che gli alleati americani hanno dichiarato di voler compiere un salto politico nelle gestione delle crisi internazionali che, per quanto riguarda gli europei, significherebbe un salto a prima dell'Unione Europea e a prima della "guerra fredda".
La codificazione della guerra preventiva è un'altra delle situazioni nuove di cui, a mio parere, bisogna tenere conto oggi.
Per quanto riguarda "Libertà duratura" si tratta infatti di un'azione militare, a guida americana, disposta in conformità con la Carta delle Nazioni Unite (articolo 51) sulla base di risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L'impegno italiano nell'ambito di Enduring Freedom deriva anche dall'articolo 5 del Trattato Nato. Si tratta di un impegno che continua e che nessuno mette in discussione; se mai, come ho fatto rilevare, ci sarebbe da lamentare il fatto che in questa vicenda proprio la Nato è rimasta del tutto ai margini delle operazioni disposte in quell'area. Operazioni, ripeto, a comando e guida politica degli Stati Uniti, che avranno quindi anche il comando dei nostri alpini.
Con gli alleati americani gli europei hanno attualmente un confronto proprio sulle linee strategiche della lotta al terrorismo. Ho votato contro l'estensione del contingente per l'operazione "Libertà duratura" anche per questa buona ragione politica: continuare a discutere su un piano di parità con gli Stati Uniti sulle modalità del contrasto al terrorismo, non dando per scontato l'allineamento sulle loro strategie.
Più italiani nella Forza di sicurezza e assistenza. Questo non significa abbandonare l'Afghanistan, non sostenere il governo Karzai che attraverso "Libertà duratura" abbiamo contribuito a far nascere; questo non significa rinunciare ad un impegno diretto, anche militare, in quel paese.
Rispetto ad un anno fa, ed è questa un'altra delle condizioni nuove di cui tenere conto, non c'è solo l'operazione Enduring Freedom in corso in Afghanistan. Successivamente è stata creata l'ISAF (International Security Assistance Force) con compiti di stabilizzazione e con la finalità di promuovere ed organizzare un tessuto di istituzioni e di servizi anche per dare una prospettiva al ritorno dei profughi sul territorio afgano. I soldati italiani attualmente sono poco più di 300 nell'ambito dell'operazione "Libertà duratura" e sono 450 nella missione ISAF.
La missione Isaf è a comando Onu, attualmente esercitato dalla Turchia, che fra qualche mese potrebbe essere sostituita da Germania e Olanda, che si sono offerte.
È a questa missione che la Germania si è offerta di dare un ulteriore contributo anche in uomini, non a "Libertà duratura". Durante il dibattito e quindi sulla stampa non è stata assolutamente fatta capire ai cittadini italiani la differenza fra le due missioni e il senso della disponibilità tedesca.
Anche per quanto riguarda la presenza italiana, questa mi sembra oggi la risposta vera sul piano dell'impegno militare. L'ambiente più direttamente ostile è oggi quello urbano, dove continua una condizione di disordine, di sopraffazione e di illegalità. Quando verrà il momento, quando in concreto si deciderà che tipo di missione viene richiesta ai militari italiani, dovremo insistere perché le nuove forze italiane siano impiegate per potenziare il tessuto istituzionale nelle città dell'Afghanistan, per costruire un ordine, per mettere il Governo afgano in condizione di rendere effettivo il proprio potere e quindi di contrastare con le proprie forze - che noi contribuiamo a ricostituire e a far vivere - i gruppi terroristici. Dobbiamo fare in modo che il Governo afgano, così fragile, sia messo in condizione di guadagnare terreno. Sono compiti che pure il ministro Martino ha citati nella sua relazione. Ma sono i compiti della missione multilaterale Isaf, non di "Libertà duratura".
Sono compiti rischiosi, forse anche più rischiosi della "caccia a Bin Laden", ma sono i compiti che hanno fatto rispettare ed amare i soldati italiani in tutto il mondo. È anche per continuare a far amare i nostri alpini che ho votato no.
Tino Bedin
Padova, 6 ottobre 2002 |