IN DIALOGO TRA CITTADINI
Padova, 20 settembre 2001

Una mamma si chiede cosa avverrà dopo il blocco dei cicli scolastici
La mia bambina di sei anni
inizia una scuola... senza nome

Per ora si chiama ancora elementare, ma per quanto tempo?

In merito al suo editoriale del 19 settembre, credo che questo taglio che fortemente penalizza la scuola materna non statale sia una ennesima dimostrazione, al di là della dibattuta questione tra scuola pubblica e privata, della poca attenzione verso la scuola e in senso più esteso verso l'educazione.
Banale dire che la scuola brancola nel buio e nella confusione da anni, ma sostanzialmente è vero. E ora, dopo il blocco della riforma Berlinguer, siamo al paradosso.
Entro nel dettaglio. Ho una bimba di sei anni che ha iniziato quale scuola? Non lo so. Si chiamerà elementare o cos'altro? Durerà cinque anni o sette, come sarà, su quali fondamenti si svilupperà? Gli insegnanti come potranno approntare seri percorsi formativi e metodi di apprendimento? Non sanno bene e per ora, mi hanno detto, procedono con cautela e buon senso.
Ribadisco, non sappiamo nemmeno come si chiama.
Mi si obietterà che i nomi non sono importanti. Non è vero, nominare le cose è fondamentale soprattutto nella vita civile in cui i cittadini si riconoscono tutti in un codice fatto di nomi che significano e fanno parte della loro esperienza. Essere precisi sulle definizioni è ancora più importante per i bambini. L'asilo si chiama asilo e ha delle caratteristiche un suo modo di essere. La scuola elementare non è una denominazione a caso; indica, o indicava, una precisa realtà. Io ancora parlo a mia figlia di scuola elementare, forse però presto o tra qualche anno non sarà così e dovrò correggermi. Dicendo cosa? Che io ho sbagliato o che lei vive in uno Stato che non sa dire ai bambini che nome ha la scuola che frequentano e peggio ancora come è la loro scuola?

Barbara Ammanati

Risponde Tino Bedin
Il governo Berlusconi ha pensato che bloccare la riforma dei cicli scolastici fosse una soluzione; in fondo - si saranno detti Berlusconi e il ministro Letizia Moratti - se tutto resta com'era, nessuno potrà accusarci.
Non è così e la sua lettera lo chiarisce con l'esperienza diretta di una mamma che avverte che comunque la organizzazione della scuola italiana sarà modificata ed intanto si trova come al un semaforo rosso di un incrocio senza che ci siano cartelli indicatori della direzione da prendere quando finalmente scatterà il verde.
In considerazione dei lunghi tempi che la riforma Berlinguer comunque prevedeva, forse era più saggio continuare a camminare, aggiustando il passo e magari anche il percorso in base all'esperienza: almeno così la bambina che era in aula avrebbe potuto chiamare per nome la sua scuola.
È prevalso invece il principio ideologico di negare a priori validità a quello che aveva fatto il governo precedente. E non sembra essere che il primo caso. Al Senato, ad esempio, il ministro Moratti ha ricominciato a parlare di una urgente riforma dell'esame di maturità, che è appena stato riformato e sperimentato per un solo anno.
Spero non si affronti con lo stesso pregiudizio anche il tema della parità scolastica; si correrebbe il rischio di rialzare barriere culturali. Ricordo che la legge 62 del 2000 sulla parità scolastica ha avuto il merito non solo di garantire risorse finanziarie alla parità, ma prima di tutto di superare gli steccati ideologici esistenti; essa si muove nel senso della creazione di un sistema scolastico integrato che assicura a tutti l'erogazione di un servizio educativo pubblico, secondo l'impostazione prevalente in quei Paesi membri dell'Ocse che prevedono appunto un sostegno pubblico alle strutture private. Le previsioni del Documento di programmazione economico-finanziaria lasciano invece intravedere una evoluzione degli istituti scolastici come aziende formative particolarmente legate al mondo produttivo.
Anche su un'altra grande novità introdotta dall'Ulivo, quella dell'autonomia scolastica, si intravede una evoluzione rischiosa. Attraverso le loro dichiarazioni sul federalismo scolastico due ministri, in verità non il ministro Moratti, hanno fatto prevedere una regionalizzazione esasperata della scuola che conduce alla cancellazione di qualsiasi omogeneità a livello nazionale dei curricoli, dei percorsi formativi e persino del valore legale dei titoli di studio.
Invece di dare delle risposte, ho certamente aumentato le sue domande. Del resto la sua lettera ha bisogno di decisioni, non di parole. Io ne ho aggiunte alcune, perché ritengo necessario che i genitori e i cittadini siano presenti alla vita sociale e scolastica, perché i rischi che stanno davanti all'educazione sono particolarmente forti.
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21 settembre 2001
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