IRAQ. Il ministro della Difesa riferisce al Parlamento e il centrosinistra attacca minacciando di votare contro la missione se il Governo non darà garanzie Martino: aumentati i rischi per i nostri soldati A Nassiriya situazione critica come nel "triangolo sunnita" ma il ritiro è escluso perchè "aprirebbe un vuoto di potere micidiale"
Il freddo linguaggio tecnico usato dal ministro della Difesa, Martino , non parla di sangue, bombe, morte e macerie, ma rende l'idea del cosiddetto dopoguerra in Iraq: "La situazione continua ad essere caratterizzata da un rischio medio-alto. Guerriglia e terrorismo si sono allargati a tutto l'Iraq". Poi: "Negli ultimi tempi, le condizioni generali di sicurezza in Iraq sono drammaticamente peggiorate ed il conseguente rischio per le forze del contingente è progressivamente aumentato. Siamo in presenza di un sensibile inasprimento dell'offensiva della guerriglia e di una escalation del terrorismo, per il livello della violenza e l'estensione geografica. Guerriglia e metodi terroristici, dal cosiddetto triangolo sunnita, si sono allargati a tutto l'Iraq". Tuttavia, prosegue il ministro, bisogna restare perché è "impossibile ritirarsi, perché significherebbe creare un vuoto di potere micidiale". Si tratta, invece, di "organizzare e sostenere, anche sul campo, un tempestivo ma ordinato trasferimento dei poteri e delle responsabilità agli iracheni". Quanto al rischio di attentati, Martino commenta: "L'Italia non è entrata ora nel mirino del terrorismo internazionale, ma è sempre stata obiettivo del terrorismo globale. Il terrorismo non finisce con la fine dell'azione militare in Iraq". L'opposizione insorge. D'Alema (Ds) attacca: "Non siamo in un dopoguerra, non siamo nel tempo dell'assistenza e della ricostruzione, ma nel pieno di un conflitto". Bisogna quindi ripensare la missione, cioè porla sotto l'egida dell'Onu e ritirarsi al più presto lasciando gli iracheni padroni di se stessi. Per Fassino, segretario Ds, "occorre accelerare il passaggio dei poteri alle autorità irachene, una maggiore presenza dell'Onu e una presenza molto più ampia dei soli soldati americani. Non abbiamo detto che senza queste condizioni andiamo via, abbiamo detto occorre che ci siano queste condizioni per rimanere: è una differenza importante".Insomma dal centrosinistra sembra giungere un no meditato al rifinanziamento della missione in Iraq, che così com'è non funziona più perché non garantisce ai "soldati di pace" la pace necessaria per ricostruire il Paese delle Mille e una notte. Il fatto è che di pace, laggiù, non se ne vede traccia. Applaudono gli alleati più a sinistra della coalizione, dai Verdi al correntone Ds, dal Pdci al Prc. Ma alcuni, come Intini (Sdi), pur d'accordo con D'Alema, ricordano che l'Ulivo deve discutere al suo interno per trovare una posizione comune. Per D'Alema, comunque, "o il governo darà garanzie sull'Iraq, o voteremo no sulla missione". L'esponente Ds sostiene che "il governo italiano, come presidente di turno, dovrebbe chiedere un vertice straordinario della Ue per proporre agli Usa una urgente correzione di rotta articolata su due punti. Primo punto: pieno passaggio alle Nazioni Unite delle responsabilità sul dopoguerra iracheno, attraverso una amministrazione fiduciaria dell'Onu che vada aldilà della risoluzione 1511. Secondo Punto: definire i tempi di una transizione più rapida possibile per il passaggio dei poteri alle autorità irachene". Anche per Castagnetti (Margherita), dopo le parole di Martino , per l'opposizione è più difficile votare il finanziamento della missione militare italiana in Iraq: "Il governo italiano - spiega Castagnetti - deve sentire la responsabilità di definire una posizione che aiuti anche gli Usa a uscire da una empasse dalla quale loro stessi dimostrano di non sapere come venir fuori".
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