RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
15 ottobre 2003
di Michele Nones

Analisi
Impegni sulla base delle risorse attuali
Rispetto al Pil stanziamenti ancora troppo limitati - La riduzione dei dipendenti sarebbe una svolta

L'incidenza delle effettive spese di difesa sul Pil è prevista per il 2004 nell'1,04 per cento. Ed è da questo dato che deve partire ogni riflessione sulla spesa per la difesa perché evidenzia lo sforzo del nostro Paese per garantire la sua sicurezza e, insieme ai nostri partner ed alleati, quella della comunità internazionale. Il nuovo livello previsto è ancora meno dell'1,06 di quest'anno e dell'1,09% inizialmente previsto per il 2002 (anche se, poi, è diventato l'1,01% a causa del decreto "taglia spese" varato alla fine dello scorso anno, il che consentirà a qualche buontempone di sostenere che nel 2004 vi sarà un "aumento").
Vanno sottolineati, a questo proposito, tre aspetti. Primo: il confronto con i principali partner europei ci vede nettamente distanziati, a più di due lunghezze dal Regno Unito, a due terzi di lunghezza dalla Francia, vicini alla Germania (ma questa ha un Pil di poco inferiore al doppio del nostro, col risultato che in termini assoluti le sue spese per la difesa sono il doppio).
Secondo: l'obiettivo ripetutamente dichiarato dal Governo è quello dell'1,5% del Pil, inizialmente senza ulteriori precisazioni, poi diventato "obiettivo di legislatura" (anche se non si capiva come si potesse raggiungere, visto che la legislatura terminerà nel 2006) ed ora annacquato nella formula "strategia finanziaria di medio-lungo periodo".
Terzo: la scadenza del 1^ gennaio 2005 quando le Forze Armate dovranno passare al solo reclutamento professionale, rinunciando all'apporto della leva, senza che, per ora, sia stato approvato il previsto meccanismo di incentivazione "forzata" attraverso l'obbligo di un periodo di volontariato per poter poi accedere ai corpi armati dello Stato; un eventuale ulteriore ritardo comporterebbe l'impossibilità di rispettare l'obiettivo dei 190.000 uomini previsto dal Modello di difesa o, in alternativa, l'inserimento di soli "veri" volontari, aumentando ulteriormente gli incentivi e facendo esplodere la spesa per il personale.
Nel frattempo i nostri impegni all'estero in missioni per il mantenimento della pace continuano a crescere sia in quantità che in durata e, per fortuna, si riesce ad assicurare ai nostri uomini un adeguato equipaggiamento e il necessario supporto logistico.
Apparentemente, quindi, le ristrettezze finanziarie non incidono sull'efficienza dello strumento militare.
In questo quadro può sorgere il dubbio se effettivamente dietro la facciata si nasconde il baratro e, di conseguenza, a breve avremo dato fondo a tutte le risorse disponibili o se, invece, i vincoli finanziari stanno costringendo a tagli e risparmi dolorosi che, però, non toccano le attività essenziali.
Il problema con le nostre Forze Armate è che da una parte continuano a lamentare la mancanza di adeguate risorse finanziarie ma dall'altra, avendo mantenuto un forte senso dello Stato, si ingegnano per far fronte agli impegni internazionali stabiliti da Governo e Parlamento.
Un atteggiamento responsabile ed encomiabile, ma che finisce con il rendere meno credibili le pur limitate richieste di maggiori stanziamenti.
Sembra, però, giunto il momento di domandarsi se, rinviato sine die ogni aumento delle spese di difesa, non sia il caso di disegnare lo strumento militare non sulla base di ciò che serve, ma su quella di ciò che è possibile fare con le attuali risorse.
E, in questo caso, un drastico taglio del personale diventerebbe una strada obbligata, anche se richiederebbe, comunque, uno stanziamento straordinario nel bilancio dello Stato. Ma, almeno, una volta raggiunto questo risultato, la Difesa potrebbe riuscire a vivere, anziché sopravvivere.

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26 ottobre 2003
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