RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
23 settembre 2003
di Adriana Cerretelli

Nominato il ministro Jaap de Hoop Scheffer
Un olandese filo-Usa alla testa della Nato

Continuità: è questo il segno più evidente e persino un po' provocatorio del prossimo cambio della guardia al vertice dell'Alleanza Atlantica. In questo difficile dopo-Irak, che ancora non ha sanato le tensioni euro-americane e meno che mai lo strappo con la Francia di Jacques Chirac, sarà infatti il ministro degli Esteri olandese Jaap De Hoop Scheffer a prendere, in novembre, il posto dell'inglese Lord Robertson.
A un fedelissimo degli Stati Uniti ne succederà dunque un altro, che qualcuno che lo conosce bene predice sarà, se possbile, ancora più fedele. "Non saranno certo Francia e Belgio i Paesi in grado di garantire la nostra sicurezza. Né la Germania potrà assicurare quella dell'Olanda" aveva affermato nel pieno della crisi irachena e all'indomani dell'iniziativa belgo-franco-tedesco-lussemburghese, che punta a rilanciare un'euro-difesa dotata tra l'altro di un quartier generale in concorrenza con quello Nato. "Non posso immaginare un ordine mondiale costruito contro gli Usa": così aveva poi bocciato la visione multipolare che la Francia contrapponeva e contrappone a quella unipolare di America e Gran Bretagna.
La partita irachena resta vistosamente aperta, con gli Usa che avanzano pressanti richieste di contributi Nato e non. Come aperta resta quella per la costruzione di un'euro-difesa nonostante negli ultimi giorni sia ripartito il dialogo, interrotto con la crisi irachena, tra Francia, Germania e Gran Bretagna. Sia pure su fragilissime basi vista la persistente assenza di visione e ambizioni comuni sul futuro. Anzi. Oggi nei fatti, se non nella retorica, Parigi appare decisamente più sola di ieri con al suo fianco il cancelliere Gerhard Schroder che ha vistosamente virato alla ricerca della rappacificazione con Bush resuscitando il vecchio atlantismo tedesco. E il Belgio di Guy Verhofstadt che sta facendo lo stesso, sia pure a passi molto felpati.
Originario di un Paese, l'Olanda, che è sempre riuscito a far convivere la forte tradizione europeista con l'altrettanto convinto impegno atlantico, il nuovo segretario generale si ritroverà a gestire una Nato più facile e al tempo stesso molto più difficile. Più facile perché l'allargamento a Est tanto dell'Alleanza quanto dell'Unione porta in dote a entrambe un gruppo di nuovi Paesi che mettono la sicurezza in testa alla scala di priorità e quindi sono naturalmente più filo-atlantici che autonomisti, più filo-americani che europeisti.
Più difficile perché i nuovi ingressi sbilanciano gli equilibri in seno ad entrambi i club, mettendo in minoranza e sotto assedio la dottrina alternativa di una Francia che fino a poco tempo fa aveva nell'Europa la proiezione (illusoria) della perduta grandeur.
Che ne sarà dell'asse franco-tedesco? Sfaldatosi in seno all'alleanza, sembra sia pure entro certi limiti tenere dentro un'Unione che si prepara alle riforme, al varo di una Costituzione in un clima di grandi diffidenze reciproche. I Paesi medio-piccoli sono sul piede di guerra contro i due Grandi di cui temono direttori e progetti egemonici. Tra questi Paesi compare da sempre anche l'Olanda, il Grande del gruppo tradizionalmente allergico ai disegni di potenza franco-tedeschi e anche per questo convinto fautore della necessità in Europa di contrappeso Nato nonché americano.
Il che spiega perché De Hoop Scheffer sia stato definito ieri dall'ambasciatore Usa presso la Nato "la persona ideale per continuare il processo di modernizzazione dell'Alleanza". Non spiega invece come questa Europa sempre più "americana" possa davvero credere di riuscire un giorno a parlare con una voce che pesi sulla scena globale.

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23 settembre 2003
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