RASSEGNA STAMPA

Il Mattino di Padova
3 luglio 2003
di Renzo Guolo

L'ordine nel dopo Saddam
Anche i soldati italiani rischiano la pelle in Iraq

La tensione sale in Iraq, mentre i soldati italiani completano il loro dispiegamento nel paese. L'intelligence americana segnala un possibile attentato contro le forze della coalizione a Nassirya. Del resto, l'ostilità contro gli americani e i loro alleati cresce ovunque. I comandi Usa liquidano gli attacchi contro le loro truppe, uno stillicidio che ogni giorno lascia morti e feriti sul terreno, come colpi di coda dei fedelissimi di Saddam; ma affermano che il fantasma del Rais impedisce alla popolazione irachena, timorosa di un suo possibile ritorno, di aderire al nuovo ordine americano. Per questo Bush ha chiesto a Rumsfeld, dal quale dipende la task force 20, la squadra delle forze speciali che ha il compito di dare la caccia a Saddam, di prenderlo al più presto: "vivo o morto". La resistenza militare proviene dal nocciolo duro del Baath, ma, politicamente, nemmeno i fondamentalisti islamici, sunniti e sciiti, stanno a guardare. Le leadership politiche e religiose ostili alla presenza americana dispongono di un immenso bacino di reclutamento. Nella società irachena crescono, infatti, insieme il rancore per il presente, la nostalgia per il passato, il sogno di uno stato islamico. Segno che l'amministrazione Usa non riesce a dare legittimità a nessun ordine sostitutivo. La costruzione della nazione, per non parlare di quella della democrazia, si allontana. Nemmeno il nuovo governatore Bremer riesce a dare forma al dopoguerra. L'immagine che fotografa la situazione è quella di soldati armati, blindati nei loro edifici, che affrontano una popolazione di cui non parlano la lingua e non capiscono la mentalità. E gli incidenti si moltiplicano. La criminalità dilagante, poi, è un potente fattore di delegittimazione. La sproporzione fra truppe combattenti e polizia militare è tale che intere aree del paese e le città più grandi, da Baghdad a Bassora, sono preda di bande e regolamenti di conti.
A Washington sono convinti che, una volta tagliata la testa al "serpente a sonagli" Saddam, la resistenza finirà. Per questo il Pentagono, dopo gli attentati delle ultime settimane, ha lanciato nella regione di Tikrit, area tradizionalmente fedele a Saddam, l'Operazione Sidewinder (Crotalo). Ma la protesta non si manifesta solo a Nord di Baghdad o nella polveriera di Falluja, dove è stata attaccata una moschea ed è morto l'imam locale. A Bassora le truppe inglesi sono violentemente contestate per i metodi "nordirlandesi", che non risparmiano nemmeno le donne, adottati durante rastrellamenti e perquisizioni. Nei giorni scorsi il comando britannico a Bassora è stato assediato da centinaia di ex soldati iracheni che rivendicavano quegli stipendi che l'autorità militare d'occupazione aveva promesso loro alla fine della guerra. Dollari contro neutralità politica: uno scambio politico necessario per governare l'Iraq di oggi. Ma Bremer non ha quei fondi: l'occupazione costa. Gli inglesi, ancora sotto choc per l'uccisione dei sei agenti della loro polizia militare a Majar al-Kabir, sono sempre più pessimisti sull'esito della missione.
I militari italiani sono giunti in Iraq in questa difficile situazione. Nonostante la tradizionale capacità dei nostri soldati di intrattenere buoni rapporti con le popolazioni locali, è indubbio che anche la missione "Antica Babilonia" è percepita come ostile da un numero crescente di forze. Le regole d'ingaggio stabilite dagli americani non facilitano il loro compito. Così come il lodevole incarico affidato, in aggiunta, ai carabinieri - tutelare l'inestimabile patrimonio artistico e archeologico di Ur dei Caldei e dei siti sumeri e assiro-babilonesi dell'area - non basta per mettere al riparo gli italiani dalle tempeste che si annunciano. Segnali negativi giungono dai religiosi di entrambe le comunità, secondo i quali la distinzione tra missione di pace e forza di occupazione è irrilevante. Per l'autorevole imam sciita Al-Nasri tra soldati italiani o americani non vi sono grandi differenze. Entrambi fanno parte di un esercito di occupazione che impedisce agli iracheni di autogovernarsi. Posizione condivisa dall'imam sunnita Al Sadoon, una delle autorità più ascoltate nel paese. Nella torrida estate irachena anche i soldati italiani potrebbero trovarsi presto a far fronte a situazioni critiche.

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5 luglio 2003
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