RASSEGNA STAMPA

Il Gazzettino
30 gennaio 2005
di Luca Ingegneri


Il sostituto procuratore Sergio Dini interviene sulla riforma del codice penale militare: "In parte è da rivedere"

E' un testo che necessita di profonde modifiche. Non ha avuto remore il sostituto procuratore Sergio Dini nell'indicare ai parlamentari delle commissioni Giustizia e Difesa della Camera le pecche e le contraddizioni del disegno di legge delega votato nel novembre scorso a larga maggioranza dall'aula di Palazzo Madama. Ne é uscita una riforma parziale del codice penale militare di pace. Ascoltato in qualità di presidente dell'A.M.M.I., l'associazione dei magistrati militari italiani, Dini ha comunicato ai deputati il disagio e le preoccupazioni dell'intera categoria, in particolare per il mancato allargamento delle competenze dei tribunali militari. Il Pm padovano ha elencato in quattro punti i possibili miglioramenti al testo che dovrebbe approdare entro il mese di febbraio al vaglio della Camera dei Deputati.
Occorre in primis riformulare la categoria dei reati contro l'amministrazione militare. Il testo approvato in Senato riduce ulteriormente la sfera di competenza dei magistrati con le stellette. Finirebbero per essere giudicati dai tribunali ordinari sia i reati commessi da carabinieri e finanzieri che tutti i casi di corruzione o di turbata libertà degli incanti. L'A.M.M.I. sollecita inoltre il legislatore a chiarire la delicata questione della connessione tra procedimenti. In base ad un recente pronunciamento della Corte di Cassazione quando civili e militari concorrono nel reato a danno dell'amministrazione viene sottratta ogni competenza ai tribunali militari.
"Sarebbe opportuno - rileva Dini - che venisse stabilita la separazione dei procedimenti in tutti i casi, nel rispetto delle particolari funzioni del giudice militare".
Un'altra pecca del disegno di legge è rappresentata dal previsto rafforzamento dei magistrati di Cassazione nell'organo di autogoverno, assolutamente ingiustificato alla luce della prevista soppressione delle sezioni di Corte d'Appello di Verona e Napoli (sparirebbero quattro figure di magistrati di Cassazione). Nel consiglio superiore della magistratura militare finirebbero per trovare posto il 25\% dei cassazionisti (due su otto) ed appena il 4\% delle altre categorie (4 membri elettivi su 94). Dini affronta infine le palesi contraddizioni tra il progettato ampliamento della giurisdizione e l'annunciata riduzione (da nove a cinque) degli organi giudiziari militari. Con un'unica sede nel Nord Italia si creerebbero enormi disagi per imputati, testimoni e avvocati, costretti a scomode trasferte. Per non parlare degli effimeri controlli che una Procura militare potrebbe esercitare su territori così vasti. Con la soppressione delle Corti di Verona e Napoli ogni processo d'appello verrebbe obbligatoriamente celebrato a Roma.
"Quest'operazione - sostiene il presidente dell'A.M.M.I. - comporterebbe inoltre notevoli oneri finanziari, finora senza copertura, per far fronte ai trasferimenti d'ufficio del personale in servizio nelle sedi soppresse e per allestire nuovi e più ampi uffici. Dovrà almeno essere prevista l'opportunità, sia per i magistrati che per i funzionari di cancelleria, di un meccanismo di transito ad altra magistratura".

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30 gennaio 2005
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