RASSEGNA STAMPA

Il Gazzettino
25 settembre 2004
di G.P.

LA CARITAS. Don Sandro Martello commenta la fine di un'epoca di impegno civile
"A rimetterci sono sempre i poveri"

Un piccolo plotoncino di obiettori si arruola nell'esercito della Caritas italiana, anziché indossare la divisa. Sono più di mille, attualmente, i ragazzi ad aver scelto l'impegno sociale sotto le insegne della più importante organizzazione assistenziale ecclesiale. Ma si tratta anche degli ultimi contingenti, perché da gennaio non ci saranno più obiettori civili. In dieci anni ne ha visti passare a migliaia nel Nord Est, don Sandro Martello attuale parroco di Santa Maria Annunziata ad Albignasego, coordinatore per la Caritas della formazione a Nord Est dei giovani obiettori. Ed è in grado di giudicare un'esperienza a cui viene messo fine oggi per decisione politica, ma di cui forse la società italiana avrebbe bisogno sotto altre forme.
Quale giudizio per questi 30 di obiezione di coscienza?
"Altamente positivo, soprattutto da quando lo Stato ha modificato un'impostazione che all'inizio era punitiva e non prevedeva per i giovani la scelta degli enti presso cui prestare il servizio civile. Era lo Stato a fare la scelta. Poi il ministro Andreatta modificò la procedura".
Cosa è cambiato?
"Che i ragazzi sono apparsi più motivati. Purtroppo non sempre è stata fatta una politica intelligente della distribuzione e in qualche caso ha fondamento l'osservazione secondo cui gli obiettori sono stati ridotti a fare fotocopie o a occupare una sedia in un ufficio".
A chi si riferisce?
"Ai Comuni, ad esempio".
Quale è l'aspetto più positivo?
"Il fatto che ogni giorno un giovane si gioca con le persone che soffrono e vivono nel disagio".
Quali settori?
"Nella sola diocesi di Padova abbiamo una ventina di centri di servizio. Si occupano di prima accoglienza agli immigrati, minori in difficoltà, tossicodipendenti, malati dì Aids, persone senza fissa dimora, anziani, ragazze vittime della tratta, centri di ascolto delle povertà quotidiane".
Qualcuno sostiene che il servizio civile sia stata una scelta di comodo.
"Non escludo che molti lo abbiano scelto per evitare il militare. Ma il 99 per cento alla fine ci ha dichiarato senza tentennamenti che lo avrebbe rifatto, di essere entrato in contatto con realtà sociali che altrimenti non avrebbero mai conosciuto. Per alcuni ha significato un cambio di prospettiva nella propria vita".
Cosa pensa dell'abolizione della naja?
"Che lo Stato ha modificato con legge ordinaria un dettato della Costituzione: la difesa della Patria. E l'ha di fatto demandata al privato".
Ritiene che rimanga un vuoto?
"Certamente, se penso a tanti giovani che hanno dimostrato concretamente la loro obiezione alla guerra, non in termini ideologici, ma di vita. Uno Stato moderno dovrebbe investire sulle persone. Il mondo giovanile ha bisogno di essere educato anche ai doveri, non solo ai diritti".
Significa che la politica ha voluto chiudere un'esperienza che era un segno di contraddizione?
"Constato che la maggior parte degli obiettori civili - il 90 per cento - era di un livello culturale superiore o in possesso di laurea, mentre la maggior parte di chi prestava servizio militare aveva livelli di scolarizzazione diversi. Credo che la politica adesso debba preoccuparsi di finanziare progetti seri, promuovendo il servizio dei giovani a favore della collettività. Penso a progetti di pace e al dovere di praticare la solidarietà come prescrive la Costituzione. La Caritas ha promosso 4 anni fa una proposta di legge che prevede sei mesi di servizio civile retribuito per tutti. Ogni ragazzo, a 18 anni, darebbe agli altri 6 mesi della propria vita. Sarebbe la migliore scuola di educazione alla pace e alla socialità".
Ma dal 2001 c'è una legge sul servizio civile.
"Finora il 95 per cento di chi la utilizza è composto da ragazze, i budget sono limitati e chi compie il servizio civile costa almeno cinque volte un obiettore di coscienza".
Cosa accadrà agli enti che usufruivano degli obiettori?
"Molti sono in gravi difficoltà economiche proprio a causa della mancanza degli obiettori. Molti hanno già chiuso. Mi riferisco ad esempio a cooperative di lavoro per handicappati. A rimetterci sono sempre i poveri. Ecco perché la fine dell'obiezione di coscienza diventa una grossa perdita, non solo in termini economici".

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