"È nell´agenda dell´Unione"
Iraq, Prodi accelera sul ritiro
D´Alema conferma: "Mercoledì prima riunione per il rientro delle truppe, ma non sarà una fuga"
BOLOGNA - Sostegno alla «ricostruzione dell´Iraq». Ma ritiro della nostre truppe. «Forse non la prossima settimana. Ma è nell´agenda di governo». Romano Prodi conferma, nessun passo indietro. «Lo abbiamo sempre detto. L´ho ripetuto anche nel mio discorso al Senato. Lo faremo con la serietà, la coerenza e la prudenza necessarie».
Il presidente del Consiglio rilancia la sua posizione a una casareccia, bolognese Festa del Partito democratico, prima del genere. Con lui c´è Arturo Parisi, l´amico della prima ora ulivista, ora ministro della Difesa. Passano il pomeriggio insieme, a sera sono a casa Prodi. E da Parisi arrivano i primi passi concreti sulla via del rientro delle truppe. Su sua proposta, mercoledì alla Farnesina ci sarà un vertice con il ministro degli Esteri. Massimo D´Alema si sta muovendo sulla stessa strada. Per iniziare a definire tempi e modalità del ritiro. «Come dal programma di governo dell´Unione».
Prodi aveva definito al Senato «un errore» l´intervento in Iraq e «la partecipazione dell´Italia alla guerra». E´ stato attaccato dal centrodestra, mentre da Washington arrivavano puntualizzazioni. Ieri ha risposto in due modi. Confermando il ritiro dei soldati, inviando al primo ministro iracheno Nouri Al Maliki un messaggio di felicitazioni per la «formazione del nuovo governo» con «tutte le componenti più rappresentative del suo Paese». «Importante premessa - scrive Prodi - verso la ricostruzione di un Iraq democratico. L´Italia sosterrà l´Iraq in tale direzione».
Il premier è convinto di non trovare problemi nel centrosinistra sull´argomento. Parla di «compattezza della coalizione» sui grandi temi sul tappeto. Economia e diffidenze dei mercati internazionali in testa: «E´ come nel ‘96, parlano di missione impossibile, ma già l´altra volta ce l´abbiamo fatta». Assicura: «Dobbiamo fare insieme un cammino di cinque anni, poi di altri cinque, poi di altri cinque, poi di altri cinque». Nel giardino del Baraccano dove ducento fan festeggiano con vino e crescentine il Partito democratico che non c´è (ancora), Prodi ammette i «problemi». «Non sarà facile». Ma li definisce «normali in ogni squadra che comincia a lavorare insieme». Ci sono i big locali, escluso il sindaco Sergio Cofferati che pur del Partito democratico si dice sponsor: è alla processione della Madonna di San Luca con il vescovo. Prodi, Parisi, le mogli onoreranno la protettrice di Bologna a sera, alla messa in cattedrale.
Per il presidente del Consiglio adesso la strada del «riformismo italiano» è duplice. «Il governo da un lato, il Partito democratico come motore, perno del cambiamento dall´altro». In realtà l´andata al governo di quasi tutti i leader, la frammentazione nelle trattative, i residui di polemiche sono problemi che pesano. La parola d´ordine è comunque fiducia. «Ogni volta che abbiamo presentato l´Ulivo - dice Piero Fassino dalla Sicilia che sta andando al voto - gli elettori lo hanno votato con un consenso vasto. Quindi lo sforzo e la convinzione che devono avere le forze politiche che hanno costituito l´Ulivo è di proseguire in questo cammino e di trasformare sempre più l´Ulivo da un´alleanza elettorale in un vero e grande partito politico democratico, riformista e progressista».
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