Industria militare - Le prospettive del settore dopo le forti concentrazioni degli anni 90 e i colossali budget di spesa del Pentagono La Difesa Usa concede pochi spazi Uno studio di PwC indica due scenari possibili: il dominio totale di Washington o la prevalenza di cooperazione e interdipendenza - Nella Ue programmi nazionali quasi del tutto scomparsi - L'accesso al mercato degli Stati Uniti è cruciale per tutti
Industria della difesa: un grosso business per fatturato globale, ma anche un settore difficile, da una quindicina d'anni in continuo mutamento e ancora non si sa verso quali futuri assetti. Lo shock iniziale è stato il drastico taglio delle spese militari in tutto il mondo con la fine della Guerra fredda. Mentre nell'ex Urss l'industria bellica si è ridotta all'ombra di se stessa, negli Usa prima e in Europa poi, si è avviata una spettacolare ristrutturazione all'insegna del consolidamento con fusioni e acquisizioni per molte decine di miliardi di dollari. Sempre di meno. Nel comparto aerospaziale, i maggiori prime contractor Usa erano una dozzina: ne sono rimasti quattro - Boeing, Lockheed Martin, Northrop Grumman e Raytheon -, mentre General Dynamics ha abbandonato le produzioni non aeronautiche. In Europa sono nati nuovi big, quali Eads e Bae Systems, mentre il gruppo Finmeccanica si è consolidato con grandi ambizioni. In tutto - secondo il recentissimo studio di PricewaterhouseCoopers "The Defence Industry in the 21st Century" sulle prospettive del settore in questo secolo - tra il 1990 e il '98, delle 100 più grandi industrie della difesa, 24 hanno lasciato, mentre le altre si sono ingrandite con una serie di fusioni. Altri fattori concomitanti della spinta verso nuovi assetti: la globalizzazione, le privatizzazioni (in Europa) e la "mergermania" degli anni 90. E ancora: la spirale dei costi e della complessità dei nuovi prodotti. In Europa non ci sono quasi più programmi puramente nazionali (con poche eccezioni, come il Rafale, quasi certamente l'ultimo aereo da caccia tutto francese), ma si procede con progetti plurinazionali, come il caccia Eurofighter Typhoon, o le fregate Horizon. Il nuovo aereo da addestramento M-346 di Aermacchi (Finmeccanica) è concepito per il mercato europeo e mondiale e un'importante quota industriale è destinata a partner internazionali. Usa contro tutti. In questo contesto d'internazionalizzazione sempre più spinta, bisogna tenere conto che gli Usa, da soli, spendono per la difesa quanto tutti gli altri messi assieme. In cifra tonda, circa 500 miliardi annui di dollari, su un totale globale di quasi mille miliardi. Ciò condiziona le strategie dei grandi gruppi non-Usa (per i quali l'accesso al mercato Usa diventa vitale) e i futuri assetti dell'industria della difesa a livello globale, in quanto i gruppi americani (con un proprio mercato interno pari a quello del resto del mondo) potrebbero acquisire posizioni di assoluto dominio. Alla fine degli anni 90 alcuni prevedevano nuovi round di fusioni, anche tra gruppi europei e americani. Tuttavia, quando nel 1998 Lockheed Martin e Northrop Grumman decisero di fondersi, il Pentagono disse di no. E a Bruxelles la Commissione Ue si oppose alla fusione tra General Electric e Honeywell. Il consolidamento stava riducendo in modo pericoloso la competizione sul mercato. E finora non si è avuta alcuna grande fusione euro-americana. Bae Systems si è vista respingere da Boeing e da un altro big Usa. Tuttavia, il mercato Usa, appare oggi meno ermeticamente protetto di soli pochi anni fa. Un segnale clamoroso è che il futuro elicottero del Presidente sarà una versione Usa dell'EH 101 di AgustaWestland (Finmeccanica). La filiale Usa di Bae Systems, dopo aver acquisito varie imprese locali (tra cui United Defense Industries per 4 miliardi di dollari), è divenuta il sesto fornitore del Pentagono. Eads compete con Boeing per fornire aerei cisterna all'aeronautica Usa: non ha grandi chance di vittoria, ma è pur sempre una svolta. Del resto, c'è la grande delusione di molte industrie aerospaziali europee, a cominciare da quelle britanniche, che partecipano (con notevoli investimenti iniziali) all'F-35, il futuro aereo da caccia di Lockheed per il mercato Usa e mondiale, ma si sono viste assegnare dai partner americani ruoli poco interessanti. Per di più, l'F-35 potrebbe segnare la fine dell'industria europea degli aerei da caccia, una volta che saranno conclusi i programmi in corso (Typhoon, Rafale e Gripen), cioè tra una decina d'anni. È però quasi impossibile prevedere il futuro assetto dell'industria della difesa a livello globale. Lo studio di PwC propone due scenari antitetici. Il primo è quello del predominio totale dell'industria americana: solo gli Usa possono avviare nuovi grandi progetti, che vengono però assegnati solo a imprese americane, mentre è impedito il trasferimento di tecnologie fuori dagli Usa e gli altri Paesi non possono che comprare sistemi d'arma americani. Lo scenario alternativo è l'interdipendenza, con una libera circolazione delle tecnologie e cooperazioni industriali a livello internazionale. Due scenari. A questi si aggiungono altri due scenari: quello delle guerre commerciali, tra gli Usa orientati alla ricerca della supremazia e altre zone industriali del mondo legate da rapporti d'interdipendenza e cooperazione; e, infine, quello, ormai poco verosimile, in cui ciascun Paese cerca di mantenere una propria capacità industriale autonoma. La situazione reale sarà probabilmente un mix di questi scenari. Le variabili in gioco sono numerose. La globalizzazione, ad esempio, procede in modo assai diverso dai modelli teorici degli anni 90 e l'idea di un'industria globale della difesa monopolizzata da pochi gruppi più o meno multinazionali può oggi apparire decisamente eccentrica, anche perché questo scenario contrasta con i nuovi dati della politica mondiale.
TUTTOFARE L'aereo X-35 - dimostratore di concetto del Joint Strike Fighter (Jsf) realizzato dal team formato da Lockheed Martin, Northrop Grumman e British Aerospace e chiaramente derivato dall'F-22 Raptor - negli ambiziosi piani dei suoi costruttori è destinato a monopolizzare il mercato dei prossimi tre decenni. Il potenziale stimato è di ben 5-8mila esemplari, in versioni molte diverse, che vanno dalla superiorità aerea, all'appoggio al suolo, dall'imbarco su portaerei al decollo e atterraggio verticali. Finora le varie Forze armate americane hanno "prenotato" 2.900 esemplari, ma è sui ricchi mercati europei, tra cui l'Italia, che punta il costruttore americano, contando soprattutto sul fatto che non si profilano per ora progetti di successione ai velivoli dell'attuale generazione, come Rafale, Eurofighter e Gripen.
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