Le esportazioni autorizzate verso nuovi mercati come la Malaysia Londra primo cliente degli italiani Rapporti difficili con le banche nazionali: alcune sono restìe a operare sulle armi
Troppo protezionismo nei mercati europei della difesa. Gli Stati raramente fanno gare aperte alle imprese europee, ma cercano di assegnare gli appalti ai campioni (o campioncini) nazionali. Gli ostacoli alla creazione di un mercato più efficiente, un autentico mercato unico della difesa, sono sottolineati nella Relazione della Presidenza del Consiglio al Parlamento sulle "operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento" relativa al 2004, secondo la legge 185 del 1990. Il rapporto osserva che "molti Paesi europei hanno utilizzato in modo estensivo quelle eccezioni all'utilizzo della normativa europea che sono riconosciute loro dall'art. 296 del Trattato. Tutto ciò ha contribuito a lasciare i mercati della difesa su basi eccessivamente protezionistiche, senza quel livello minimo di competizione che è necessario per assicurarne l'efficienza". Nel 2004 è aumentato il valore delle autorizzazioni alle esportazioni italiane di armamenti e materiali rilasciate dal ministero degli Esteri: 1.490 milioni di euro, il 16,2% in più del 2003 (1.282 milioni). Nonostante l'aumento delle licenze, c'è stata un riduzione delle esportazioni effettive, 480,3 milioni, il 24% in meno dei 630 milioni del 2003. "In termini finanziari - osserva la relazione - va evidenziato che non esiste immediata correlazione tra l'ammontare delle autorizzazioni concesse, quello delle esportazioni effettivamente avvenute nell'anno e le autorizzazioni ad effettuare le transazioni bancarie, principalmente a causa dello sfasamento temporale che esiste tra la richiesta ad esportare, l'effettiva spedizione del materiale prodotto ed i pagamenti effettuati". La graduatoria sulla base del valore delle esportazioni definitive autorizzate vede ai primi quattro posti aziende di Finmeccanica: Agusta Spa (514 milioni, 34,5% del totale), Mbda Italia (200,55 milioni), Alenia Marconi Systems (173,96 milioni), Oto Melara (152,2 milioni). Al quinto posto Avio (70% Carlyle, 30% Finmeccanica) con 71,6 milioni, al sesta Fincantieri (71,2 milioni). Le vendite autorizzate sono destinate nell'ordine a Gran Bretagna (231,3 mlioni, il 15,5% del totale), Norvegia (199 milioni), Polonia (132,4 milioni). Al di fuori dell'Europa ci sono gli Stati Uniti al quinto posto (97 milioni), Malaysia al settimo (74,8 milioni), Turchia al decimo (48 milioni). Al Sudafrica sono indirizzate vendite per 29,3 milioni, all'Australia 22,4 milioni. Banche armate. Il documento ricorda la decisione di "buona parte degli istituti bancari nazionali" di "non effettuare più o limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento", per non essere "catalogati fra le così dette banche armate". "Ciò ha comportato per l'industria notevoli difficoltà operative, tanto da costringerle ad operare con banche non residenti in Italia, con la conseguenza - dice la relazione - di rendere più gravoso ed alle volte impossibile il controllo finanziario delle autorizzazioni previsto dall'articolo 27 della legge". L'anno scorso sono state autorizzate 579 transazioni bancarie per esportazioni definitive, per 1.317,7 milioni di euro (+82,5% sui 722,2 milioni del 2003). L'incidenza maggiore è della Banca di Roma del gruppo Capitalia (395,8 milioni, il 30% del totale), e di Sanpaolo-Imi (366 milioni, 27,8%). Seguono Antonveneta (121 milioni, 9,2%), Calyon (120,3 milioni, 9,13%), Bnl (71,6 milioni, 5,4%), Popolare di Milano (53,4 milioni, 4%). Tra le altre straniere Barclays Plc (28 milioni), Ubae Arab Italian Bank Spa (14,5 milioni), Hsbc Bank Plc (3,38 milioni),Arab Bank Plc (2,86 milioni).
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