Riforme al traguardo tra proteste e insulti Completato l'esame al Senato, in mattinata il voto. L'Unione scatena la bagarre: "Giù le mani dalla Costituzione"
Ad un passo dal giro di boa decisivo. In un clima molto acceso - ci sono state una sospensione per proteste e una mini-rissa fuori dall'aula - l'assemblea di Palazzo Madama ha approvato tutti gli articoli del disegno di legge che modifica la seconda parte della Costituzione. Il voto finale, previsto per questa mattina, è il secondo dei quattro passaggi parlamentari richiesti per modificare la carta fondamentale. Negli ultimi due, la Camera e il Senato saranno chiamati a pronunciarsi di nuovo sul disegno di legge ma solo con un sì o un no complessivo, senza emendamenti e occasioni per praticare l'ostruzionismo. Romano Prodi denuncia il "palese ricatto" della Lega e definisce "inaccettabile" la strozzatura del dibattito su un testo tanto importante. Il Carroccio, invece, vede avvicinarsi la meta. Se il ministro "congelato" Roberto Calderoli preferisce restare nel freezer, fino ad oggi, il collega Roberto Maroni già promette al governo, dopo il sì definitivo, "una vita lunga, sicura e tranquilla, non solo fino all'anno prossimo, ma anche dal 2006 in poi". In aula tutto è andato secondo copione, visto che nel penultimo atto tutti gli osservatori includevano qualche forma, più o meno originale, di contestazione da parte delle opposizioni. E così è stato, in mezzo di richieste a raffica di verificare il numero legale. La protesta scatta verso la fine della seduta. Mentre si esamina l'articolo 56, e Petrini (Margherita) stigmatizza ad alta voce l'"ignobiltà della riforma", i senatori del centrosinistra come un sol uomo innalzano cartelli con la scritta "Giù le mani dalla Costituzione" e scandiscono "vergogna, vergogna". Dai banchi della maggioranza replicano "buffoni, buffoni". C'è tumulto. Il vicepresidente di turno, Francesco Moro (Lega), fatica a riportare l'ordine e sospende per cinque minuti. Alla ripresa, il senatore padovano Tino Bedin (Margherita) prova di nuovo a innalzare il cartello, perché "le mani sulla Costituzione sono ancora lì", e i commessi lo bloccano. Di lì a poco ritenta un altro senatore dello stesso gruppo, Sandro Battisti, i commessi intervengono, ma per eccesso di zelo urtano Roberto Manzione (ancora Margherita) che grida all'aggressione. In realtà è solo un incidente. Vicini alla rissa, semmai, si arriva nella sala Garibaldi, il piccolo ma elegante Transatlantico di Palazzo Madama. Ecco il resoconto (quasi) stenografico. Luigi Compagna (Udc) definisce i tafferugli "un episodio di squadrismo". Willer Bordon (Margherita) si gira e attacca: "Compagna, di squadrismo, se ne intende bene, viste le compagnie che frequenta". Compagna, rosso in volto: "Questo è un discorso da stronzo". Bordon, mettendogli le mani sopra le spalle, risponde per le rime: "Tu sei uno stronzo". I colleghi accorrono e li separano appena in tempo. Chi ne ha viste tante non si impressiona. "Mi sto addormentando", dice ai giornalisti Giulio Andreotti per spiegare la sua sortita verso la buvette proprio mentre in aula si stanno spegnendo le ultime contestazioni. "Non rimarrà nulla del dibattito parlamentare su questo disegno di legge - prevede il sette volte presidente del Consiglio - solo la richiesta del numero legale". Quanto al futuro referendum, la disorganicità della riforma consentirà di proporlo "per parti separate". I senatori di maggioranza attendono serafici l'unico esito possibile, sulla base dei numeri. "Cercano di impedirci di votare, è la dittatura della minoranza", commenta il Gardasigilli Castelli. Per D'Onofrio (Udc), il centrosinistra "ha paura del cambiamento" e "non sa perdere". Schifani (Fi) parla di una Cdl "determinata" e invita le sinistre a spiegare al Paese "la loro scelta ostruzionistica".
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