Conti pubblici - Il venir meno dell'effetto una tantum e la crescita dell'indebitamento allontanano gli obiettivi
Per il 2003 una manovra da 16 miliardi €
Pesa anche l'incognita sull'entità della ripresa - Tagli o nuove vendite per centrare il traguardo di deficit-Pil allo 0,5%
ROMA - Oltre 16 miliardi di da trovare per consentire al bilancio dello Stato di proseguire nel cammino di risanamento rispettando tempi e obiettivi. Un'ipotesi probabilmente pessimistica, figlia di conteggi che possono trovare, nella realtà, ampie correzioni. E tuttavia, archiviato il 2001 con la non lieta sorpresa di un deficit (indebitamento delle Amministrazioni) all'1,4% del Pil invece dell'1,1, l'attenzione si sposta all'anno in corso e, ancor più, al successivo.
Una cosa è sicura, e la stessa Ue lo ha rilevato esaminando il Programma di stabilità italiano: la manovra di finanza pubblica 2002 fa robusto conto su interventi una tantum. Certo, all'indomani dell'attentato di New York e con un'economia internazionale già in fase di severo indebolimento, ben poche alternative si prospettavano al Governo. Il problema, comunque, sussiste: e, pur immaginando che cartolarizzazioni, dismissioni, emersioni e rimpatrio di capitali provochino ricadute virtuose permanenti nell'economia nazionale, il loro impatto diretto è - ovviamente - destinato a esaurirsi. Che accadrà allora ai saldi di bilancio? Quali le alternative al venir meno di correzioni non strutturali? Domande in attesa di risposta.
Innanzitutto, il 2002. Quest'anno, le misure una tantum dovrebbero dare, più o meno, il risultato atteso. Ma ad oscurare le prospettive dei conti, che dovrebbero far registrare uno 0,5% nel rapporto deficit/Pil (6.350 milioni di ), giocano almeno due elementi. Innanzitutto, la crescita. La previsione di uno sviluppo dell'economia del 2,3% reale, incorporata nel Programma di stabilità è, per giudizio largamente condiviso, elevata, anche se il ministro Giulio Tremonti l'ha ribadita ieri. Se la crescita dovesse fermarsi all'1,5%, questo comporterebbe un aggravio di circa 2,5 miliardi di per i conti dello Stato. E se lo sviluppo 2002 si attestasse all'1,9%, a mezza via tra i due estremi, il peso sul saldo supererebbe i 1,2 miliardi di euro.
Poi, il trascinamento dal 2001. Lo scorso anno, l'indebitamento ha superato dello 0,3% le previsioni. Il che graverà sul 2002 per altri 3,6 miliardi di . In assenza di correzioni, il deficit di quest'anno rischia insomma di toccare l'1% del prodotto, il doppio del previsto.
Nulla di troppo grave: proprio il trascinamento dal 2001 giustificherebbe, da solo, un rapporto dello 0,8% tra deficit e Pil senza che ciò implichi un peggioramento dei conti. Con un deficit all'1% del prodotto, l'aggravio si limiterebbe a un modesto 0,2 per cento.
Le cose si complicano, a causa delle una tantum, dal 2003, anno in cui è previsto il pareggio. Non soltanto, a meno di manovre aggiuntive e di una robustissima ripresa economica, il probabile peggioramento del saldo 2002 traboccherà a sua volta nel 2003. Dovranno anche trovar compensazione le correzioni non strutturali. Le una tantum della Finanziaria 2002 (lo ricorda il "Bilancio in breve" diffuso dal ministero dell'Economia) ammontano a circa 12,5 miliardi di , dai quali devono sottrarsene circa due miliardi ugualmente non strutturali ma di segno opposto: al netto, dunque, correzioni da 10,5 miliardi di destinate ad esaurirsi. Il bilancio 2003 non potrà non tenerne conto.
Se poi alle manovre non strutturali venute meno si sommano i trascinamenti dal 2002, ecco prospettarsi per l'anno prossimo, invece del pareggio, un deficit tra i 16 e i 17 miliardi di : circa l'1,3% del Pil.
La necessità di far fronte a queste emergenze si scontra con l'avvio dell'attesa riduzione della pressione fiscale. Come giungere, entro fine legislatura, a un'attenuazione del peso delle entrate pari a 4 punti di Pil se, nel frattempo, si dovranno rincorrere imprevisti appesantimenti dei saldi? Anche perché gli aggiustamenti, sul fronte delle spese, sono ardui. La spesa sanitaria - Stato e Regioni l'hanno concordato ad agosto - rimarrà stabile al 6% del Pil. Le altre voci (stipendi, pensioni) hanno la manovrabilità di una corazzata lanciata a tutta forza. Gli investimenti devono essere difesi, anzi potenziati. Gli interessi sono ai minimi da un secolo a questa parte. Non sembra possano esserci alternative a ulteriori massicce vendite, cartolarizzazioni e, insomma, a nuove una tantum per colmare il buco in attesa che la ripresa, sostenuta dal sollievo fiscale, si incarichi di far tornare tutti i conti.
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