I militari e i partigiani che il 25 aprile vuole onorare
I nuovi "Cavalieri del Tricolore" di un'Italia che fa la pace
Un segno di riconoscenza, che coinvolga anche i soldati alleati che hanno combattuto con noi tra il 1943 e il 1945
Su invito dell'amministrazione comunale, il senatore Tino Bedin ha concluso giovedì 25 aprile 2002 a mezzogiorno le celebrazioni per l'anniversario della Liberazione organizzate dal comune di Pontelongo. Amministratori comunali, l'arciprete e le suore, associazioni combattentistiche e cittadini si sono ritrovati davanti alla lapide nei pressi del municipio, dove il senatore Bedin ha pronunciato un breve discorso.
commemorazione di Tino Bedin
per la Festa della Liberazione
La celebrazione del 25 aprile continua ad essere una Festa di vita non solo per i valori che essa contiene: valori che sono dentro la nostra esperienza quotidiana, valori che sono condivisi da milioni di italiani ed europei. Essi sono stati ricordati dagli interventi dei vostri amministratori comunali e non li richiamerò, se non per dire che nessuna di queste cose sommamente desiderabili si realizza da sola.
Pace, democrazia, condivisione, sviluppo bisogna continuare a volerli, a difenderli. Abbiamo visto cosa è successo da noi, in Europa: in Bosnia, in Croazia, in Kosovo, in Serbia.
La celebrazione della Festa della Liberazione è la conferma che la nostra società, le nostre istituzioni sanno fare memoria del passato per continuare a vivere bene nel presente e per costruire il futuro.
Ci aiutano in questo le persone che sono qui questa mattina, che portano le bandiere, le insegne delle Forze armate di cui hanno fatto parte. Qualcuna tra voi porta nel proprio corpo "l'insegna" della sofferenza, delle ferite subite in guerra.
Questa è anche la festa dei combattenti. Questa è la festa di coloro che erano in armi per la loro patria, per il loro futuro nel momento in cui avvenne la Liberazione dall'occupazione nazista e dalla dittatura fascista nelle città e nei paesi del Nord.
Anche sotto questa ottica il 25 aprile è una giornata per il futuro, una giornata di vita. Abbiamo in mente i combattenti e li associamo sempre ad una bandiera. Non è più solo così, sarà sempre meno così. L'Europa che insieme stiamo costruendo ha ormai imboccato la strada della Difesa comune. Siamo, certo, all'inizio di un percorso che non potrà che essere lungo e prudente e sperimentale (come lo è stato il cammino che ha portato all'euro). Ma siamo già in marcia. Fra qualche mese, in Macedonia, ci sarà per la prima volta un gruppo di militari che opereranno sotto la bandiera dell'Unione Europea.
Già adesso sotto le bandiere comuni delle Nazioni Unite e dell'Alleanza Atlantica diecimila militari italiani sono impegnati con militari di altri paesi, compresi quelli con cui nei decenni fino alla fine della seconda guerra mondiale, cioè fino al 25 aprile del 1945, ci eravamo scontrati.
Così questo 25 aprile è anche una sfida per i giovani, giovani italiani e giovani europei, ad immaginare non solo un futuro senza guerra, ma un futuro senza… nemici in Europa.
Naturalmente questa giornata dei combattenti è soprattutto l'occasione della riconoscenza per gli anziani.
I Cavalieri del Tricolore. Ho presentato un disegno di legge per l'istituzione dell'Ordine del Tricolore. Oltre a me, anche altri parlamentari di vari partiti, hanno chiesto che il Parlamento esprima la propria gratitudine per i combattenti della seconda guerra mondiale, valutando che ormai è tempo di farlo: un riconoscimento morale soprattutto, e magari anche un segno di attenzione economica. Lo si è fatto per la prima guerra mondiale con l'istituzione dei Cavalieri di Vittorio veneto.
Speriamo di riuscire a trovare il consenso per istituire i Cavalieri del Tricolore. Un titolo scelto non per chiusure nazionalistiche ma per sottolineare il significato dell'impegno di coloro che nelle Forze Armate o nelle Unità partigiane combatterono e rischiarono la loro giovinezza: il loro scopo era l'Italia futura.
Che l'idea che ci muove non sia nazionalistica, lo dimostra un particolare che c'è nel mio disegno di legge e che non c'è negli altri: io propongo di fare Cavalieri del Tricolore non solo i combattenti italiani, ma anche i militari delle Forze alleate che hanno combattuto in Italia tra il 1943 e il 1945. Non è solo per riconoscenza, ma per ricordare come la nostra libertà, la nostra democrazia e la nostra pace siano una conquista condivisa con altri popoli. L'Italia, che si avvia ad arruolare i propri giovani sotto la bandiera europea, darebbe ai giovani la consapevolezza che essi stanno continuando una storia che ha il suo simbolo nella Festa della Liberazione.
I compiti delle istituzioni. Ma l'impegno più stringente che la gratitudine ai combattenti ci richiede è il rafforzamento della democrazia. È di questi giorni la pubblicazione di un dato dell'Eurobarometro, lo strumento statistico dell'Unione Europea: solo il 38 per cento degli italiani è soddisfatto della propria democrazia. Pochi, troppo pochi. Questo impegno riguarda più direttamente coloro che i cittadini hanno indicato a rappresentarli nelle istituzioni; riguarda me, i miei colleghi parlamentari, il governo, ma anche la regione, il comune. Per noi, celebrare il 25 aprile è un doveroso ritorno alle fonti della democrazia, cioè al punto in cui istituzioni e società coincidono.
Questa coincidenza si avvera più spesso nel cuore dei singoli che nell'attività delle istituzioni. Si è avverata nel cuore dei militari e dei partigiani, nel cuore delle famiglie che erano in casa e che pensavano che il fronte fosse lontano, mentre la tragedia è venuta a cercarle fin qui, fino a casa, con i bombardamenti o con le rappresaglie: vittime civili che altrettanto forte ha invocato la pace.
Nel loro ricordo, nel ricordo dei militari e dei partigiani, nella speranza che essi hanno aperto, rinnoviamo l'urlo di allora: Viva la pace; Viva l'Italia che fa la pace.
25 aprile 2002 |