IN PARLAMENTO

Il governo esautora i sindaci dal controllo dei giochi d'azzardo
"Statalizzare" le slot machine
non le renderà più sicure

Un fondo per le "buone cause": meglio spenderlo in prevenzione

di Tino Bedin

Molti italiani pagano le tasse per gioco. Da tutti i giochi d'azzardo (legali) nelle casse dello Stato entrano ogni anno 8 miliardi di euro: un'enormità, se confrontata ad esempio con la Tasi sulla prima casa, che di gettito porta 4 miliardi. Viene quindi spontaneo al governo Renzi mettere al sicuro questa entrata, di cui peraltro i contribuenti non si lamentano. Lo fa con un decreto legislativo sui giochi legali, previsto dalla legge delega (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita) del marzo dello scorso anno.
L'attuazione di questa delega ha fatto discutere all'inizio dell'anno per una presunta norma "salva-Berlusconi", al punto che quel capitolo è stato accantonato e richiederà più tempo per la stesura definitiva.

Le norme per il controllo. Per altri capitoli, come quello dei giochi legali, il percorso invece continua e c'è la bozza predisposta dal ministero dell'Economia, che ha l'obiettivo di "avere regole omogenee su tutto il territorio nazionale, altrimenti si rischia di alimentare il gioco in nero, che per definizione sfugge a qualsiasi controllo, fiscale o di legalità", spiega il sottosegretario Pier Paolo Baretta.
Le regole individuate dal governo sembrano andare nella direzione del controllo: le slot machine possono essere installate solo in bar e tabaccherie (con prescrizioni logistiche); tutti gli altri locali (cinema, ristoranti, alberghi, circoli privati, ecc.) non possono avere macchinette, a meno che non richiedano una specifica licenza sui giochi (ora non prevista); le slot machine vanno concentrate in sale giochi (anche in questo caso con prescrizioni logistiche).

Le esperienze comunali. Il limite della proposta del governo è che le regole sono "solo" queste. Invece non è "solo" questa la volontà del Parlamento scritta nella legge delega. Invece non è "solo" questa l'esperienza accumulata negli anni a livello territoriale (comunale e regionale) nella limitazione del danno sociale di questa attività.
Proprio da questa diffusa esperienza - che nel Veneto ha avuto come capofila il Comune di Loreggia - sono maturate norme che riguardano la distanza dei locali con slot machine da luoghi sensibili (come le scuole), l'articolazione degli orari di apertura, la premialità fiscale per i gestori che rinunciano ai guadagni dei giochi d'azzardo. Ogni Comune e ogni Regione ha scritto queste norme a modo suo nel corso degli anni. Questa può essere l'occasione buona per scegliere quelle che stanno meglio funzionando, quelle più socialmente costruttive e proporle a livello nazionale, assieme alle disposizioni di base.
Il decreto legislativo del governo non solo non lo fa, ma ordina di cancellare tutta questa esperienza: Regioni e Comuni hanno sei mesi di tempo per adeguarsi alle sole regole statali, poi le loro norme saranno carta straccia. Il decreto non parla infatti né di distanze, né di orari, né di incentivi alla rinuncia di slot machine.
Oltre che nella sostanza - che è quello che più conta - la scelta del governo è sbagliata nella forma: contraddice infatti la volontà del Parlamento, che nella legge delega impegna il governo a "garantire l'applicazione di regole trasparenti e uniformi… garantendo forme vincolanti di partecipazione dei Comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e pianificazione". Sul punto la volontà del Parlamento è chiara; non applicarla sarebbe fonte di difficoltà attuative e di ricorsi per il decreto delegato.

Tassa di scopo. Meno dettagliata è invece la volontà del Parlamento su un altro punto: l'istituzione di un apposito fondo, finalizzato prioritariamente al contrasto al gioco d'azzardo patologico finanziato attraverso modifiche mirate alla disciplina fiscale dei giochi pubblici idonee ad incrementare le risorse erariali. Insomma: una tassa di scopo sul gioco d'azzardo per guarire i malati di gioco d'azzardo.
Sono davvero un gran numero questi malati: 800 mila italiani sono già certificati come affetti da ludopatia; altri due milioni sono considerati a rischio.
Il decreto legislativo predisposto dal governo ora quantifica questo fondo: approssimativamente darà tra i 200 e i 250 milioni di euro all'anno; ne prevede anche la destinazione per "Buone cause".
Su questo punto governo prima ed eventualmente Parlamento poi (in sede di parere) potrebbero fare meglio. Il Movimento No Slot ha fatto questa osservazione: «Regioni, comuni, enti di formazione e associazioni verranno così "compensate" della perdita di potere sui territori. La tassa di scopo pare così il modo più semplice e efficace per alimentare un indotto fatto di cooperative, enti di formazione, cartelli e movimenti che, a lungo termine, dipenderanno dall'industria dell'azzardo non meno di quanto ne dipendano i malati». Potrebbe essere una preoccupazione eccessiva. Per fugarla basterà indirizzare il fondo alla prevenzione delle ludopatie invece che a curare i disastri del gioco d'azzardo. I Comuni hanno avuto l'idea di detassare chi non installa slot machine: il governo potrebbe utilizzarla; o trovare un'idea migliore.
A meno che lo scopo finale del decreto legislativo non sia quello di assicurare alle casse pubbliche comunque 8 miliardi di gettito, senza rimostranze da parte dei contribuenti.

1 marzo 2015


4 marzo 2015
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Tino Bedin