IN PARLAMENTO
Stralci del discorso con cui il presidente del Consiglio ha chiesto la fiducia alle Camere
«Non ci sono nemici né vinti. Qui c’è l’Italia»
Fermezza nel ricordare i punti del programma di governo: dalla legge sul conflitto di interessi al ripristino delle regole etiche; dal ritiro dei soldati italiani dall’Iraq alle nuove politiche del welfare

di Romano Prodi presidente del Consiglio

Signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, l’inizio del cammino del governo che oggi si presenta a Voi per chiedere la fiducia, ha coinciso con il termine di un settennato presidenziale e l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica.

Il dialogo con l’opposizione. Il governo che oggi si presenta a voi per chiedere la vostra fiducia, è quello che gli elettori italiani hanno voluto con il loro voto il 9 e 10 aprile scorsi, al termine di una campagna elettorale che noi tutti avremmo voluto migliore per la qualità del dibattito e che da tutti è stata combattuta con passione, anche se a tratti, con qualche asprezza verbale di troppo. Taluni coltivano l’immagine di una comunità nazionale lacerata, spaccata, irrimediabilmente divisa. Non è così. L’Italia è sicuramente un paese con tante diversità, e con distinzioni anche forti, che tendono a esprimersi all’interno di una contrapposizione bipolare che i cittadini hanno fatta propria. Ma distinzione non è eguale a divisione se la politica non sceglie di viverla e propagandarla come tale. Non sarà questa la scelta del governo e della maggioranza che lo sostiene, espressa dagli elettori che hanno dimostrato di apprezzare il nostro programma e la nostra proposta di governo. E noi realizzeremo il nostro programma, con l’obiettivo di coinvolgere anche chi non ci ha dato il suo consenso, non certo con l’intento di punire chi l’ha negato.
Non ci sono nemici, né in quest’aula, né fuori. Ci sono solo, qui e fuori, italiani che amano l’Italia come l’amiamo noi, ma che legittimamente coltivano priorità e auspicano scelte diverse dalle nostre. Non c’è un paese da pacificare. C’è, invece, un paese da mobilitare in tutte le sue componenti, con un costruttivo spirito di concordia. Non può e non deve esservi spazio per comportamenti ispirati ad una volontà di rivincita, ad un esasperato desiderio di marcare ad ogni costo le differenze, alla voglia di segnare vistosamente un nuovo inizio, quasi che un cambio di maggioranza e di governo all’interno di una fisiologica e salutare alternanza tipica di una solida democrazia, dovesse significare una frattura nella storia del Paese.
All’opposizione e ai suoi leader non faremo mai mancare il rispetto che la democrazia esige. A loro chiedo la disponibilità ad una attenta considerazione di quello che verremo proponendo, misurandolo sulla rispondenza agli interessi generali del paese. Lo chiedo perché sono profondamente convinto che o usciamo dalle difficoltà e andiamo avanti tutti insieme, o andiamo irrimediabilmente indietro tutti insieme.

L’Iraq e il ritiro. Il mondo in cui viviamo è ancora carico di rischi, di tensioni e di paure: le varie forme di terrorismo, le guerre e le povertà. Tante, e purtroppo crescenti, sono le ragioni di forte preoccupazione, e troppo spesso di serio allarme. Nei confronti del terrorismo affermiamo la nostra ripulsa morale e politica.
Saremo guidati da scelte precise nella nostra politica estera: Scegliamo l’Europa ed il processo di integrazione europea come ambito essenziale della politica italiana. Scegliamo di mettere la vocazione di pace del popolo italiano e l’articolo 11 della Costituzione al centro delle decisioni in materia di sicurezza. Scegliamo il multilateralismo, inteso come condivisione delle decisioni e costruzione di regole comuni. E’ per questi valori e questa visione del mondo che, così come in alcuni casi abbiamo ritenuta legittima e doverosa la partecipazione militare dell’Italia a importanti missioni di pace, delle quali andiamo orgogliosi, non abbiamo invece condiviso la guerra in Iraq e la partecipazione dell’Italia. Consideriamo la guerra in Iraq e l’occupazione del Paese un grave errore. Quella guerra, come ha ammesso recentemente l’ambasciatore americano a Bagdad, ha scoperchiato un vaso di Pandora che rischia di far deflagrare l’intera regione.
E’ perciò intenzione del governo proporre al Parlamento il rientro dei nostri soldati. Abbiamo purtroppo dovuto piangere numerosi caduti. Noi tutti siamo vicini alle loro famiglie, noi tutti siamo riconoscenti per il sacrificio che i loro cari hanno fatto. Il rientro del contingente italiano avverrà nei tempi tecnici necessari affinché le condizioni di sicurezza siano garantite.

L’Europa e l’Italia. Dobbiamo dare subito un nuovo slancio al processo di integrazione, attraverso iniziative ed azioni concrete che diano risposte tangibili alle attese di centinaia di milioni di europei. Penso alla necessità di dotare l’unione monetaria di un vero governo economico e sociale, allo sviluppo di una nuova politica comune dell’energia, al sostegno alla ricerca e all’innovazione tecnologica, all’immigrazione, alla sicurezza, al ruolo dell’Europa nel mondo e, in particolare, in tutta la regione a noi vicina, a Est e a Sud.
Il Governo è impegnato a fare tutto quanto è in suo potere affinché l’Europa diventi un soggetto forte e unito nello scenario internazionale. E’ nostra convinzione che interesse nazionale e interesse europeo siano una cosa sola. E’ nostra convinzione che l’Italia conti, anche nei rapporti con il grande alleato, solo se conta in Europa. E noi lavoreremo per ricollocare l’Italia tra i paesi guida dell’Europa.

La crisi etica. Il nostro Paese ha bisogno di una forte scossa, così come il nostro sistema produttivo. Il governo ritiene di avere politiche appropriate a questo fine. Ma occorre prima di tutto una forte scossa sul piano etico. C’è una crisi etica che investe la nostra società. E quanto è accaduto nel mondo del calcio ci dimostra, purtroppo, che si è abbondantemente superato il livello di guardia. Ne è una conferma clamorosa un livello di evasione fiscale che non ha eguali nel mondo sviluppato, e che il mio governo combatterà con la massima decisione e determinazione non solo per recuperare ciò che è dovuto alla collettività ma anche per ragioni di equità e giustizia. Noi intendiamo ripristinare anche in questo campo la cultura della legalità e della responsabilità civica. Per proteggere i più deboli, per far prevalere il merito, per impedire che vincano solo e sempre i più furbi.

Il conflitto di interesse. E nella sfera delle regole considero essenziale che si ponga mano a una normativa che disciplini i conflitti di interesse in linea con quanto esiste nelle altre democrazie avanzate, una normativa scevra da intenti punitivi ma ben più rigorosa di quella in vigore. Occorrono regole ma anche regolatori. E’ perciò intenzione del governo che oggi si presenta a Voi di ridisegnare il sistema delle autorità che operano nel campo economico e finanziario, passando da una suddivisione delle competenze basato su settori o su soggetti sottoposti a controllo o vigilanza, a un’altra fondata sugli obiettivi e le finalità del controllo stesso.
Ma per rimotivare la società e dare un segnale forte di cambiamento di clima sul piano etico, non sono sufficienti regole o regolatori. Penso che dovremo compiere un grande sforzo determinato sensibilmente, e in modo non estemporaneo, le spese per il funzionamento delle istituzioni, le spese per il funzionamento dei partiti e per le campagne elettorali, ridurre di almeno la metà le scorte per il personale politico e di governo. Credetemi, avremo tutti da guadagnare da un ritorno alla sobrietà della politica e del potere.

I giovani. L’Italia non ha scommesso sui giovani: eppure solo scommettendo su di loro – come il nostro governo intende fare – potrà riprendere il cammino dello sviluppo. I nostri giovani hanno oggi meno speranze di quante ne avessimo noi alla loro età. Eppure potrebbero avere davanti a loro orizzonti sempre più ampi. Certo, la società ed il mondo del lavoro hanno oggi bisogno di flessibilità. Ma la flessibilità, interpretata come precarizzazione, non ha aumentato la capacità competitiva del sistema ma lo ha impoverito. In realtà, la società italiana ha bisogno di meno precarietà ai livelli medio-bassi di impiego, mentre necessita di una cospicua iniezione di competizione agli altri livelli, ma soprattutto a quelli medio-alti. Noi qui intendiamo agire con una gamma di interventi. Intendiamo sottoporre a revisione la legge 30 per attuare una politica del lavoro capace di armonizzare flessibilità e stabilità riducendo fortemente l’area della inaccettabile precarietà. Lo si farà all’interno di una analisi complessiva della normativa che regola il mercato del lavoro, cercando di giungere, attraverso la concertazione con le parti sociali, alla definizione di un nuovo quadro organico.

Le donne e la famiglia. In Italia le donne partecipano al mercato del lavoro in misura molto minore rispetto agli altri paesi industrializzati, sono penalizzate nei salari e nelle carriere e poco rappresentate nelle istituzioni e nelle sedi decisionali, nonostante il loro livello di scolarità sia in linea con le medie europee. Ebbene, questa discriminazione priva il Paese di una grande ricchezza. I punti chiave da risolvere sono l’accesso al mercato del lavoro, la permanenza nel mondo del lavoro dopo la maternità, e le prospettive di carriera e di realizzazione professionale, una loro più estesa partecipazione alle decisioni politiche e istituzionali. La famiglia ha bisogno di sicurezza, e quindi va sostenuta nella sua vita quotidiana con un respiro di lungo periodo. Vogliamo un fisco amico della famiglia, vogliamo una società amica della famiglia. Riconoscendo il valore sociale della maternità e della paternità, intendiamo dotare ogni bambino di un reddito che aiuti la famiglia fino al raggiungimento della maggiore età.
A causa della precarietà del lavoro, le giovani coppie devono differire la scelta di farsi una loro famiglia, il sogno di farsi una casa perché il sistema bancario non concede mutui proprio per la precarietà dell’occupazione. Agiremo perciò per ridurre l’area del precariato e per istituire un fondo di garanzie per i mutui alle giovani coppie. Per noi tuttavia i sostegni economici non si sostituiscono ai servizi. Porremo perciò a noi stessi e agli enti locali l’obiettivo di raddoppiare nell’arco della legislatura il numero degli asili nido, per andare incontro a una domanda oggi largamente insoddisfatta.

Sanità e scuola. La sanità non è solo un costo: è un grande settore che occupa centinaia di migliaia di persone qualificate, che produce tecnologia e innovazione. Il nostro impegno prioritario è garantire ai cittadini gli stessi standard di prestazioni, ovunque risiedano. Per il futuro dell’Italia e per il suo sviluppo l’istruzione rappresenta l’elemento chiave. Non si torna a crescere senza investire mezzi ed energie intellettuali nella ricerca, nella innovazione, e nella scuola. Dopo dieci anni di riforme e controriforme, è giunto il momento di mettere ordine, fare il punto, cambiare ciò che palesemente non funziona o ciò che appare sbagliato, e dare stabilità. Faremo delle università italiane un polo di attrazione per la formazione dei giovani e dei ricercatori, cui occorre garantire stabilità e libertà di ricerca. Stimoleremo decisamente le lauree in discipline scientifico-tecnologiche, anche in relazione alla creazione o al rilancio di distretti tecnologici collegati con le università, gli enti di ricerca e le realtà produttive del Paese.

Le politiche economiche. Molti anni di bassa crescita, di forte dinamica della spesa pubblica hanno prodotto due conseguenze che ora debbono essere immediatamente affrontate: si è esaurito l’avanzo primario costituitosi negli anni 90 e, per la prima volta dopo il 1995, il rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo nel 2005 ha ripreso a salire. Certo, la correzione è indispensabile per assolvere ai nostri impegni europei, secondo linee concordate anche dal precedente governo. Certo, essa è necessaria per stroncare al più presto incipienti segni di sfiducia dei mercati internazionali. Non vi è più spazio per correzioni affidate a manovre straordinarie; non vi sono possibili miracoli di ingegneria finanziaria. Sarà invece giocoforza intervenire sulle tendenze dei grandi capitoli della spesa pubblica centrale e periferica, stabilire un serio equilibrio tra potere di spesa e responsabilità della copertura, modificare la composizione della spesa e dell’entrata per rafforzare la capacità dei bilanci pubblici di promuovere la crescita. Nell’immediato dobbiamo di necessità cominciare a lavorare con le risorse che abbiamo, cercando di allocarle meglio e farle rendere di più. Noi intendiamo dunque ridurre sensibilmente, in una misura quantificabile in cinque punti nel primo anno di legislatura, l’eccessivo carico contributivo sul lavoro dipendente. Una riduzione che, andando a beneficio sia delle imprese che dei lavoratori, sarà capace di agganciarci con maggiore slancio alla ripresa europea, di avviare un nuovo ciclo di investimenti, e di stimolare una ripresa dei consumi. Una riduzione che, attenuando di molto la convenienza dei contratti atipici, contribuirà come ho già avuto modo di notare a contrarre l’area del precariato.
La crescita del Paese non può non essere guidata dal nostro sistema produttivo. Siamo e dobbiamo restare un grande paese industriale, e quindi dobbiamo tornare a fare politica industriale. Lo faremo concentrandosi su quattro elementi: primo, il trasferimento tecnologico per aumentare il tasso di innovazione; secondo, la crescita dimensionale dell’impresa con interventi fiscali e normativi che favoriscano fusioni e acquisizioni e il consolidamento delle filiere che ora sono in crisi: terzo, l’internazionalizzazione, con sostegni concreti alle imprese che esportano e che affrontano nuovi mercati; quarto, la nascita e lo sviluppo di imprese in nuovi settori, anche con grandi progetti di ricerca cofinanziati dal settore pubblico.

La giustizia. In questi anni sono state compiute scelte, in un settore fondamentale del nostro ordinamento quale quello della magistratura ordinaria, che hanno creato un clima di tensione, talvolta di forte tensione. Mi riferisco in particolare a riforme pensate e attuate troppo spesso con uno spirito punitivo e comunque con atteggiamenti non adeguatamente collaborativi. Noi vogliamo ridare serenità ai giudici italiani e tutelarne e garantirne l’indipendenza; ma chiederemo ad essi di compiere ogni sforzo per migliorare sostanzialmente l’efficienza della macchina giudiziaria. Mentre faremo tutto il possibile affinché vengano soddisfatte le giuste richieste di maggiori mezzi e migliori strutture, chiederemo tempi più rapidi, processi più veloci e una giustizia più giusta proprio perchè più rapida. Sarà compito del Ministro della Giustizia seguire con attenzione questo aspetto essenziale e di riferirne periodicamente al Governo e, se il Parlamento vorrà, al Parlamento. Con l’obiettivo molto ambizioso di dimezzare nei cinque anni il numero di cause pendenti. Il Governo intende proporre al Parlamento di studiare un provvedimento diretto ad alleggerire l’attuale insostenibile situazione delle carceri. E lo dovremo studiare con la profondità e la drammaticità che l’attuale situazione ci impone.

Senato, 18 maggio 2006


pa-038
19 maggio 2006
scrivi a
Tino Bedin