IN PARLAMENTO

La questione di fiducia posta dal governo sul "decreto omnibus"
«Sento un odore di pieni poteri che a me non piace nemmeno lontanamente»
Se si comincia a confondere il dialogo parlamentare con il parlamentarismo ed il confronto di tesi anche opposte con il cosiddetto consociativismo, attenzione, perché lo scivolo può essere, indipendentemente dalla volontà degli uomini, fatale

Nella seduta del 2 agosto 2002 il Senato della Repubblica ha proceduto alla discussione e alla approvazione del disegno di legge "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate". Sul decreto, che era gia stato approvato dalla Camera dei deputati, il governo ha posto la fiducia.
Su questa procedura è intervenuto il senatore a vita Giulio Andreotti, di cui pubblichiamo l'intervento.

intervento in Aula di Giulio Andreotti
senatore a vita

Credo doveroso fare un'osservazione su questo metodo di lavoro. Adesso il ministro Giovanardi ci ha detto che il Governo Prodi usava lo strumento della fiducia ancora più ampiamente, ma ci può essere anche l'istituto della recidiva, quando si ripete qualche cosa. Comunque a me pare che per noi sia specialmente delicato questo ricorrere oggi alla fiducia, e quindi fare quello che, per altri versi, è gradito, perché credo che legittimamente molti pensino di accelerare i tempi della seduta; però politicamente non può non essere almeno registrato un metodo che è preoccupante.
Perché l'aver posto la questione di fiducia inquieta? A parte che, sarà una combinazione, ma noi l'anno scorso il 3 di agosto concludemmo i lavori con una questione di fiducia; il 22 dicembre li concludemmo con una questione di fiducia; oggi (forse per farla quasi coincidere con il Perdono di Assisi, un giorno prima), 2 agosto, concludiamo con una questione di fiducia. E su che cosa? Questo è il problema, non si tratta di procedura, signor Presidente.
La mia è una richiesta e contemporaneamente una proposta, anche se vivo su questa terra e so che è a futura memoria. La richiesta è la seguente: i decreti-legge, specialmente da quando, giustamente, la Corte costituzionale stabilì che passati i sessanta giorni non possono essere reiterati, devono sempre di più corrispondere a quel requisito di estrema straordinarietà ed urgenza che la Costituzione della Repubblica prevede.
Ma c'è di più: adottare un decreto-legge sapendo che vi sono sessanta giorni per discutere, e vararlo il 7 luglio sapendo che trentuno di questi giorni sono di agosto e quindi non saranno utilizzati per discutere, ha un odore di pieni poteri che a me non piace nemmeno lontanamente!
Non è un processo alle intenzioni, però mi sembra veramente singolare che uno studioso ritenga legittimo inserire in un decreto (tra l'altro dal titolo ambiguo) la riforma del CONI. Quando mi hanno domandato cosa pensassi della riforma del CONI mi sono chiesto dove essa fosse prevista dal momento che nel titolo del decreto non figurava; invece, vi è questa estrema urgenza di avere una CONI Servizi s.p.a.!
Benissimo. Tutto può essere fatto; però, con molta comprensione per le necessità che sempre ha il Governo, vorrei invitarlo a stare attento, poiché qui indeboliamo il Parlamento. E poi, non voglio fare il predicatore perché, per averlo detto, un collega della Margherita della Camera mi ha rimproverato, tuttavia vorrei suggerire anche all'opposizione di usare un metodo diverso di lavoro. Infatti, se noi sui vari problemi, invece di concentrarci su alcuni punti che possono, attraverso un dialogo, essere modificati, presentiamo centinaia di emendamenti e chiediamo su tutti la verifica del numero legale otteniamo il risultato di affossare il nostro lavoro.
Vedo con una certa pena il nostro collega senatore Boco, che nelle legislature passate ci ha insegnato cose molto belle sulla cooperazione allo sviluppo e sui Paesi del Terzo mondo, ridotto a dover prendere la parola trenta volte in un giorno soltanto per chiedere la verifica del numero legale: questo non mi piace. Lo dico veramente, se è possibile, con grande oggettività.
Da un lato assistiamo ad un abuso (anzi, doppio abuso, data la ristrettezza del tempo per discutere ai fini della conversione) dei decreti-legge da parte del Governo e, dall'altro, anche ad una certa negligenza.
Quando lei, signor Presidente, in quest'Aula chiese al Governo di venirci a riferire in merito al vertice tenutosi a Pratica di Mare, ciò non è accaduto. Ritengo che almeno i membri della Commissione esteri dovrebbero conoscere qualcosa di più di quello che si apprende dalla stampa o da Internet.
Esiste da una parte e dall'altra una negligenza nei confronti dell'istituto parlamentare che porta anche a sopravvalutare i numeri. E' vero, sono senatore a vita, ma per molti anni sono stato un semplice parlamentare. Noi parlamentari rappresentiamo un numero notevole di cittadini per cui non mi fa molta impressione quando 200 cittadini cercano di apparire, in un modo o nell'altro, come i rappresentanti di tutto il mondo, forzando anche lì la mano. Facciamo attenzione.
Lei, signor Presidente, durante la cerimonia del Ventaglio ci ha consegnato un saggio molto importante di storia del Senato, il saggio di Emilio Gentile contenuto nel primo volume della collana "Storia e Documenti dell'Archivio storico del Senato" - del quale la ringrazio - che fornisce anche delle risposte sul ruolo svolto dal Senato del Regno per impedire lo scivolamento verso la dittatura. Si vede che ha fatto pochissimo.
Con questo non intendo fare il processo alle intenzioni né fare delle insinuazioni, però se si comincia - come è accaduto alcuni anni fa - a confondere il dialogo parlamentare con il parlamentarismo ed il confronto di tesi anche opposte con il cosiddetto consociativismo, attenzione, perché lo scivolo può essere, indipendentemente dalla volontà degli uomini, fatale. E noi non possiamo permetterlo alla nostra Nazione.

2 agosto 2002

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5 agosto 2002
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