Il
senatore Tino Bedin è intervenuto mercoledì 25 luglio sulla relazione che il ministro
per le Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, aveva svolto la settimana precedente
nella Giunta per gli Affari europei del Senato. Riportiamo una sintesi dell'intervento.
di Tino Bedin
segretario della Giunta per gli Affari europei del Senato
Il presidente della Commissione Europea Romano Prodi
proprio questa mattina ha anticipato su un quotidiano le finalità del "Libro bianco
sulla governabilità dell'Europa". Le istituzioni europee vanno riformate - egli dice
- "alla luce di cinque principi fondamentali: apertura, partecipazione,
responsabilità, efficacia e coerenza". Ma la riforma dell'Unione ha un altro
obiettivo: "Crediamo sia fondamentale - scrive il presidente Prodi - rafforzare la
presenza e la voce dell'Unione nel mondo, per meglio contribuire alla prosperità e alla
stabilità internazionale, alla riforma in senso più aperto e democratico dei vari
organismi multilaterali, indispensabili per governare la globalizzazione".
Su questo aspetto delle politiche dell'Unione e sull'apporto che ad esse l'Italia intende
dare il ministro Buttiglione non ha detto una parola. Si tratta - è vero - di materie che
sono ancora prevalentemente di competenza del ministro degli Esteri, ma la suddivisione
delle competenze non esime il ministro incaricato per l'Europa dal dare un'indicazione
politica. Mi soffermo in particolare su due temi: la politica di sicurezza e di difesa e
la politica di allargamento.
Sicurezza. Una indicazione politica da parte del ministro Rocco Buttiglione in tema
di politica di sicurezza è tanto più necessaria perché, sempre in questi giorni,
l'Italia, o meglio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha confermato una linea
politica non coerente con il percorso che l'Italia ha seguito in cinquant'anni: Berlusconi
ha assunto una posizione di equidistanza fra Europa e Stati Uniti a proposito di scudo
spaziale, cioè su una materia assai delicata quale è la sicurezza ed in un momento di
grande sensibilità per la definizione della politica estera dell'Unione Europea.
Berlusconi ha addirittura sostenuto che in Europa c'è chi non sa adeguarsi ai tempi ed è
per questa incapacità che non capisce la scelta americana sullo scudo.
Oltre che per i contenuti politici e tecnici specifici, non condividiamo questa posizione
del governo perché essa introduce interrogativi anche su un'altra delle politiche
dell'Unione di cui il ministro Rocco Buttiglione non ha detto una parola: intendo dire la
strutturazione della brigata militare europea, primo passo dell'esercito dell'Unione. È
noto che l'orientamento preso in sede tecnica ed anche politica è quello di creare dei
reparti militari che di volta in volta partecipano ad iniziative di pace sotto le insegne
dell'Onu o della Nato o dell'Unione Europea. Si tratta di una scelta condivisibile per un
razionale utilizzo delle risorse sia umane che tecniche che finanziarie. Tuttavia essa ha
bisogno di una forte guida politica sia a livello italiano che a livello europeo: il
rischio che la brigata militare europea diventi di fatto la gamba europea della Nato è
molto forte: questo farebbe continuare la predominanza Usa anche nella difesa specifica
dell'Unione, vanificando quel processo di autonomia che è cominciato nel 1994 con la
creazione all'interno della Nato dell'Identità europea di difesa.
Allargamento. Il ministro Buttiglione si è premurato di presentare gli aspetti
problematici dell'allargamento. Il tema è indubbiamente vero ed è pur vero che la
rimodulazione delle politiche di coesione non può escludere i paesi che attualmente fanno
parte dell'Unione. Ma l'allargamento non è fatto solo di problemi. Esso offre all'Italia
anche numerose opportunità, che il governo deve individuare e rendere concrete.
L'Italia poi è chiamata ad assumere una particolare attenzione nei confronti di alcuni
dei paesi candidati. Credo che il governo debba indicare al Parlamento le possibili
iniziative di collaborazione, governativa e parlamentare, su base bilaterale con i Paesi
candidati; questo costituirebbe una traccia anche per la nostra attività in Senato.
Riforma delle istituzioni. Il tema di maggiore attualità, almeno nel dibattito
politico, è quello della riforma istituzionale. Ho ricordato che la Commissione Europea
ha intanto già prodotto un libro bianco sulla "governance". Ne ha parlato anche
il ministro per le Politiche comunitarie. Secondo Buttiglione, il nodo da risolvere e da
sviluppare è il Consiglio europeo. A dire il vero Buttiglione ha rimesso in discussione
tutti gli organi istituzionali dell'Unione, e quindi anche la Commissione e lo stesso
Parlamento, con un
soffio di "sano" euroscetticismo che mal si attanaglia
al ministro delegato per l'Europa.
Non metto in dubbio che l'evoluzione dell'Europa ponga il problema di una ridefinizione
dei compiti del Consiglio. Ma l'istituzione sulla quale occorre investire è piuttosto la
Commissione per il suo carattere autenticamente comunitario e per la novità che
rappresenta rispetto alle tradizioni codificazioni istituzionali.
Del resto la prospettiva di riforma del Consiglio su cui si esercita Rocco Buttiglione ha
come conseguenza la costituzione di una Camera dei Parlamenti nazionali, a fianco del
Parlamento europeo. Questa prospettiva suscita non poche perplessità, tra l'altro
rafforzate dall'attenzione espressa per tale prospettiva dal Governo britannico,
tradizionalmente diffidente nei confronti di un rafforzamento del quadro istituzionale
comunitario.
Il problema della partecipazione democratica non si risolve a Bruxelles. I Parlamenti
degli Stati membri dovrebbero piuttosto rafforzare la loro capacità di esercitare
un'azione di indirizzo sui rispettivi Governi in merito alla cosiddetta fase ascendente
del diritto comunitario, dotandosi eventualmente di una Camera specificamente competente
per ciò che attiene alla legislazione europea. Si tratta infatti di non arrestarsi lungo
un percorso che non è di oggi: già dal lontano 1957 in Germania e dal 1968 il Senato
italiano, ad esempio, hanno elaborato ed affinato procedure di controllo e di indirizzo
sulla normativa europea. Tocca ai Parlamenti nazionali integrare un concetto di
"sovranità" che le stesse Costituzioni (ad esempio in Italia e in Germania)
hanno aggiornato indicandone la sede non più esclusivamente nello stato nazionale ma
anche nell'Unione europea.