OGGI

Il debito del Parlamento italiano nei confronti del Papa
Giovanni Paolo II: le democrazie a servizio della pace
Nel novembre del 2002 non venne solo a chiedere clemenza per i carcerati

di Tino Bedin

Allora l'abbiamo ascoltato; l'abbiamo applaudito. E abbiamo deciso altrimenti. Ora la sua morte richiama noi parlamentari ad un confronto ancora più esigente con le parole che Giovanni Paolo II era venuto a proporci nel primo incontro di un Papa con il Parlamento italiano. E ci sentiamo inadempienti.
Qualcuno tra noi cerca di rimediare, riportando nell'agenda parlamentare "la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento", come Giovanni Paolo II ci aveva detto il 14 novembre del 2002, segnalandoci che "un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità". Temo che il Parlamento italiano non riuscirà a compiere neppure questo "omaggio alla memoria" di Giovanni Paolo II, mancando l'indispensabile convergenza per un provvedimento di amnistia o di indulto. Temo che, ora come allora, la distanza tra gli applausi al Papa e i contenuti delle decisioni parlamentari sia misurata esclusivamente su questo tema.
Giovanni Paolo II non aveva incontrato il Parlamento italiano solo o prevalentemente per chiedere clemenza.

Alla vigilia della guerra preventiva in Iraq. Quell'incontro era stato un gesto eccezionale. Nei quasi 27 anni di pontificato Giovanni Paolo II ha parlato solo in tre parlamenti: al Parlamento europeo, l'11 ottobre del 1988, al Parlamento polacco, l'11 giugno del 1999, e al Parlamento italiano, il 14 novembre del 2002. Non è un "particolare statistico": l'eccezionalità dà la misura dell'impegno che sarebbe stato richiesto e tuttora si richiederebbe ai protagonisti di questi eventi, attraverso i quali il Papa si era proposto di guardare al futuro comune insieme ai rappresentanti del popolo.
Al Parlamento europeo il Papa si era presentato come "colui che conosce le aspirazioni dei popoli slavi, un altro polmone della nostra madre patria europea" e aveva auspicato la creazione di un'Europa dotata di istituzioni libere che potesse "un giorno raggiungere le dimensioni che le sono state donate dalla geografia e più ancora dalla storia". Era l'anno prima del "rivoluzione europea" del 1989, l'anno prima della caduta del Muro di Berlino.
Al Parlamento italiano Giovanni Paolo II si presenta l'anno prima della Guerra all'Iraq. Egli introduce i contenuti politici del suo discorso con la necessità di "spingere audacemente lo sguardo verso il futuro, interrogandosi sul contributo che l'Italia può dare agli sviluppi della civiltà umana". Nella frase conclusiva propone la riposta a questo interrogativo: "L'Italia e le altre Nazioni che hanno la loro matrice storica nella fede cristiana sono quasi intrinsecamente preparate ad aprire all'umanità nuovi cammini di pace, non ignorando la pericolosità delle minacce attuali, ma nemmeno lasciandosi imprigionare da una logica di scontro che sarebbe senza soluzioni".

I diritti umani prima dei diritti istituzionali. Era dunque venuto nel Parlamento italiano per chiedere alle democrazie, a tutte le democrazie, di mettere al primo posto nella loro agenda il tema della convivenza planetaria. Mentre dopo l'11 Settembre molti, troppi, parlavano di "scontro di civiltà" e di guerra preventiva, egli aveva teso la mano a molti, a tutti. Ora tendeva la mano anche al Parlamento italiano, sapendo che la sua parola da sola non sarebbe bastata; come non bastò. Ma neppure il Parlamento italiano avrebbe stretto la mano del Papa.
Di questo i parlamentari italiani gli sono debitori. Non è un debito morale, ma un debito politico, istituzionale. Ne va del ruolo delle democrazie, che Giovanni Paolo II riconosce come il sistema politico "più rispondente alla natura razionale dell'uomo". Le democrazie governeranno la globalizzazione se riconosceranno che "cuore della vita internazionale non sono gli Stati, ma l'uomo", che "esistono interessi che trascendono gli Stati: sono gli interessi della persona umana, i suoi diritti". Con queste parole Giovanni Paolo II nel 1993 chiedeva il riconoscimento del "diritto umanitario".
Dieci anni dopo, nel 2003, questo diritto è stato impersonato dall'Opinione pubblica mondiale con l'opposizione alla guerra. Ora è tornato in piazza con la forza dell'affetto per il suo Profeta.

3 aprile 2005


14 aprile 2005
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Tino Bedin