La discussione nelle commissioni Esteri e Difesa del Senato è bloccata
Per il controllo del commercio delle armi il centro-destra non ha tempo
Si andrà direttamente in Aula, senza un confronto di posizioni e senza miglioramenti del testo approvato alla Camera di Tino Bedin
Convocata alle 14.30, rinviata alle 15, chiusa alle 15.20: la seduta congiunta delle commissioni Esteri e Difesa del Senato non è mai cominciata. Alla maggioranza di centro-destra non interessa assolutamente il disegno di legge che - con il pretesto di ratificare il trattato di Farnborough sull'industria europea della Difesa europea - modifica sostanzialmente la legge 185 del 1990 sul commercio internazionale delle armi. Non ha infatti raggiunto il numero sufficiente di presenze per far iniziare la seduta.
Il numero legale è mancato in tutte le sedute nelle quali le commissioni hanno cominciato a votare gli emendamenti. Quello di oggi pomeriggio non è dunque un infortunio, ma la continuazione di un comportamento che ha il suo significato politico.
Evidentemente molti nella maggioranza non condividono la scelta del governo di negarsi al confronto su un argomento, il commercio delle armi, sul quale esiste una vasta sensibilità sociale.
Ho fatto notare in commissione - intervenendo poco prima che il presidente sciogliesse la seduta - che nella maggioranza esiste probabilmente la volontà di mandare un segnale al governo, perché alcuni non ritengono opportuno arrivare ad un voto a maggioranza sia sulla ratifica di un trattato intereuropeo sia sulla modifica della legge sul commercio delle arnmi.
Così facendo però la maggioranza sta compiendo un atto politicamente grave anche nei confronti dell'opinione pubblica.
La maggioranza ha prima rifiutato le audizioni, da me richieste sia in discussione generale che prima di passare al voto sugli articoli che modificano la legge 185. La vasta mobilitazione di associazioni, di persone e di organizzazioni, l'attenzione che la Chiesa stessa ha manifestata per l'argomento, i voti che si sono avuti in sede regionale ed in molti municipio, avrebbero richiesto un ascolto da parte del Senato.
La maggioranza ora di fatto nega il dialogo allo stesso Senato: gli unici a parlare siamo stati alcuni senatori dell'Ulivo, di fatto senza contraddittorio, se non quello del governo. Se si riflette che il tema del controllo parlamentare sulla materia è uno di quelli che stanno più a cuore proprio alle associazioni che hanno dato vita alla campagna in difesa della legge 185, si può capire quanto negativo sia questo atteggiamento.
Esso infatti ha come sbocco finale l'utilizzo del regolamento: basta discutere, il lavoro di commissione non serve; passati 90 giorni si va in Aula del Senato e si vota. Succederà così: dal 10 ottobre il disegno di legge del governo sarà in Aula. Sarà probabilmente rubricato tra i tanti "accordi internazionali", di cui generalmente con scarso interesse si procedere alla ratifica.
Per il disegno di legge sull'industria europea della Difesa non deve succedere così. Sia il Senato che l'opinione pubblica ha diritto ad un ampio dibattito. Da parte mia, sono pronto a continuare in Aula il lavoro fatto; anzi a riprenderlo da capo.
24 settembre 2002 |