È probabilmente questa l'origine del licenziamento del ministro Ruggiero
Berlusconi non manterrà le promesse (ma darà la colpa all'Europa)
La Finanziaria del 2002 è sovrastimata; quando bisognerà far quadrare i conti, i paesi della moneta unica non faranno sconti di Tino Bedin
Tutti gli istituti di previsione economica e le organizzazioni internazionali, dal Fondo Monetario Internazionale, all'Ocse e alla Commissione europea, prevedono che almeno nei primi sei mesi del 2002 l'economia mondiale crescerà ad un ritmo decisamente più basso di quello previsto nel corso dell'estate scorsa. Soltanto il Regno Unito sembra poter crescere, nel corso del 2002, ad un ritmo vicino al 2 per cento; per tutti gli altri Paesi le previsioni ci dicono che, se le cose andranno bene, cresceranno ad un ritmo vicino all'1 per cento.
Ebbene, anche in occasione del voto conclusivo al Senato sulla legge Finanziaria, il Governo, pur di dati assai più certi rispetto alle previsioni possibili a settembre, ha confermato l'obiettivo del 2,5 per cento di crescita per l'Italia nel corso del 2002.
Il governo, con questa scelta, vuole affermare che la propria politica economica è in grado di determinare un'accelerazione dello sviluppo in Italia fino a pervenire ad una crescita doppia rispetto a quella prevedibile. Resta però incredibile che sia possibile che questo accada, dato che l'Italia è inserita in una economia.
Potremmo trovarci, così, verso aprile o maggio a constatare che la politica economica che sottende la legge finanziaria e di bilancio non è in grado di far crescere il Paese ad un ritmo del 2,5 per cento. I parametri di stabilità, in rapporto al Patto di stabilità europeo, base dell'adozione di una moneta comune, allora salteranno.
Gli accordi di Maastricht e quelli successivamente elaborati nel cosiddetto Patto di stabilità sono chiari e non credo che i tedeschi o i francesi siano disponibili a conoscere una fase di turbolenza finanziaria sulla moneta comune a causa delle difficoltà di finanza pubblica della sola Italia. Scatterebbe immediatamente la necessità di una manovra di correzione degli andamenti di finanza pubblica al fine di far rientrare i parametri negli obiettivi contenuti nel Patto di stabilità. A quel punto, si potrebbero adottare solo due scelte: un drastico e assai poco meditato intervento di riduzione della spesa oppure un drastico e, ancor meno, meditato intervento di aumento delle entrate del prelievo fiscale.
Ed ecco che Berlusconi si sta preparando a far credere agli italiani che lui è una vittima. Se non riesce ad attuare il suo programma, se mette le tasse invece che toglierle, se dopo aver dato tutto ai ricchi non riesce a distribuire più nulla ai poveri, se insomma qualcuno gli dirà che è un bugiardo, egli è pronto a rispondere che la colpa non è sua, che la colpa è di Bruxelles.
C'è indubbiamente tutta la componente tipica della Destra nello "stile" che Berlusconi adotta sulle materie europee. C'è l'euroscetticismo della destra economica, che nell'Europa dell'economia sociale di mercato (richiamata anche nella recente dichiarazione di Laeken sul futuro dell'Unione) ha sempre visto un freno alla sua fede nel mercato senza regolatori. C'è il populismo della Lega, che si fa interprete delle paure che ogni rivoluzione inevitabilmente crea e che sfrutta elettoralmente queste paure. C'è in nazionalismo della destra politica storica, che nel rafforzamento di una istituzione comunitaria e nell'allargamento dell'Unione vede scomparire alcune delle ragioni storiche del suo affermarsi.
In questa somma di Destre Berlusconi non è certo l'arbitro. Non gioca il ruolo che egli attribuisce a se stesso di leader del maggiore fra i partiti italiani che aderiscono al Partito Popolare Europeo. Anche Berlusconi ha le sue ragioni per dir male in queste settimane dell'Europa.
C'è una ragione che lo riguarda direttamente come persona: il prezzo del potere in Europa sarebbe troppo elevato anche per lui, anche perché nell'Unione nessuno gli consentirebbe di arrivarci attraverso le televisione. E poi c'è la questione giudiziaria: magari le "toghe rosse" italiane si possono tacitare con una modifica delle leggi e dei regolamenti; impossibile farlo quando si tratta di magistrati di altri paesi che presto agiranno sulla base di norme europee. So che queste sono solo... maldicenze.
E allora veniamo ad una ragione... politica: quella che può avere determinato nel ministro Ruggiero la decisione di uscire con l'intervista che gli è costata il licenziamento.
Risulta infatti singolare che un diplomatico di lungo corso come Ruggiero si sia così adombrato per una ragione di stile. Ufficialmente a fargli saltare la mosca al naso fino al punto di andarla ad inseguire sulla faccia di Bossi, di Tremonti e di Buttiglione (con relativi... ceffoni) è stato il mancato entusiasmo che questi hanno dimostrato il giorno in cui gli italiani (assieme a tedeschi francesi spagnoli portoghesi greci finlandesi olandesi belgi lussemburghesi austriaci e irlandesi) si sono messi convintamene ad usare l'euro. Certo era un bel giorno, meritava di essere festeggiato, ma che uno come Ruggero se sia presa perché si è trovato a festeggiare in scarsa compagnia è poco credibile.
C'è un'altra cosa che è... entrata in vigore l'1 gennaio 2002, proprio nel giorno dell'euro: la prima finanziaria di Berlusconi (già proprio la prima, perché quella dell'altra volta Berlusconi l'aveva concepita ma non gli era riuscito di farla nascere per colpa di Bossi spalleggiato da Buttiglione).
Ruggiero che oltre che diplomatico e anche uno che di economia se ne intende, ha fatto i conti conclusivi della manovra dopo quattro mesi di dibattito parlamentare e di aggiustamenti governativi e deve aver deciso che non aveva nessuna voglia di rimetterci la reputazione tra aprile e maggio, quando i conti della Finanziaria non torneranno. L'onere maggiore sarebbe toccato a lui: poiché la Finanziaria riguarda una moneta che non è più solo italiana, sarebbe toccato a lui prendersi rimproveri ed ingiunzioni dalla Presidenza spagnola dell'Unione e dalla Commissione europea. Così ha pensato che era meglio uscire di scena, scegliendo però - da esperto diplomatico - proprio la ragione vera: il governo di Destra non ha festeggiato l'euro l'1 gennaio perché potrebbe tentare di… fare la festa alla moneta unica fra qualche mese.
Forse è questo il "tempo necessario" di cui ha parlato Berlusconi, quando si è preso il ministero degli Esteri. Probabilmente egli pensa che ricoprendo i due ruoli potrà raccontarla... meglio agli italiani (sarà lui l'unica fonte del confronto con l'Unione Europea) e magari pensa anche di essere più bravo di Ruggiero a contrattare (ha detto che ci vuole un imprenditore... agli Esteri).
13 gennaio 2002 |