Per il Consiglio di Stato sono validi gli affidamenti a società pubbliche al 100% Salvi i servizi locali "senza gara" Le aziende devono lavorare in prevalenza con l'ente - Estesa anche al passato la possibilità di evitare l'appalto introdotta a fine 2003
Il Consiglio di Stato "salva" i vecchi affidamenti dei servizi locali a società interamente pubbliche. Secondo i giudici di Palazzo Spada, le nuove norme, previste dall'articolo 14 del decreto legge 269/03, hanno efficacia retroattiva e conferiscono "legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina". In particolar modo, la possibilità di affidare, senza gare, l'erogazione del servizio a società a 100% pubbliche (a patto che siano controllate dall'ente titolare del capitale come se fossero propri servizi e che realizzino la parte più importante della propria attività con lo stesso ente) non vale solo per il futuro ma funziona anche come norma di salvaguardia di affidamenti diretti "già disposti". Con la sentenza numero 679 del 18 febbraio, il Consiglio di Stato si è occupato per la prima volta della riforma dei servizi pubblici locali introdotta dall'articolo 14 del Dl 269/03, ribaltando il verdetto emesso dal Tar Puglia il 20 febbraio 2003, e cioè prima dell'entrata in vigore del Dl 269 (in vigore dal 2 ottobre e convertito dalla legge 236/03). La questione riguarda l'affidamento del servizio di spazzamento, raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani a una società per azioni a capitale interamente pubblico (la Spa Lupiae Servizi) effettuato dal Comune di Novoli, in provincia di Lecce. Il Tar Puglia, in base al quadro normativo vigente al momento della decisione e cioè all'articolo 35 della Finanziaria 2002, aveva dichiarato l'affidamento illegittimo e annullato i relativi provvedimenti. A giudizio del Tar l'obbligo di effettuare gare pubbliche stabilito dall'articolo 35 era applicabile, anche in assenza del regolamento di attuazione che avrebbe dovuto disciplinare il periodo transitorio (e che, fra l'altro, non ha mai visto la luce). Né l'ente locale poteva invocare a proprio favore la deroga alla procedura di evidenza pubblica "per finalità di ordine pubblicistico quali l'occupazione o la rioccupazione dei lavoratori", poiché, sempre in base all'articolo 35, dovevano ritenersi implicitamente abrogati sia l'articolo 4, commi 6, 7 e 8 del Dl 26/95 sia l'articolo 122 del decreto legislativo 267/2000. Il Consiglio di Stato non contesta le motivazioni addotte dai giudici di primo grado poiché ritiene che si tratta di questioni che possono giudicarsi "superate" per effetto della normativa sopravvenuta, ossia della riforma dei servizi pubblici locali prevista dall'articolo 14 del Dl 269/03. Quest'articolo ha infatti introdotto importanti novità nell'articolo 113 del decreto legislativo 267/2000 che era già stato modificato dall'articolo 35 della legge 448/01. In particolar modo, il nuovo testo dell'articolo 113, "a differenza della previgente disposizione che ammetteva solo procedure ad evidenza pubblica" prevede che possano essere effettuati affidamenti diretti a favore di società interamente pubbliche, a patto che siano controllate dall'ente titolare del capitale come se fossero propri servizi e che realizzino la parte più importante della propria attività con lo stesso ente. Questa fattispecie però, sostengono i giudici di Palazzo Spada, non vale solo per il futuro, ma anche per il passato e conferisce quindi "legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina".
|