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RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
12 gennaio 2004
di Giacomo Vaciago


É meglio ridurre i Comuni

Bisognerebbe regalare al Parlamento una bella matita per le nuove leggi da fare, ma anche una grossa gomma per le tante leggi da cancellare. É questa la prima reazione all'idea che si vogliano creare tante nuove Province: sì, nuove Province servono, ma dobbiamo anche eliminare tanti Comuni che hanno dimensioni troppo piccole per poter essere ancora utili. Quando sento proporre per i piccoli Comuni una deroga al limite dei due mandati del sindaco, con l'argomento che in un Comune piccolo si fatica a trovare candidati, ho la conferma che continuiamo a mantenere qualche migliaio di Comuni superflui. D'altra parte, già la Costituzione come modificata nel 2001 consente (articolo 118) che in base al principio dell'adeguatezza, le funzioni amministrative non siano attribuite ai Comuni ma alle Province o alle Città metropolitane. Queste ultime a loro volta attendono di decollare, e dovrebbero portare all'eliminazione della sovrapposizione tra Comune capoluogo e Provincia nei casi delle città maggiori (se lo facessimo presto, nel caso di Milano, potremmo forse assistere a meno liti tra i due?). Il ridisegno delle competenze Comune-Provincia è già evidente in molti campi. Penso in particolare a tutta l'area dei Servizi pubblici locali, che da anni abbiamo iniziato e continuiamo a riformare (avendo l'anno scorso festeggiato il centenario di una buona legge generale in materia - la 103 del 1903 - si è anche visto come ormai non si riesca più a fare leggi altrettanto buone. Siamo ridotti a cambiare le norme anche due volte al mese: lo abbiamo fatto con la legge 326/2003 e poi con la Finanziaria 2004!). Tutta la legislazione di settore sui Servizi pubblici locali (dall'acqua ai trasporti) si muove nella direzione di "Ambiti territoriali ottimali" simili a quelli provinciali. In effetti, se dovessimo adesso ripensare una legge generale sui Servizi pubblici locali come fu la 103 un secolo fa, penso che le competenze non le daremmo più ai Comuni ma alle Province. Un motivo in più per non limitarsi ad aggiungere un pacchetto di nuove Province, ma per riordinare l'intera matrice delle autonomie.
In proposito, possiamo concludere con una riflessione più generale sul tipo di "federalismo" che stiamo realizzando in Italia. Ciò ci aiuta a capire perché sia non solo costoso ma addirittura pericoloso limitarsi ad aggiungere nuove Province, senza aver prima ridisegnato i loro rapporti con gli altri livelli di Governo.
Esistono al mondo due modelli opposti di "federalismo": da un lato quello americano cosiddetto della separazione; dall'altro quello tedesco che chiamiamo della cooperazione.
Nel primo caso, ogni livello di Governo si specializza in proprie attività, senza interferire con quanto fanno gli altri: quando c'è da fare la guerra in Iraq, se ne occupa Washington e nessun altro! Nel caso della Repubblica Federale Tedesca, invece, c'è un continuo lavoro comune tra i diversi livelli di Governo, con le caratteristiche proprie del federalismo cooperativo.
Ma in Italia cosa stiamo facendo? É difficile dirlo, perché il nostro è un federalismo a zig zag; cioè che contiene elementi sia dell'uno sia dell'altro tipo. Da un lato (con la riforma costituzionale del 2001) aumentiamo le competenze "concorrenti", dall'altro riduciamo l'autonomia finanziaria; da un lato promettiamo la devolution; dall'altro Roma sempre più si occupa di tutto. Continuare a creare nuove Provincie, senza aver prima deciso di quanto esse sostituiscano i piccoli Comuni inefficienti e/o servano a decentrare i compiti delle Regioni, è sicuramente costoso e forse anche pericoloso.

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12 gennaio 2004
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