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RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
2 ottobre 2003
di Bianca Lucia Mazzei, Valeria Uva
Legge obiettivo - La Corte costituzionale dichiara illegittimo il decreto Gasparri mentre salva le norme sulle grandi opere infrastrutturali
"Sblocca-antenne" bocciato dalla Consulta
Per realizzare i progetti serve l'intesa tra Stato e governatori - Il piano Lunardi va avanti ma a tutela delle autonomie la sentenza prevede il necessario assenso delle Regioni

La Corte Costituzionale boccia il decreto legislativo sull'accelerazione delle procedure per le infrastrutture di telecomunicazioni e "sforbicia" la legge obiettivo sulle grandi opere, aumentando i poteri di interdizione delle Regioni. Secondo la Consulta il decreto legislativo 198/2002 (il cosiddetto decreto Gasparri) che puntava "ad agevolare la liberalizzazione del settore" e "la realizzazione di infrastrutture di nuova generazione" è illegittimo. Sulla legge Lunardi, invece, la Corte respinge gran parte delle accuse di incostituzionalità ma rafforza ed estende l'obbligo di intesa fra lo Stato e le autonomie.
Con una maxi-sentenza (la 303/2003 depositata ieri) la Consulta ha esaminato i diciannove ricorsi presentati da Regioni e Province autonome contro la legge obiettivo e i due dlgs di attuazione, esprimendosi, in maniera ampia e dettagliata, sulla nuova ripartizione di competenze disegnata dalla riforma del Titolo V della Costituzione relativamente a grandi opere, lavori pubblici e urbanistica.
Sul dlgs Gasparri il giudizio della Consulta è netto: viola le competenze regionali e pecca di eccesso di delega. Il decreto, sostiene la Corte, doveva "definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti individuati a mezzo di un programma". Ma del programma, continua la Consulta, nel decreto, non c'è traccia e anzi, non se ne parla nemmeno. Le competenze regionali vengono inoltre violate poiché il provvedimento prevede che le infrastrutture siano "compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica" e "realizzabili in ogni parte del territorio comunale anche in deroga agli strumenti urbanistici".
Per quanto riguarda la legge obiettivo sulle grandi opere e il dlgs 190/2002 che ne dà attuazione, la Corte respinge quasi tutti i ricorsi presentati dalle Regioni. A tutela delle autonomie la Consulta rafforza però il principio dell'intesa fra Stato e Regioni che diventa imprescindibile: "In assenza dell'intesa con la Regione interessata - recita la sentenza - i programmi sono inefficaci". L'intesa non riguarda solo la fase dell'individuazione degli interventi da inserire nel programma delle infrastrutture strategiche ma anche la qualificazione di quelli "in cui l'interesse regionale concorre con il preminente interesse nazionale". Stabilisce inoltre i termini e le modalità con cui le Regioni partecipano all'attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio".
Pesante la valutazione che arriva dal Centro-sinistra: "Incostituzionali Gasparri e Lunardi. Anche il Governo Berlusconi - dice Franco Bassanini (Ds) - deve rispettare la Costituzione e l'autonomia delle Regioni e degli enti locali. Le disposizioni Lunardi bocciate sono poche, ma si tratta di norme chiave, senza delle quali Lunardi sarà costretto a una vera concertazione con le Regioni".
La sentenza chiarisce inoltre la nuova ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni disegnata dalla riforma del Titolo V, stabilendo che la materia dei lavori pubblici non è, come rivendicano le autonomie, di competenza esclusiva regionale, ma segue l'oggetto "al quale afferisce". L'urbanistica viene invece ricomprese nel governo del territorio.
No al sistema di qualificazione unico. Con un'altra sentenza (la n. 302/2003) la Corte si è occupata dell'applicabilità alle Regioni del sistema di qualificazione per gli appalti di lavori pubblici, stabilendo che "non spetta allo Stato adottare norme applicabili nei confronti delle Regioni, anche a Statuto speciale". Per questo motivo la sentenza ha annullato tutte le norme del regolamento sulla qualificazione (Dpr 34/2000) che prevedono l'applicazione del sistema Soa (società organismo di attestazione) alle Regioni.
Il ragionamento si basa sul fatto che già la Merloni (legge da cui derivano le norme bocciate) aveva escluso dal proprio raggio d'azione tutti i governi locali. In altre parole, "regioni e province autonome non sono comprese tra le amministrazioni e gli enti destinatari del regolamento". Più complessa invece la questione dell'applicabilità alle Regioni del regolamento appalti (Dpr 554/1999). Secondo la Corte questa normativa continua ad applicarsi nelle regioni ordinarie fino al recepimento dei principi della Merloni. Del tutto esonerate invece le Regioni a Statuto speciale.

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2 ottobre 2003
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