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RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
11 agosto 2003
a cura di Tarcisio Tarquini

Contabilità innovativa - Crescono gli enti che affiancano agli strumenti classici i nuovi bilanci per favorire la partecipazione
I Comuni "decidono" con i cittadini
Le assemblee individuano le priorità e ne verificano l'attuazione

Finora hanno aderito più di cento Comuni di tutte le dimensioni e di ogni parte d'Italia. Ci sono grandi città come Napoli, Venezia e Cosenza, centri di media ampiezza come Piacenza e Empoli, cittadine meno popolose, che della sperimentazione di nuovi istituti di democrazia comunale hanno fatto da tempo la loro bandiera, come Pieve Emanuele in Lombardia e Grottammare nelle Marche, paesi più piccoli come Quarrata, in provincia di Pistoia, o Verderio Inferiore nelle vicinanze di Milano, quartieri di metropoli, come l'XI municipio di Roma. Insieme con numerose province (tra cui Torino, Prato, Vercelli, Livorno Ferrara, Parma), associazioni di Comuni e persino una Regione (Toscana), fanno parte del primo gruppo di enti pubblici territoriali che hanno deciso di attuare (o di proporre) il bilancio partecipativo, un nuovo strumento che, nei progetti dei sostenitori, si aggiungerà a quelli di contabilità già esistenti per rendere più vicine ai cittadini le scelte di spesa e investimento delle amministrazioni e per ridisegnare, passando per questa strada, la fisionomia delle istituzioni locali. "L'elenco - annuncia soddisfatto Salvatore Amura, giovane assessore di Pieve Emanuele, uno dei protagonisti del movimento - è destinato ad allungarsi". In autunno si potranno tirare le conclusioni. A ottobre è previsto a Piacenza il primo incontro nazionale degli aderenti alla Carta del Nuovo Municipio, a novembre a Empoli verrà costituita l'omonima associazione, appena qualche giorno prima di prendere parte al grande raduno di Saint Denis delle città "partecipative", per il quale si sono già prenotate circa cinquecento municipalità di tutta Europa (l'interesse delle istituzioni europee è testimoniato dal varo del progetto comunitario "cittadinanza attiva").
Da Porto Alegre all'Italia. Il vessillo innalzato da tutti è il bilancio partecipativo. Nato in Brasile, a Porto Alegre, balzato all'attenzione mondiale grazie al Forum sociale di tre anni fa, in Italia ha conquistato una nuova generazione di amministratori locali che lo hanno adottato come carta d'identità del rinnovamento amministrativo, "contro i vincoli all'autonomia degli enti locali - spiega Amura - provocati dalla diminuzione delle risorse e dalla costrizione a cedere all'esterno servizi e attività".
La traduzione italiana del "ciclo" partecipativo è meno macchinosa dell'originale (che si basa del resto su un'esplicita previsione della legge fondamentale dello Stato). In alcuni periodi ben definiti dell'anno i sindaci convocano assemblee aperte a tutti i cittadini, su base tematica o territoriale (quartieri, frazioni). In quella sede i partecipanti indicano le priorità, aiutati dalla struttura comunale che deve fornire indicazioni sulla loro fattibilità. Gli interventi e le opere individuate finiscono poi all'esame del Consiglio comunale a cui spetta di pronunciare l'ultima parola, con l'approvazione del bilancio preventivo. Il primo atto del "ciclo" successivo, sarà la valutazione di quanto è stato fatto realmente e l'esame dei punti positivi e negativi.
Nodi legislativi. "Tutto è già scritto nel testo unico degli enti locali", afferma Luigi Meconi, segretario comunale di Altidona e componente di una commissione istituita dalla Regione Marche per applicare la democrazia partecipativa. In una bozza di delibera che circola nella "rete" del Nuovo Municipio il dirigente invita a riferirsi, infatti, alle norme sulla partecipazione e l'accesso e alle nuove regole contabili di Comuni e Province (legge 77/95), in cui viene previsto un ruolo attivo degli "organismi di partecipazione". E consiglia di rimettere mano in questo senso agli Statuti comunali e provinciali. L'incertezza legislativa è, comunque, uno dei lati deboli della collocazione del bilancio partecipativo all'interno dell'ordinamento degli enti. Forti perplessità solleva Mario Viviani, pioniere nel nostro Paese della rendicontazione sociale, che teme iniziative "confuse e un annebbiamento delle responsabilità istituzionali. Con il bilancio partecipativo - dice preoccupato - rischia di passare l'idea che basta la partecipazione per produrre la qualità, ma per raggiungere quest'obiettivo debbono funzionare le rappresentanze". "Le istituzioni rappresentative - obietta Amura - non hanno nulla da temere, il Consiglio comunale recupera la centralità che ha perso".
Gli esempi. A Napoli, gli uffici dell'assessorato al Bilancio, retto da Raffaele Tecce, uno dei primi amministratori di una grande città a credere nella validità del processo, studiano da tempo una delibera per riservare una quota delle spese non vincolate dell'ente al finanziamento delle priorità votate dalle assemblee popolari, ma cercano un meccanismo che evidenzi il ruolo del massimo organo elettivo. A Venezia, la recentissima pubblicazione del bilancio sociale, è stata accompagnata dall'annuncio di una sua naturale "prosecuzione" nel bilancio partecipativo, come modo di dar voce ai cittadini ma senza compromettere obblighi e prerogative dei livelli istituzionali. Un tentativo più compiuto di coniugare partecipazione con efficienza e efficacia è in cantiere a Pieve Emanuele. A metà settembre, il Comune lombardo e la Provincia di Torino terranno un seminario per mettere a punto un sistema di controllo di gestione che porti a rilevare tutte le opacità e le spese improduttive del bilancio di un ente locale. Farà da cavia lo stesso comune di Pieve Emanuele, con l'obiettivo di reperire a costo zero risorse da investire in progetti "partecipati".

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17 agosto 2003
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