La proposta di Amato e Bassanini Un fondo perequativo per il federalismo
In attesa che la maggioranza (e il Governo) si metta d'accordo sulla devolution, sulle competenze di Stato e Regioni e sul principio dell'interesse nazionale, dall'opposizione arriva la prima proposta per l'attuazione del federalismo fiscale previsto dall'articolo 119 della Costituzione. A metterla nero su bianco, sotto forma di disegno di legge (16 gli articoli), è l'Astrid, l'associazione guidata da Franco Bassanini (Ds) che, insieme a Franco Gallo e Giorgio Macciotta, ha elaborato una proposta che stabilisce i criteri e i parametri necessari a realizzare l'autonomia finanziaria e impositiva di Regioni, Province e Comuni. "Le proposte della maggioranza sul federalismo non toccano l'articolo 119 che in ogni caso deve essere applicato" ha spiegato Giuliano Amato, presidente del Comitato scientifico di Astrid. Ecco perché la mancata attuazione dell'autonomia fiscale di Regioni ed enti locali "contrasta non solo con i poteri già oggi attribuiti ma anche con l'eventuale aumento di competenze che la nuova riforma del titolo V all'esame del Parlamento potrebbe realizzare". Se non si interviene, il rischio è che qualunque decisione assunta dall'Esecutivo, a partire ad esempio dal blocco delle addizionali Irpef e Irap, possa finire davanti alla Corte costituzionale perché in contrasto con i principi dell'articolo 119. Regioni, Comuni e Province devono dunque essere messi in condizioni di gestire la propria autonomia. E per questo lo Stato deve garantire le risorse necessarie a sostenere l'integrale copertura delle funzioni attribuite, che si traduce non solo nella copertura dei costi per il funzionamento ma anche di quelli necessari all'erogazione dei servizi. E questo principio deve valere per tutti: tanto per le Regioni più ricche che per quelle dotate di minor gettito. Per realizzare l'obiettivo la scelta è di prendere a riferimento, in prima battuta, la spesa storica dei vari territori nell'ultimo triennio che verrà coperta attraverso un mix di tributi propri, addizionali e aliquote di compartecipazione (a legislazione vigente). L'adozione del parametro della spesa storica (che verrà gradualmente sostenuto dai costi standard) serve anche a svelare una bugia su cui molti hanno taciuto: "La spesa pubblica è molto più alta al Nord che nel Mezzogiorno - ha sottolineato Bassanini -, tant'è che nelle regioni meridionali in cui risiede circa il 36% della popolazione arriva il 27% della spesa pubblica, il resto va al Centro-nord". Le regioni settentrionali, però, producono un gettito di quattro punti inferiore alla loro spesa (senza contare però gli interessi sul debito che per il 90% sono ascrivibili al Nord), mentre il Sud è di due punti al di sotto. L'utilizzazione del criterio della spesa storica tende pertanto "a premiare il Nord", ha aggiunto Bassanini ricordando però, contemporaneamente, l'altro fondamentale anello per la realizzazione del federalismo: il fondo perequativo, che deve consentire a tutte le Regioni di sostenere la spesa storica non coperta da tributi propri e dalle compartecipazioni. Facile a dirsi. Ma come si quantifica questo differenziale? La scelta è di partire dall'ente con la maggiore capacità fiscale, ovvero la Lombardia (altri, tra cui Piero Giarda che inizialmente aveva partecipato alla ricerca, avrebbero preferito prendere come riferimento più Regioni) e di concentrare l'attenzione sull'Iva, quale imposta di compartecipazione perché ritenuta il tributo più omogeneo a livello territoriale. Si arriva così al calcolo della percentuale di gettito che deve essere attribuita a ciascuna Regione e che è pari a 31,873 (si veda la tabella a fianco) cui si aggiunge la quota residua delle accise sugli oli minerali. Questa cifra corrisponde alla cosiddetta quota di equilibrio, ovvero quella che nel 2000 avrebbe consentito alla Lombardia di coprire integralmente la spesa. Da precisare che il riferimento all'Iva è relativo al gettito prodotto sul territorio e che questo annualmente dovrà essere attualizzato al tasso d'inflazione. Lombardia a parte, tutte le altre Regioni, avendo una minore capacità fiscale, dovranno dunque far ricorso al fondo perequativo (sempre in relazione alla spesa storica di ciascuna) il cui ammontare complessivo corrisponderebbe a circa il 25% del gettito Iva prodotto su scala nazionale. Analogo l'approccio per garantire Province e Comuni. Le prime potrebbero contare su una compartecipazione pari allo 0,3036% dell'Iva riscossa sul territorio, mentre il fondo perequativo verrebbe finanziato dallo 0,78% dell'Iva nazionale; per i Comuni, invece, l'imposta di riferimento sarà l'Irpef e la compartecipazione sarà pari al 6,4473% raccolto mentre la perequazione sarebbe garantita dal 3,44% del gettito Irpef complessivo.
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