IN MUNICIPIO

La strada delle fusioni è lunga e soprattutto incerta
Comuni più efficienti senza tagliare il sindaco
L'esercizio congiunto delle funzioni (dal catasto ai vigili) può essere "imposto" dalla Regione senza allarmi per i cittadini

di Tino Bedin

Nel testo iniziale della Legge di Stabilità per il 2015 il governo ha tagliato… le mani ai Comuni, ma non ha tagliato i Comuni. Ha chiesto loro di contribuire con 1 miliardo e 200 milioni di tagli alla stabilità della finanza pubblica, con ciò sollevando la preoccupazione dei sindaci (ed è normale) e anche dei cittadini e delle loro associazioni che hanno ben imparato la lezione: i tagli del governo agli enti locali non sono niente altro che un aumento di tasse per i cittadini, tasse che invece di riscuotere direttamente il governo incamera attraverso le imposte e i servizi dei Comuni.
Ne è nato un ovvio contenzioso che - dopo le impuntature iniziali del presidente del Consiglio - ha portato al confronto ed ora anche ad una serie di emendamenti alla Legge di Stabilità predisposti proprio dal Numero Due del governo, il sottosegretario Graziano Delrio. Con uno di questi, il governo ha rimediato l'iniziale dimenticanza: quella di tagliare i Comuni.

Chi si unisce può spendere. Niente bastone però, a differenza dei tagli da 1 miliardo e 200 milioni che restano: in questo caso si procede con… la carota. L'emendamento depositato alla Commissione Bilancio della Camera dei deputati prevede che "i Comuni istituiti a seguito di fusione a decorrere dal 2011 sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dal quinto anno successivo a quello della loro istituzione, assumendo quale base di calcolo le risultanze dell'ultimo triennio disponibile". Un incentivo, insomma. Ed anche importante: in cambio del… campanile, molti sindaci potranno fare investimenti altrimenti bloccati fin qui. Buona anche la validità retroattiva che evita di beffare i più volonterosi, cioè quelli che hanno provveduto ad aggregare i propri Comuni senza aspettare gli incentivi.
Era stato il commissario alla revisione della spesa Carlo Cottarelli, poco prima di concludere il suo incarico oltre un mese fa, a segnalare - con signorilità - la strada inerzia del governo sul tema della dimensione dei comuni: aveva osservato che l'accorpamento dei Comuni e quindi la riduzione delle amministrazioni locali è stato trattato nelle fasi iniziali della valutazione sulla spending review con Palazzo Chigi, "ma poi non si è più tornati sull'argomento".
Nella stessa circostanza Cottarelli ha espresso la convinzione che "ottomila comuni sono troppi, bisognerebbe pensare ad una riduzione che renda più facile il coordinamento", pertanto sarebbe bene prevedere "un meccanismo premiale per i comuni che si mettono assieme".
Proprio quello che adesso il governo propone al Parlamento.

Prevedibile uno scarso utilizzo. . La scelta viene lasciata ai Comuni. I sindaci interessati potranno discuterne con i loro concittadini. Gli elettori potranno contribuire alla decisione finale, valutando quello che perdono e quello che guadagnano. La procedura è buona dal punto di vista democratico e dal punto di vista amministrativo.
Quanto verrà utilizzata? Probabilmente assai poco. Incentivi alle fusioni dei Comuni ci sono stati anche in passato, ma i loro risultati sono stati modesti. Le opinioni pubbliche sono generalmente restie alle fusioni, viste come una riduzione di identità: molti referendum locali su questo tema sono stati un fallimento.
Deve essere dunque "Roma" a decidere, assumendosi la paternità di cancellare i Comuni?
Non è l'unica strada e non è nemmeno la migliore.
Ce un'altra strada, che porta non… nell'ufficio del sindaco ma in quello del segretario comunale, cioè che invece di ridurre democrazia riduce burocrazia. È la strada dell'accorpamento delle funzioni dei Comuni. Ci sono già buoni esempi, diffusi e variegati: sufficienti per far progredire speditamente nella decisione e poi nell'attuazione.

L'Europa dei Comuni. Per iniziare questo cammino occorre sgombrare il campo da tre pregiudizi.
Il primo riguarda il numero dei Comuni italiani. Ecco un'elaborazione Ancitel su dati Istat del 2014: attualmente in Italia ci sono 8.057 Comuni; di questi, 5.640 hanno meno di 5.000 abitanti. Si tratta, all'incirca, del 70 per cento delle amministrazione locali e del 17 per cento dell'intera popolazione italiana. In tutto poco più di 10 milioni di persone residenti. Il pregiudizio è: 8.057 Comuni sono troppi. È vero? Se ci guardiamo intorno, direi di no: la Germania con 11.334 comuni, il Regno Unito con 9.434, la Francia con 36.680, la Spagna con 8.116, hanno più Comuni di noi. E sono i grandi Stati dell'Unione Europea.
Il secondo pregiudizio riguarda i "costi della politica" locale. Ultimamente è stata attuata una forte riduzione delle rappresentanze politiche nei comuni dai governi Berlusconi e Monti che hanno previsto un taglio del numero dei componenti dei consigli comunali. La recente Legge Delrio, però, ha nuovamente messo mano alla disciplina degli enti locali, confermando le riduzioni. Anche in conseguenza di questa riduzione il costo della politica a scala locale è ormai molto contenuto. Più che un pregiudizio, è un luogo comune, dunque. Se è necessario comunque superarlo, si può accrescere la percentuale di "volontariato" nel servizio politico locale, con una ulteriore riduzione delle indennità.

Non tagli ma risposte ai cittadini. Il terzo pregiudizio è la convinzione che il primo obiettivo per l'organizzazione istituzionale italiana sia oggi "tagliare". "Bisogna tagliare" ripetono in tv tutti più volte al giorno. Non importa che ruolo si ricopra nella comunità: "bisogna tagliare", naturalmente altrove rispetto a dove in questo momento si trova chi lo proclama. Così si finisce per tagliare assai poco o nulla.
Proviamo invece dei "tagli" a proporre ai cittadini dei progetti. Vuoi veder girare per le strade del tuo paese qualche vigile in più, rispetto ai due del tuo Comune? Mettiamo insieme tanti vigili di alcuni comuni e potremo avere un Corpo di Polizia locale più presente, più specializzato, più attrezzato. Sul berretto del vigile non ci sarà lo stemma del tuo comune, ma sarà il "tuo vigile" lo stesso. Proviamo con le assistenti sociali e il risultato è lo stesso. E il bibliotecario comunale potremmo finalmente averlo? Certo.
Insomma guardiano qual è la dimensione giusta per dare efficienza alla gestione dei servizi e all'organizzazione generale; dimensione che può anche essere diversa per la polizia municipale o il catasto, l'urbanistica o la protezione civile, i servizi sociali o l'edilizia scolastica.
Qui si può procedere anche "dall'alto": non sa troppo in alto, ma a livello regionale, come hanno già fatto, ad esempio, Emilia Romagna e Toscana. I sindaci devono solo scegliere con chi stare, ma i servizi vanno resi efficienti ed uniformi con leggi regionali.
Questa strada ha molti vantaggi: riduce effettivamente i costi, perché rende più efficiente la struttura dei servizi e a parità di costo raggiunge obiettivi più attesi dai cittadini; consente alla Regione di coordinare una politica uniforme di servizi locali di base; accresce la preparazione e la mobilità intera del personale della pubblica amministrazione; conserva il controllo democratico da parte dei cittadini attraverso i loro sindaci e i loro consiglieri comunali.
L'emendamento del sottosegretario Gaetano Delrio potrebbe essere perfezionato anche in questa direzione. Probabilmente i risultati sarebbero assai più importanti per i cittadini e per la finanza pubblica.

23 novembre 2014


25 novembre 2014
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