Sulla proposta di testo unificato dei disegni di legge sull'elezione dei sindaci presentata nella seduta del 3 dicembre 2003 della Commissione Affari costituzionali dal senatore Luciano Falcier (Forza Italia), come relatore di maggioranza, l'Ufficio legislativo del Gruppo Margherita-L'Ulivo al Senato ha predisposto una nota illustrativa, che è utile per analizzare i contenuti della proposta.
Il disegno di legge AS n. 132 viene preso in considerazione nella versione del "nuovo testo unificato" proposto dal relatore in data 3 dicembre 2003, nella seduta n. 336 della 1a Commissione Affari costituzionali.
Il testo unificato scaturisce dalla fusione di molteplici iniziative legislative, tra cui alcune presentate da appartenenti al Gruppo della Margherita.
Va preliminarmente osservato come il testo unificato elaborato dal relatore si presenta come una congerie di interventi specifici su disposizioni del d. lgs. n. 267 del 2000, non caratterizzato nel suo complesso da organicità ed omogeneità.
A questo si aggiunge il carattere discutibile, nel merito, ed in alcuni casi sotto il profilo della stessa legittimità costituzionale, delle soluzioni accolte, delle quali si darà conto nel prosieguo della presente nota.
Ad una prima ricognizione critica non possono sfuggire, infine, le omissioni e le lacune del testo proposto su di una serie di tematiche per le quali il testo unico si presenta, invece, bisognoso di integrazioni. Anche di questo si darà conto nel prosieguo della presente nota.
Nell'ambito dell'articolo unico del testo unificato, una prima serie di interventi mira a rafforzare la posizione del Consiglio degli enti locali (Comuni, Province e Città metropolitane), che l'esperienza successiva alle riforme elettorali ed ordinamentali degli anni '90 ha non poco depotenziato rispetto al Sindaco ed alla Giunta.
In questa linea, si prevede un obbligo per gli statuti degli enti locali di prevedere adeguate forme di informazione ai gruppi ed ai consiglieri comunali sulle questioni sottoposte all'esame del consiglio, menzionandosi esplicitamente "le forme di garanzia e partecipazione delle minoranze di cui all'art. 44" (del d. lgs. n. 267 del 2000).
Alla stessa ispirazione, risponde la modifica dell'art. 8, sull'esito delle istanze, petizioni e proposte rivolte al Consiglio, nonché la modifica dell'art 42 volta a valorizzare la competenza del Consiglio in ordine all'adozione di determinati atti quali i piani urbanistici attuativi, l'assunzione di mutui, l'approvazione di progetti oltre un certo importo, l'emissione di prestiti obbligazionari, gli acquisti immobiliari e così via.
Sorprende, in questo quadro, l'assenza di disposizioni che rafforzino la posizione del Presidente del Consiglio quale organo di garanzia del regolare svolgimento dei lavori in seno all'organo e, quindi, della dialettica democratica in seno all'organo maggiormente rappresentativo degli enti locali.
Vero è che la lettera d) dell'articolo 1 propone la modifica dell'articolo 39 del testo unico, eliminando l'assurda previsione dell'attribuzione al Sindaco della Presidenza del Consiglio nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti.
Resta però l'insufficiente configurazione garantista del Presidente del Consiglio e per questo sarebbe quanto mai opportuna l'introduzione, in via emendativa, di un quorum rafforzato per l'elezione del Presidente del Consiglio, in modo da rendere necessario l'apporto delle forze di opposizione, oltre che di quelle di maggioranza, per l'investitura dello stesso.
Per quanto riguarda la valorizzazione delle attribuzioni del Consiglio, perplessità desta la differenziazione di regime tra Comuni fino a 1.000 abitanti, per i quali si prevede la competenza consiliare in ordine alle nomine in enti, aziende ed istituzioni ed altri Comuni, per i quali resterebbe la competenza in capo al Sindaco, anche se sulla base di "indirizzi stabiliti dal Consiglio".
Piuttosto che introdurre elementi di divaricazione in ordine alla forma di governo tra le due categorie di enti locali, sarebbe preferibile introdurre forme di coinvolgimento maggiore del Consiglio nel procedimento di nomina e ciò in termini unitari per tutti i Comuni: si potrebbe utilizzare, a questo proposito, con eventuali aggiustamenti, la soluzione dei pareri resi dalle Commissioni parlamentari per la nomina negli enti pubblici ai sensi della legge n. 15 del 1978.
Al fine di rendere più penetrante la funzione ispettiva e di controllo dei consigli sull'operato degli esecutivi locali, andrebbero introdotte forme di interrogazioni/interpellanze a risposta breve (sul modello del c.d. question time adottato dai regolamenti parlamentari). Si può prevedere, a questo proposito, una integrazione del t.u.e.l. che imponga agli statuti l'adozione di una specifica disciplina sul punto.
Una delle disposizioni di impatto più rilevante del testo unificato in esame è quella del comma 1, lettera f), numero 3, che prevede, nei comuni fino a 1000 abitanti, l'elezione della Giunta da parte del Consiglio, su proposta del Sindaco.
Si tratterebbe di una innovazione che sconvolgerebbe il sistema del governo locale in Italia, modificando la forma di governo dei comuni fino a mille abitanti rispetto a quella degli altri enti locali: è evidente, infatti, che la sottrazione al Sindaco del potere di nomina e revoca degli assessori differenzierebbe notevolmente la posizione dello stesso rispetto al Consiglio. L'effetto di indebolimento della posizione del Sindaco appare amplificato, poi, dalla previsione della lettera g), numero 2), che attribuisce - sempre nei comuni fino a 1.000 abitanti - alla Giunta la nomina dei responsabili degli uffici e dei servizi, nonché l'attribuzione degli incarichi dirigenziali.
Ci si può chiedere quanto sia auspicabile questa forma di "strabismo" della forma di governo degli enti locali del nostro Paese, tralasciando, invece, la via - che sembra prioritaria - di un rafforzamento delle garanzie a tutela delle minoranze in tutti i Comuni e le Province italiane.
La lettera h) del testo unificato interviene sulle attribuzioni dei segretari comunali e provinciali, tentando una "rivitalizzazione" di tale figura, attraverso la previsione di un necessario parere di legittimità del Segretario su tutte le deliberazioni della Giunta e Consiglio. A tale previsione si aggiunge quella della responsabilità amministrativa e contabile del Segretario comunale e provinciale per i pareri espressi. L'intento di rafforzare la posizione ed il ruolo del Segretario comunale e provinciale pare apprezzabile, alla luce anche della "crisi dei controlli di legalità" negli enti locali, verificatasi negli ultimi anni e sancita dalla riforma costituzionale del 2001.
Va però osservato che la norma proposta da un lato non tiene conto del progressivo ridimensionamento dell'importanza dell' "amministrazione per atti", rispetto a quella per "attività", che l'attuale configurazione ordinamentale non consente di ricondurre al riscontro del Segretario comunale e provinciale.
In secondo luogo appare stonata e quasi minatoria la configurazione di una responsabilità amministrativa e contabile per l'attività consultiva prestata dai Segretari comunali e provinciali. Si dovrebbe invece pensare ad un'adeguata valorizzazione di tale parere, con l'obbligo di motivare adeguatamente la deliberazione della Giunta o del Consiglio che si discosti dal parere reso.
Ancora una volta, però, gli aspetti più rilevanti di un rafforzamento e di un recupero di importanza del Segretario comunale e provinciale non sono trattati nel testo in esame: si tratta della sottrazione della "sorte" del Segretario ai mutevoli umori del Sindaco, punto debole della disciplina oggi vigente. In questo sarebbe particolarmente utile l'approvazione di un emendamento che subordini la revoca del Segretario alla motivata deliberazione assunta dal Consiglio a maggioranza qualificata.
La lettera l) del testo unificato consente il conferimento di un terzo mandato ai sindaci dei comuni fino a 1.000 abitanti.
Ancora una volta, ciò che lascia maggiormente perplessi è la proposta di una così netta diversificazione nel regime di funzionamento dei comuni, a seconda della dimensione degli stessi.
La lettera m) del testo unificato modifica il sistema elettorale dei comuni fino a 1000 abitanti, introducendo una ripartizione proporzionale di tutti i seggi, nel caso in cui una lista abbia ottenuto più dei due terzi dei voti validi.
i tratta di una previsione di cui si fatica a comprendere la razionalità: in particolare appare di dubbia conciliazione con il comma otto dell'art 71 (rimasto immutato) il quale prevede, nei comuni fino a 15.000 abitanti, il premio di maggioranza di 2/3 dei seggi per la lista del candidato sindaco che ha ottenuto il maggior numero di voti.
L'inserimento (eventuale del comma 8-bis proposto) determinerebbe così una schizofrenica disciplina che prevede il (forse eccessivo) premio di maggioranza dei 2/3 dei seggi per il caso di lista che consegue la maggioranza relativa. Nel caso, però, si vinca... troppo (2/3 dei voti validi) si viene puniti con la ripartizione proporzionale di tutti i seggi.
Piuttosto che soffermarsi sulla palese incostituzionalità di questo combinato disposto, si potrebbe forse avviare una riflessione sull'opportunità di ridurre l'entità del premio di maggioranza prevista nel comma 8 del vigente articolo 71.
La lettera o) del testo unificato introduce un inedito potere di sostituzione del Sindaco nei confronti dei dirigenti e degli altri dipendenti dell'ente , in ipotesi di inerzia.
L'introduzione di una competenza sostitutiva del Sindaco nei confronti di organi della pubblica amministrazione appare in controtendenza con il principio di separazione-distinzione tra politica e amministrazione, progressivamente delineatosi nel corso degli anni '90.
Sembra molto più congrua e rispondente a tale principio la conservazione del sistema vigente che prevede il ricorso ad una nomina di un Commissario ad acta, nelle ipotesi di inerzia giudizialmente accertata dell'amministrazione.
La lettera q) tende a reintrodurre un controllo eventuale di legittimità delle deliberazioni della Giunta, del Consiglio, di funzionari e dirigenti, affidandone, nelle more della disciplina statutaria, la competenza al collegio dei revisori dei conti.
La norma intende offrire un più saldo fondamento alle previsioni statutarie che reintroducano forme di (auto)controllo di legittimità sulle deliberazioni più rilevanti degli enti locali.
In questa prospettiva appare però piuttosto invasiva per la sua analiticità la disciplina proposta che lascia agli statuti spazio soltanto per l'individuazione dell'organo deputato al controllo.
In secondo luogo, criticabile appare la scelta di attribuire in via transitoria la competenza ad esercitare il controllo al collegio dei revisori dei conti, in quanto si tratta di organo non in possesso delle necessarie competenze tecnico-giuridiche.
Le lettere s), t), u), v) si occupano, a vario titolo, dei controlli interni.
Appare criticabile la soluzione della lettera t) in ordine alla composizione dell'organo di revisione, in quanto sottrae ogni determinazione all'ente locale, trasferendola al Presidente della Giunta regionale ed, addirittura, al Prefetto.
Al fine di assicurare che l'organo di revisione non sia uno mero strumento della maggioranza, appare invece sufficiente - e necessario - nel quadro dell'attuale disciplina dell'art. 234 t.u. adottare la tecnica del voto limitato (ad un componente) per l'elezione da parte dell'organo consiliare, mentre nei comuni per i quali è previsto un solo revisore pare opportuno prevedere una nomina a maggioranza qualificata del consiglio stesso.
9 dicembre 2003
Tocca ai cittadini o alla legge rinnovare i sindaci a primavera?
La proposta di testo unificato di modifica
Il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali
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