di Gabriele Donola
C'è un rischio di omologazione al pensiero unico, e quindi di vera e propria sudditanza ideologica, in base al quale lo sviluppo economico va inteso e misurato esclusivamente in senso quantitativo (aumento del PIL, dei consumi e dell'occupazione), e che il mercato sia lo strumento più idoneo, se non l'unico, a garantire questo tipo di crescita.
Essendo dominante nel dibattito internazionale, sia a livello accademico che politico, la visione neomonetarista, e gli indirizzi concreti che essa impone, anche la sinistra è costretta ad accettare i fini ed i vincoli imposti, ritirandosi in posizione difensiva od adeguandosi alle parole d'ordine dominanti (riformismo, modernità, governo del cambiamento, ecc…).
Tutto questo avviene in un quadro generale di diminuzione dei poteri di controllo, programmazione ed indirizzo dei poteri pubblici, in particolar modo di quelli che sono espressione delle comunità locali, a vantaggio dei meccanismi di mercato e più ancora delle oligarchie (nel senso letterale di pochi e potenti) che presiedono le grandi banche e le grandi aziende, anche a livello.
Cambiare le premesse.
Non ha senso, in una società che ha raggiunto il nostro livello di "benessere", parlare ancora di sviluppo economico inteso puramente come crescita quantitativa del fatturato, della competitività, dei consumi, soprattutto energetici, e dell'occupazione (che cresce, ma diventa di qualità sempre più scarsa: flessibilità e precariato).
Avrebbe senso, invece, incominciare a riflettere sul fatto che l'attività economica, prima ancora che alla crescita quantitativa, dovrebbe tendere alla conservazione della vita umana, dell'ambiente e della civiltà (intesa come insieme di valori) che l'uomo ha finora costruito, e che la sinistra non può più parlare di giustizia sociale senza coniugarla con la conservazione e l'accessibilità alle risorse ambientali per noi e per le generazioni future (vedi il recente lavoro di Wolfgang Sachs "Ambiente e giustizia sociale", Editori Riuniti - 2002).
Per i molti che vengono da una formazione politico-sociale di tipo cattolico si aggiunge l'ulteriore esigenza di vedere effettivamente praticati in ambito economico quei principi di partecipazione, democrazia, solidarietà e giustizia che da oltre un secolo la dottrina sociale della Chiesa va elaborando, pur fra molti limiti e ritardi, anche di tipo strettamente interpretativo della realtà esistente.
Il governo locale.
Il mio sforzo di riflessione tenta di applicare i semplici concetti espressi alle esigenze poste dal governo delle amministrazioni locali (pensando in concreto alle elezioni amministrative del prossimo anno).
Salvaguardia dell'ambiente: rafforzamento della tutela delle zone che costituiscono una vera e propria riserva naturalistica ed ambientale, come il Parco dei Colli Euganei, i corsi dei fiumi Brenta e Bacchiglione, la zona lagunare.
Salvaguardia del territorio: nuova legge urbanistica regionale, che trasferisca le competenze di pianificazione alle Province, attraverso il P.T.P., per perseguire alcuni obiettivi primari: pianificazione sovracomunale delle zone artigianali e produttive, forte tutela delle zone agricole, coordinamento e vera programmazione dello sviluppo residenziale per impedire veri e propri fenomeni di "dumping territoriale" (piccoli e medi comuni che favoriscono una edificazione intensiva, che risponde soprattutto ad una domanda di tipo speculativo - la casa come investimento invece che come bene da abitare -) attraverso il quale gli enti locali recuperano risorse finanziarie difficilmente reperibili in altri modi.
Controllo della risorsa acqua: i nostri comuni stanno perdendo il controllo della prima e più importante fonte della vita umana; l'acqua è sempre più scarsa, inquinata ed incontrollabile nei suoi corsi, ma in compenso i comuni hanno aderito agli A.t.o. e stanno affidando la gestione a società che per il momento sono sotto il controllo pubblico, ma che potrebbero perdere le gare per la gestione, che la normativa europea impone, a favore di grandi gruppi privati, anche multinazionali; ma il prof. Putrella, uno dei massimi esperti a livello mondiale su tali questioni, ha dimostrato chiaramente come sia una pia illusione separare la proprietà pubblica dalla gestione privata pensando che il pubblico possa mantenerne il controllo e l'indirizzo; la vera politica dell'acqua la farà il detentore della tecnologia, e quindi, in prospettiva, le grandi società private di gestione, esautorando le comunità locali dei poteri di governo di una delle risorse che dovrebbe essere pubblica per definizione (l'acqua come bene-diritto accessibile a tutti e patrimonio comune dell'umanità).
Diminuire il traffico invece che fare sempre nuove strade: in questo campo assume un ruolo fondamentale, al di là dell'istituzione della città metropolitana, il coordinamento tra il comune di Padova e quelli della cintura urbana, nonché la capacità della Provincia di farsi promotrice di mezzi di trasporto alternativi all'automobile, questione collegata alla razionale programmazione delle zone produttive e commerciali.
Maggiore ruolo pubblico delle banche locali: in particolar modo delle Banche di credito cooperativo e delle Casse di Risparmio, che dovrebbero assumere anch'esse una visione più "etica", anche in senso operativo; il capitale quindi messo a disposizione non solo dello sviluppo delle aziende, ma anche dello sviluppo umano e culturale; credito che aiuta di più la ricerca scientifica, l'istruzione superiore e la formazione professionale, nonché la cooperazione allo sviluppo, posto che una delle vie obbligate per superare la precarizzazione del lavoro sembra quella di elevare il livello generale di preparazione dei lavoratori di tutti i settori e livelli.
Questioni istituzionali.
Si può notare come sia sempre più necessario un coordinamento tra i comuni, a vari livelli e per diverse questioni; nel quadro delle riforme Bassanini e del nuovo titolo V della Costituzione (nonché del nuovo statuto regionale, se fosse fatto bene), questo ruolo potrebbe essere svolto egregiamente da un Ente provinciale, anche adeguatamente riformato.
Resta aperta la questione di fondo: le assemblee elettive perdono sempre più il controllo ed il senso della direzione dei grandi processi economici, per cui le grandi scelte, che poi influiscono sull'assetto dei nostri territori, vengono determinate in altre sedi; governatori, presidenti, sindaci e giunte varie si adeguano, si difendono, quando addirittura non aprono la strada a tale situazione.
1 settembre 2003
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