Sarà l'Unione Europea a bloccare l'iniziativa del
centro-destra italiano di discriminare fra le cooperative? A nome del Gruppo
Margherita-DL, ho espresso nella Giunta per gli Affari europei il voto contrario sul
disegno di legge di riforma del diritto societario, proprio perché ritengo che le nuove
norme introdotte dall'articolo 5 del disegno di legge siano in contrasto con la normativa
europea.
Le norme particolari che attualmente regolano la cooperazione italiana (e non solo: in
almeno la metà degli stati dell'Unione il movimento cooperativo ha dimensioni sociali
come in Italia) si possono far rientrare nella categoria europea degli "aiuti di
Stato", che sono giustificati dalle finalità perseguite: solidarietà, mutualità,
compartecipazione. Ebbene, ci sono due criteri per l'erogazione degli aiuti di Stati sui
quali l'Unione Europea è estremamente vigile: sono i criteri della oggettività e della
omogeneità.
Il criterio dell'oggettività esclude ogni potere discrezionale da parte dell'autorità
pubblica che eroga gli aiuti. L'attuale legge italiana sulla cooperazione rispetta questo
principio: il meccanismo della detassazione degli utili indivisibili mandati a riserva
opera in modo del tutto automatico e non consentono nessuna discrezionalità in
riferimento a elementi che sono agevolmente e oggettivamente valutabili. Con il meccanismo
previsto dall'articolo 5 della legge in discussione sarà invece il governo a decidere a
quali cooperative verranno applicate le nuove norme.
In questa maniera viene leso l'altro principio europea in materia di interventi economici,
quello della omogeneità. L'articolo 5, se approvato, consentirà di applicare le
disposizioni europee in materia di aiuti di Stato in modo differenziato tra cooperative,
unicamente sulla base dei settori in cui operano.
La configurazione di tre categorie di cooperative - cooperative costituzionalmente
riconosciute, cooperative non riconosciute e cooperative del settore bancario e dei
consorzi agrari - oltre che non essere prevista dall'articolo 45 della Costituzione
presenta dunque profili di contrasto con il Trattato sulla Comunità europea. Questo è il
punto giuridico che motiva il voto contrario per gli aspetti comunitario al disegno di
legge.
Ma ci sono anche scelte politiche complessive dell'Unione Europea che la nuova disciplina
delle cooperative finirebbe per contrastare.
Un collega di Forza Italia, ad esempio, ha sostenuto che nel settore della distribuzione
le cooperative "vere" sarebbe solo quelle che vengono ai soci con lo sconto: Si
tratta di una visione del tutto superata della cooperazione e soprattutto dei vantaggi che
la partecipazione diretta dei consumatori alle scelte del mercato può procurare: penso
alla politica della qualità alimentare sulla quale l'Unione è fortemente impegnata e che
la cooperazione al consumo può favorire.
Le nuove norme votate dalla maggioranza vanno poi in direzione opposta agli orientamenti
affermati in ambito comunitario, ultimamente anche con le recenti decisioni del Parlamento
europeo, in materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. I dati
aggiornati, solo a stare alle fonti ufficiali, indicano una realtà cooperativa formata da
circa sessantamila cooperative, se si considerano quelle con addetti, e da oltre
ottantamila, se si considerano anche quelle senza addetti, con oltre 7 milioni di soci. È
dunque, quella della cooperazione, una realtà profondamente radicata nella nostra
struttura sociale. Una conferma viene anche dalla capacità della cooperazione di cogliere
esigenze complesse della società contemporanea, come quelle socio-sanitarie ed educative:
la cooperazione è stata la prima a dare una risposta significativa con la creazione,
negli ultimi anni, di oltre 3.500 cooperative che operano nei settori più esposti
dell'organizzazione sociale.
Quest'ultima e più recente evoluzione dimostra come sia insostenibile uno dei criteri
introdotti dal disegno di legge per la cooperazione "protetta": quello dello
svolgimento di attività prevalentemente in favore dei soci o con il lavoro prevalente dei
soci. Si tratta del resto di un criterio totalmente ignoto alla Costituzione. Ed è grave
che questo sconvolgimento del mondo cooperativo in una materia costituzionalmente
disciplinata possa avvenire non attraverso una legge ordinaria assistita dalle garanzie
tipiche del procedimento legislativo, ma addirittura mediante un decreto legislativo.