Dall'aeroporto di Reykjavik centinaia di migliaia di persone entrano nell'Unione Europea
L'Europa ha una porta... in cielo
L'Islanda è nello Spazio Schengen, anche se non è membro dell'Ue
Il Comitato bicamerale di controllo sul Trattato di Schengen sta conducendo un'indagine conoscita sullo Spazio "senza frontiere" dell'Unione Europea. Una delegazione del Comitato ha compiuto una missione di due giorni in Islanda, sia per la particolarità di uno Stato che è nello Spazio Schegen, ma non nell'Unione Europea, sia per la verifica di alcune nuove procedure di controllo aeroportuale. Il Comitato ne ha discusso poi nella seduta del 21 settembre 2005. Riportiamo l'intervento del senatore Tino Bedin, capogruppo della Margherita nel Comitato Schegen e componente della delegazione che ha visitato l'Islanda.
intervento di Tino Bedin capogruppo Margherita nel Comitato Schengen
L'area Schengen, cioè lo spazio "senza frontiere interne" nell'Unione Europea, è come un grande condominio. Certo chi abita al pianterreno si trova spesso ad essere l'unico a dover controllare il viavai di coloro che si recano nei piani più alti. E l'Italia, che si trova alla base del "condominio" Europa, con l'accesso che dà direttamente sul "cortile Mediterraneo", è particolarmente interessata a non trovarsi da sola a doversi occupare di movimenti di persone ed in particolare di immigrazione clandestina.
Crocevia tra Europa e Stati Uniti
La missione del Comitato parlamentare Schengen in Islanda si è dimostrata molto utile in quanto abbiamo verificato, nell'ambito dell'area Schengen, l'esistenza non solo di un "piano terra", ma anche di un "piano più alto", con un grande terrazzo sul quale atterrano migliaia di aerei e attraverso il quale transitano centinaia di migliaia di persone verso i piani più bassi.
La particolare situazione geografica dell'Islanda fa anche sì che, di fatto, il paese abbia un solo posto di frontiera verso i paesi extra-Schengen, cioè l'aeroporto internazionale di Keflavìk. Lo scalo aeroportuale islandese, collocato nel perimetro di una importante base aerea degli Stati Uniti, rappresenta un importante "ponte" nei collegamenti tra i paesi del Nord Europa e l'America, grazie anche alla politica commerciale seguita ormai da molti anni dalla compagnia di bandiera islandese Icelandair, che effettua, in regime di monopolio, collegamenti, con scalo a Keflavìk, dall'Europa agli Stati Uniti e viceversa a tariffe competitive. Peraltro il dato numerico che si riscontra in Islanda, relativo al movimento aereo giornaliero da e per gli Stati Uniti, è più rilevante che in tutti gli altri Stati nordici.
Questi particolari legami e rapporti con gli Stati Uniti - il cui sistema di ingresso è abbastanza permeabile, come abbiamo verificato nel dicembre scorso nella missione a New York - hanno accresciuto l'importanza di poter verificare l'efficacia dei controlli di identificazione. L'aeroporto di Keflavik è effettivamente un luogo ideale per la sperimentazione di avanzate misure di sicurezza e di identificazione attraverso i dati biometrici.
Chi renderà giustizia?
SUn secondo tema istituzionale riguarda la "giustiziabilità" dei diritti umani all'interno dell'Unione Europea. Il commissario Frattini ci ha informati della volontà dell'Unione europea di aderire alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e della conseguente possibilità di adire alla Corte di Strasburgo per la salvaguardia dei diritti umani.
Questo percorso non è finora possibile perché l'Unione Europea non è istituzionalmente uno "Stato" e quindi non può aderire. Potrà farlo una volta entrata in vigore la prima Costituzione europea che assegna personalità giuridica all'Unione.
Mi pare politicamente importante questo percorso, sul quale la Commissione europea si è già incamminata, in modo da raggiungere il traguardo non appena la Costituzione sarà ratificata.
I diritti umani - come ho detto a proposito del ruolo dei Parlamenti - sono però elementi costitutivi della cittadinanza europea. Un'Unione con propria personalità giuridica, un'Unione di stati ma anche di cittadini, secondo la definizione del Trattato costituzionale, non potrà quindi "delegare" ad un organismo esterno (pur importante e con molta esperienza, quale è la Corte di Strasburgo) la giustiziabilità degli elementi della cittadinanza europea. È indispensabile che sia un'istituzione dell'Unione, la Corte di giustizia di Lussemburgo, a "rendere giustizia" ai diritti umani all'interno dell'Unione. Commissione, Consiglio e Parlamento europei dovranno tempestivamente creare le condizioni giuridiche ed operative perché questo avvenga.
Si tratta, lo ripeto, di una fondamentale espressione della cittadinanza europea. Si tratta di un'assunzione diretta di responsabilità, cui l'Unione non può sottrarsi, pena una riduzione della sua evoluzione politica e civile.
Ovviamente questo - come ho detto - non contrasta con l'adesione alla Convenzione europea, ma la inserisce in un contesto giuridicamente più compiuto. L'Unione Europea deve infatti continuare a sostenere queste istituzioni internazionali (cito anche il Tribunale penale internazionale) che hanno svolto e svolgeranno un compito di persuasione e di indirizzo in tema di diritti universali ed individuali, ma con la consapevolezza di avere un ruolo ed una responsabilità diretta nei confronti dei propri cittadini.
Un'eredità dell'Unione nordica dei passaporti
La missione è stata particolarmente utile anche dal punto di vista degli sviluppi istituzionali dello Spazio Schengen, per il particolare status dell'Islanda, che non è uno Stato membro dell'Unione Europea.
L'Islanda partecipa dal 25 marzo 2001 alla cooperazione Schengen in qualità di paese associato, a seguito della sua adesione all'Accordo di Schengen ed alle relative convenzioni, avvenute il 18 maggio 1999. L'ingresso dell'Islanda - paese pur al di fuori dell'Unione Europea - nella cooperazione Schengen, è dovuto all'esigenza fortemente sentita da parte islandese di preservare nella sostanza l'Unione nordica dei passaporti - accordo sulla libera circolazione delle persone, firmato nel 1957 tra i cinque paesi nordici - anche dopo che Danimarca, Svezia e Finlandia - i tre paesi nordici membri dell'Unione Europea - fossero entrati nell'area Schengen. Molto probabilmente l'Islanda, ha deciso di aderire a Schengen - non cogliendone lo spirito - per evitare la fila da parte dei propri cittadini al controllo dei passaporti e anche per non farli sentire diversi dagli altri cittadini europei.
In anticipo la lista dei passeggeri
La delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, in due giorni di colloqui il 14 e 15 settembre ha avuto come interlocutori principali, al Ministero degli esteri, l'ambasciatore Sigridur A. Snaevarr; al Ministero della giustizia, il direttore responsabile per gli affari Schengen nonché il presidente e alcuni componenti del comitato esteri del Parlamento islandese. Ci siamo inoltre incontrati con il capo della polizia di Stato e con il prefetto, direttore dell'aeroporto internazionale di Keflavik, uno degli aeroporti di Reykjavik. Particolarmente interessanti sono state le visite svolte dalla delegazione all'aeroporto, al centro S.I.Re.N.E., nonché alla centrale di comunicazione nazionale a Reykjavik.
Da questi confronti, è innanzi tutto emersa la necessità che le procedure, all'interno dell'area Schengen, siano omogenee, in particolare per quanto attiene all'identificazione dei passeggeri, sia nei voli interni all'Unione sia in quelli esterni (ritengo che questa sia una delle indicazioni che il Comitato potrà fornire al termine dell'indagine conoscitiva), e alla protezione dei dati.
In Islanda, grazie all'esistenza di un unico scalo aeroportuale e alla politica seguita dalla compagnia di bandiera che effettua collegamenti da e per gli Stati uniti in regime di monopolio, la comunicazione delle liste passeggeri di ogni aereo, alcune ore prima dell'arrivo o della partenza, ha dimostrato di garantire la sicurezza dei controlli. Tale sistema andrebbe senza dubbio adottato in modo da garantire un trattamento uniforme nei confronti dei cittadini.
Nello Spazio di libertà, giustizia e sicurezza
Sul piano isituzionale, cito i limiti della sola adesione da parte di quel paese allo spazio Schengen che ritengo siano emersi nell'ambito della prospettiva, quella della nuova costruzione europea, dell'indagine conoscitiva in corso: non vi è una stretta integrazione con Europol ed inoltre, con riferimento alla protezione dei dati, non ci sono elementi comuni in relazione allo spazio di libertà, giustizia e sicurezza. Quindi, pur considerando certamente interessante l'opportunità offerta all'Islanda di far parte dello spazio Schengen in seguito alla sua adesione all'Unione nordica dei passaporti, sarebbe opportuno che l'adesione attenesse anche allo Spazio di sicurezza, libertà e giustizia.
Dico la partecipazione almeno questo Spazio istituzionale, visto che l'Islanda ha sì avuto interesse ad aderire al sistema di Schengen, ma non sembra affatto interessata ad entrare nell'Unione europea. I cittadini islandesi sono pochi ma in realtà viaggiano moltissimo, con una media di tre viaggi all'anno per persona. È in parte vero che la libera circolazione delle persone è un qualcosa di più rispetto al contenuto di Schengen; tuttavia si tratta di due aspetti quasi imprescindibili, la libera circolazione delle persone non è avulsa dal problema relativo alla sicurezza e al controllo.
Su questa strada si muove la decisione dell'Islanda si essere anche membro della neoistituita Agenzia europea delle frontiere, con diritto di voto, seppure limitato a causa della non partecipazione del paese all'Unione Europea. Devo anche sottolineare che nel corso della visita al ministero della giustizia, è emerso come la politica islandese sia improntata ad una massima collaborazione con l'Unione europea nel settore della sicurezza.
Il percorso per nuove adesioni
Anche per questo, credo dunque che i paesi non membri dell'Unione che aderiscono a Schengen debbano stringere con l'Unione europea rapporti anche nell'ambito dello Spazio di libertà, giustizia e sicurezza.
Mi pare che questo modello possa essere applicato specificamente all'Islanda, ma anche all'ipotesi di ingresso in Schegen della Svizzera e a tutti quei paesi che potrebbero usufruire di questa esperienza. Per quanto riguarda il futuro immediato di un possibile allargamento dell'esperienza Schengen, ritengo che si debba far tesoro a livello europeo dell'esperienza islandese ed in generale dei paesi nordici. Credo che potrebbe costituire una "falla" associare paesi al di fuori dell'Unione europea al trattato di Schengen immediatamente. Così come credo che paesi di nuova ammissione, come la Bulgaria e la Romania, dovrebbero dapprima sperimentare al loro interno tutte le procedure volte a garantire la libertà di circolazione delle persone, magari per qualche anno, per poi entrare nello spazio Schengen.
Questo discorso vale ancora di più per i paesi dell'area mediterranea, di cui fa parte l'Italia che ha certamente interesse a che le frontiere siano spostate da Roma a qualche aeroporto nel sud del Mediterraneo. La promozione, nell'ambito della Assemblea parlamentare euro-mediterranea, di collaborazioni in materia di passaporti potrebbe favorire tale sperimentazione ed il successivo ingresso nello spazio Schengen, così importante dal punto di vista economico e turistico.
Parlamento, Comitato Schengen, 21 settembre 2005 |