EUROPEI

Conferma di un atteggiamento di sfiducia nei confronti dell'Unione
Il centrodestra riduce la collaborazione
prevista dal mandato d'arresto europeo

Norme farraginose, limiti all'applicazione, passi indietro rispetto alla situazione attuale

intervento di Tino Bedin segretario della Commissione Europa

La decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, istituisce il mandato d'arresto europeo per semplificare le procedure di estradizione e consegna dei ricercati o condannati attualmente vigenti tra gli Stati membri dell'Unione europea.
Pur accelerata dalla necessaria risposta che l'Europa aveva deciso di dare agli attentati dell'11 settembre dell'anno prima, quella scelta - approvata in sede europea anche dall'Italia - non era certo improvvisata. La decisione quadro porta infatti nelle premesse quattordici "considerata" che richiamano i precedenti atti del Consiglio dell'Unione Europea in materia di cooperazione giuridica e di polizia, i riferimenti giuridici essenziali presenti nel Trattato dell'Unione in merito al tema dei diritti fondamentali e comunque inerenti alla stessa materia, e tutti i riferimenti ai precedenti trattati o convenzioni firmate in ambito CEE, UE e Consiglio d'Europa in materia di estradizione, consegna dei condannati e tutela dei dati personali.

Confermata la "sovranità" nazionale
In queste premesse c'è dell'altro. Vi sono enunciati alcuni principi condivisi in Europa. Ne scelgo tre, che servono anche a fugare gli infondati dubbi con i quali la maggioranza ha finora ritardato l'attuazione in Italia della decisione europea.
1. Spetta all'autorità giudiziaria di ciascuno Stato membro in cui il ricercato sia arrestato in forza di un mandato europeo controllare e decidere rispetto allo stesso mandato; esso non può quindi avere in nessun caso efficacia automatica. Riferendosi all'articolo 18 il relatore ha sollevato l'opportunità di chiarire fin dall'articolo 1 che restano ferme le norme sulla giurisdizione dei singoli Stati sui fatti di reato addebitati ai singoli. L'indicazione c'è già nella decisione-quadro; il richiamarla come norma nella legge italiana non farà che rafforzarla.
2. Le norme relative al mandato d'arresto europeo possono essere sospese esclusivamente nel caso in cui uno Stato membro violi i principi contenuti nell'articolo 6, par. 1, del Trattato dell'Unione (diritti fondamentali dell'uomo, democrazia, libertà, Stato di diritto), secondo la procedura di accertamento fissata dall'articolo 7 del medesimo Trattato.
3. Le norme della decisione-quadro non impediscono l'attuazione delle rispettive norme costituzionali degli Stati in merito al "giusto processo" e alle libertà fondamentali.

La definizione di "mandato d'arresto europeo"
Sulla base di questi principi fondamentali, la decisione quadro stabilisce la natura dell'arresto europeo, definito una "decisione giudiziaria" dello Stato membro emittente, e al quale gli altri Stati "danno esecuzione" (articolo 1).
L'articolo 2 della decisione individua il campo d'applicazione del mandato d'arresto: esso, infatti, può essere emesso da ciascuno Stato per fatti punibili in base al suo stesso ordinamento (sia nel caso di pene da eseguire che di misure di sicurezza privative della libertà), seppure per quei fatti che comportano pene o misure di sicurezza comprese entro termini di durata indicati.
Al successivo paragrafo 2 sono indicati i reati in base ai quali non si può negare, in quanto tali, l'esecuzione di un mandato d'arresto europeo; infatti, purché comportino pene o misure di sicurezza uguali o superiore ai tre anni di reclusione, essi configurano un obbligo di consegna da parte degli Stati che non abbiano addotto altre ragioni per rifiutare l'esecuzione del mandato, anche senza che essi siano punibili in base ad entrambe le giurisdizioni dello Stato emittente e ricevente (la cosiddetta "doppia punibilità"). L'applicazione è completata nel paragrafo 4, in cui si afferma che per tutti gli altri reati i singoli Paesi possono subordinare la consegna a una verifica della corrispondenza tra il reato contestato e la propria giurisdizione.
All'articolo 3 sono indicate le fattispecie in base alle quali i singoli Stati hanno l'obbligo di non eseguire il mandato di arresto europeo, mentre al successivo articolo 4 quelle in cui essi hanno la facoltà di rifiutarsi.
Segue all'articolo 5 l'enunciazione di eventuali ulteriori garanzie che gli Stati riceventi possono richiedere in forza di leggi vigenti in questi ultimi a quelli emittenti in determinati casi.
L'articolo 6 individua le autorità giudiziarie competenti ad emettere il mandato d'arresto in ciascuno Stato; sono autorità stabilite dalla legge nazionale di ogni Stato dell'Unione. I restanti articoli (7-31) stabiliscono i requisiti formali del mandato, le procedure per l'emissione e la ricezione dello stesso, e quelle sull'adozione delle decisioni in merito all'esecuzione.

Se ne discute su iniziativa dell'opposizione
La decisione-quadro sul mandato di arresto europeo avrebbe dovuto essere introdotta negli ordinamenti degli Stati membri, secondo l'articolo 34, par. 1 della stessa decisione, al più tardi il 31 dicembre 2003. Il termine non è stato rispettato dall'Italia, oltre che da Germania, Grecia, Francia e Belgio. La Germania, la Grecia e l'Italia si sono impegnate a adeguarsi entro il 30 giugno 2004.
Il 30 giugno è passato ed è così scaduto il tempo supplementare concesso all'Italia per adeguarsi alle norme sul mandato di cattura europeo. Eppure il termine iniziale era il 31 dicembre 2003 era stato fissato fin dal 13 giugno 2002 ed era stato sottoscritto anche da Silvio Berlusconi. Sempre il presidente del Consiglio ha sottoscritto la dichiarazione sulla lotta al terrorismo, adottata dal Consiglio europeo del 25 e 26 marzo di quest'anno, in cui i governi degli Stati membri dell'Unione hanno fissato il 30 giugno quale data ultima per introdurre in tutti i paesi regole comuni in tema di mandato di arresto, allo scopo - è detto nel documento - di dotarsi di strumenti legislativi, amministrativi e giudiziari più efficaci contro i fenomeni terroristici.
Anche l'impegno preso tre mesi fa non è stato onorato dalla maggioranza e dal governo.
A nulla sembra essere poi valsa la "comunicazione" della Commissione europea del novembre 2003, sostenuta da una risoluzione del Parlamento europeo di cui è stato relatore Francesco Rutelli e votata anche dai deputati europei di Forza Italia, volta a raccomandare agli Stati membri il rispetto dei termini per l'attuazione della decisione quadro. Come a nulla è valso il richiamo del Capo dello Stato, nel marzo scorso, ad attuare le decisioni europee, e a farlo nel minor tempo possibile.
Del resto il governo non ha adottato alcuna iniziativa legislativa per il recepimento della decisione-quadro, come avviene sempre per le decisioni internazionali. Il disegno di legge di recepimento è infatti di iniziativa parlamentare dell'opposizione. Quel testo è stato profondamente rimaneggiato nel corso della discussione alla Camera dei Deputati, tanto che secondo i deputati dell'opposizione esso è stato "stravolto" rispetto all'impostazione originaria, tanto da determinarli al ritiro delle proprie firme in concomitanza con l'approvazione del testo della Commissione Giustizia, il 20 novembre 2003.
Il disegno di legge presenta infatti numerosi dubbi di compatibilità con la decisione che intende recepire.

Profonda sfiducia nei confronti dei meccanismi di collaborazione giudiziaria a livello europeo
Segnalo, a titolo di esempio, l'articolo 3, che introduce la riserva parlamentare nel caso di ampliamento delle ipotesi di mandato di arresto previste dall'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro. Quest'ultima prevede infatti all'articolo 2, comma 2, che il Consiglio europeo possa, a certe condizioni, estendere o modificare la lista dei reati fissata all'articolo 2.
L'articolo 3 del disegno di legge prevede che le proposte di modifica debbano essere presentate alle Camere dal Presidente del Consiglio, chiedendo loro di "esprimersi al riguardo", e che la "pronuncia non favorevole della Camera dei deputati o del Senato è vincolante e non consente l'adesione dello Stato alle modifiche proposte".
Si tratta di un meccanismo decisionale dubbio sotto i profili dell'opportunità e, comunque, non necessario. Il relatore ha anche evidenziato che questa norma non è coerente con il meccanismo della riserva parlamentare che - con l'accordo di tutti - riteniamo utile introdurre nella riforma della legge La Pergola. Ha anche evidenziato che il parere negativo di una delle due Camere non può avere valore vincolante. Concordo con le indicazioni del relatore e proponiamo che siano trasfuse nel parere.

Il ministro della Giustizia figura centrale per le decisioni in materia di mandato di arresto
L'articolo 4 del disegno di legge designa il ministro della Giustizia come "autorità centrale competente per assistere le autorità giudiziarie competenti", cui è attribuito il potere di trasmettere la richiesta all'autorità giudiziaria territorialmente competente.
Il relatore ha già richiamato l'attenzione su questo punto che sterilizza una delle pr
incipali novità contenute nella decisione-quadro, ossia l'eliminazione del filtro del ministero della Giustizia.
Tale scelta appare assolutamente non funzionale alla celerità delle azioni in materia, e appesantisce i procedimenti ben potendo le richieste essere inviate direttamente all'Autorità giudiziaria competente sul territorio. È d'accordo anche il relatore che suggerisce di introdurre un comma aggiuntivo per la trasmissione all'autorità giudiziaria competente della corrispondenza ufficiale ricevuta da uno Stato membro.
Concordo ancora con il relatore quando, richiamando l'articolo 17 della decisione-quadro, suggerisce di introdurre la disposizione che il ministro della Giustizia trasmetta il mandato d'arresto alla autorità giudiziaria competente "senza ritardo".

Adempimenti che rendono inutilmente difficoltosa l'esecuzione del mandato di arresto
L'articolo 6 del disegno di legge prevede che la richiesta di mandato di arresto sia corredata da numerosi documenti che certamente appesantiscono e rendono inutilmente difficoltosa l'esecuzione del mandato di arresto. Mi riferisco, per esempio, alla richiesta di una relazione sui "fatti addebitati alla persona della quale è domandata la consegna, con l'indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica" (art. 6, comma 2, lettera a) e, soprattutto, alla previsione secondo la quale "il mandato d'arresto europeo dovrà pervenire tradotto in lingua italiana" (art. 6, comma 7).
Dubbia compatibilità con la decisione quadro che pretende di attuare. Faccio riferimento ad alcune specifiche norme, che richiamo puntualmente anche per chiedere al relatore di valutarne al fine dell'estensione del parere.
1. L'articolo 8, comma 1 individua alcune fattispecie che, indipendentemente dalla doppia incriminazione, devono dar luogo alla consegna in base al mandato di arresto europeo, ma introduce (art. 8, commi 2 e 3) due condizioni - non previste dalla decisione-quadro - che, di fatto, impediscono l'esecuzione del mandato stesso:
a) la condizione che "la consegna non sarà eseguita in caso di mancata corrispondenza tra le fattispecie previste nella decisione quadro e quelle del comma 1 del presente articolo"; b) la condizione che "se il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana, non si dà luogo alla consegna del cittadino italiano se risulta che lo stesso non era a conoscenza, senza propria colpa, della norma penale dello Stato membro di emissione in base alla quale è stato emesso il mandato d'arresto europeo".
In questo modo il governo e la maggioranza di centrodestra reintroduce, di fatto, la condizione della cosiddetta "doppia punibilità" ed introduce come causa di non eseguibilità del mandato di arresto la mera "non conoscenza", anche incolpevole, della norma penale (ciò che non è prevista nemmeno nell'ordinamento nazionale, per il quale l'ignoranza della legge non è mai causa di esclusione della punibilità, salve le ipotesi di inescusabilità dell'ignoranza della legge).
2. L'articolo 9, comma 6 prevede che non possa essere applicata alcuna misura "se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata". La decisione europea prevede la non eseguibilità del mandato di arresto solo nelle ipotesi di amnistia, mentre la norma proposta dalla maggioranza amplia in modo decisamente eccessivo le ipotesi di non eseguibilità del mandato.
3. L'articolo 18 elenca i casi in cui il giudice italiano deve rifiutare la consegna: si tratta di una casistica che amplia in modo davvero eccessivo quanto già previsto dalla decisione-quadro, e che riduce ulteriormente la possibilità di funzionamento del mandato europeo nel nostro sistema giuridico. Infatti, mentre in sede europea si è previsto l'obbligo di non esecuzione nei casi di reati coperti da amnistia, di reati già giudicati o di pene già in esecuzione o non più eseguibili e, infine, nei casi di non punibilità in base alle norme interne sulla capacità giuridica per minore età, il testo italiano aggiunge, tra gli altri, nuove ipotesi, spesso molto generiche (eclatante è la previsione del rifiuto di consegna nell'ipotesi in cui la sentenza dello Stato richiedente contenga "disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano"). Sembra quindi opportuno sopprimere la maggior parte di tali norme, lasciando magari solo quelle interpretative delle fattispecie già previste in sede europea.
4. L'articolo 17 introduce al comma 4 l'ulteriore condizione, per la consegna, della sussistenza di "gravi indizi di colpevolezza a carico del ricercato". Al riguardo è facile rilevare come tale norma sia più restrittiva di quelle attualmente vigenti in tema di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione Europea.

Più debole il contrasto al terrorismo
In conclusione, con questo disegno di legge il centrodestra conferma un atteggiamento non conforme alla creazione di uno spazio di collaborazione europea, introduce procedure farraginose e norme di non operatività del mandato di arresto che vanno molto oltre la previsione della decisione-quadro e che appaiono tanto più inopportune alla luce delle recenti azioni in materia di contrasto al terrorismo che invece impongono una collaborazione ampia e snella tra le autorità giudiziarie procedenti.

Senato, Commissione Europa, 7 luglio 2004
Discussione generale su AS 2958 "Norme di recepimento della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri"


13 luglio 2004
eu-062
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Tino Bedin