Sono passati oltre due anni da quando il Consiglio dell'Unione europea il 28 febbraio 2002 ha deciso di istituire Eurojust, un nuovo organismo europeo che sostituisce l'unità provvisoria di cooperazione giudiziaria istituita dal Consiglio dell'Unione europea nell'anno 2000. È la risposta all'esigenza di rafforzare l'azione comune europea nel settore della cooperazione giudiziaria penale, al fine di garantire ai cittadini adeguati livelli di sicurezza. Più esattamente: sarà la risposta, perché la decisione del Consiglio dell'Unione, che è entrata in vigore il 6 marzo 2002, può espletare pienamente la propria efficacia solo all'atto del recepimento della stessa da parte degli Stati membri, i quali devono provvedere nel contempo ad introdurre i necessari adattamenti nelle rispettive legislazioni nazionali. E l'Italia è tra i pochissimi Stati membri che non hanno ancora provveduto.
L'istituzione di Eurojust si inserisce nel più generale cammino attuale dell'Unione Europea che nel suo progetto politico punta alla creazione della cittadinanza europea. L'Unione ha finora puntato a realizzare un'area economica nella quale vigessero libertà di movimento e norme comuni. In futuro, l'Unione deve diventare un'area di sicurezza, di giustizia e di libertà civile.
Nella Commissione Europa del Senato il giudizio sul disegno di legge del governo si confronta prevalentemente con questo obiettivo. La "compatibilità" europea della proposta governativa va misurata dunque non solo sul piano normativo ma anche sul piano politico.
Dichiaro subito il mio giudizio complessivo: la scelta del governo e della maggioranza di ridurre Eurojust ad organo amministrativo, se non contrasta con la decisione quadro dell'Unione, certamente non va nella direzione di promuovere un'area comune di giustizia e di sicurezza dei cittadini.
Non va neppure nella direzione che prevedibilmente sarà decisa dal Consiglio europeo nella fase conclusiva della definizione della prima Costituzione dell'Unione europea, che pur con limitazioni e timidezze, andrà proprio nella direzione di un rafforzamento delle procedure comuni in materia di Giustizia.
Eurojust ed ordinamento europeo
Il disegno di legge governativo ha per titolo "Disposizioni per l'attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione europea del 28 febbraio 2002, che istituisce l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità".
Lo strumento giuridico adottato per istituire Eurojust è quello della "decisione"; si tratta di un atto comunitario privo di effetti diretti negli ordinamenti degli stati membri. Lo strumento non rappresenta una scelta di ripiego, ma è stato suggerito dalla necessità di considerare le peculiarità dell'ordinamento di ogni Stato membro e consente ad ogni Stato, quindi, la trasposizione dei principi della decisione nel modo più conforme alla propria Costituzione. Questo accresce la responsabilità dei singoli governi e dei singoli parlamenti e rende più evidente chi intende favorire scelte europee e chi invece preferisce un'Europa "minima".
La Decisione europea del 2002 si inserisce infatti nel contesto della cooperazione europea in materia giudiziaria, prevista dagli articoli 29, 31 e 32 del Trattato sull'Unione. Tra gli obiettivi fondamentali dell'Unione europea vi è del resto la realizzazione di uno "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" (articolo 2 del Trattato sull'Unione) e le disposizioni per l'istituzione di Eurojust appaiono strettamente collegate al perseguimento di questo obiettivo. È evidente, infatti, che fino a quando non vi sarà stretto coordinamento tra le Autorità giudiziarie degli Stati membri non si potrà opporre alcun efficace contrasto ad una criminalità che appare sempre più transnazionale e globalizzata.
Europol, per l'attività di polizia, ed Eurojust, per l'attività giudiziaria costituiscono, quindi, i due strumenti essenziali di risposta dell'Unione europea alle minacce provenienti dal mondo della criminalità.
Il tormentato iter di presentazione del disegno di legge
È nota l'avversione dell'attuale Governo e della maggioranza politico-parlamentare ai provvedimenti necessari per adeguare il nostro Paese agli obblighi di collaborazione in materia giudiziaria derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea. La tormentata vicenda del mandato di arresto europeo, ancora lontana dalla conclusione, ne costituisce la più evidente riprova.
Così è stato anche per Eurojust. Si è arrivati alla presentazione di un disegno di legge governativo soltanto a seguito di un confronto tra Presidente della Repubblica e Governo. Il Capo dello Stato ha, infatti, condizionato la firma del decreto di autorizzazione alla presentazione del disegno di legge alle Camere ad una modifica del testo deliberato dal Consiglio dei ministri.
Nel frattempo, il primo termine fissato nell'articolo 42 della decisione (6 settembre 2003) per il suo recepimento nell'ordinamento italiano è stato ampiamente superato.
Anche il Consiglio superiore della Magistratura si è occupato della vicenda, esprimendosi nell'aprile scorso con un parere approvato a maggioranza dei suoi componenti nel quale si avanzano osservazioni critiche alla soluzione accolta nel disegno di legge, proponendo di rafforzare il peso del Csm nel procedimento di nomina del "membro nazionale" di Eurojust.
Il governo vuole un suo funzionario
Il punto centrale della disciplina legislativa di recepimento della decisione riguarda la configurazione del "membro nazionale" di Eurojust: ne parlano l'articolo 4 della decisione ed all'articolo 1 del disegno di legge italiano.
Il contrasto si è sviluppato sulla natura amministrativa o giudiziaria delle funzioni svolte dal membro nazionale. Da tale qualificazione discende, ovviamente, la scelta del criterio di nomina del "membro nazionale" così come la definizione dei suoi rapporti con il Ministro di Giustizia.
Il governo, con il ministro della Giustizia Castelli, è fortemente impegnato a fare del "membro nazionale" una sorta di funzionario alle dipendenze del Ministero.
Dall'esame complessivo delle attribuzioni di Eurojust, emerge invece una rilevante incidenza dell'organismo europeo sulle funzioni giudiziarie: ciò è dimostrato dalle forme di cooperazione previste dall'articolo 3 della decisione Ue e, soprattutto, dell'articolo 5 del disegno di legge sui poteri del "membro nazionale". Alla luce della stretta connessione con le funzioni giudiziarie dei poteri attribuiti ad Eurojust ed al membro nazionale, la soluzione del disegno di legge nel testo approvato dalla Camera si presenta largamente insoddisfacente.
In particolare, la disposizione dell'articolo 1, comma 1, che prevede che il membro nazionale sia scelto dal ministro tra una rosa di nomi formulata dal Consiglio superiore della Magistratura - non è sufficientemente rispettosa delle attribuzioni dell'Organo di autogoverno della magistratura: il principio costituzionale dell'articolo 105 della nostra Costituzione impone che, in via generale, le nomine dei magistrati spettino al Csm. L'eventuale co-decisione del ministro della Giustizia non può eccedere il profilo del concerto (previsto per il conferimento degli incarichi direttivi), da rendere secondo il principio di leale collaborazione (come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 379 del 1992) e, comunque, restando l'ultima parola, in caso di disaccordo in capo al Csm (come la Corte costituzionale ha ribadito recentemente nel caso del conflitto di attribuzioni per la nomina del procuratore della Repubblica di Bergamo: sent. n. 380 del 2003).
Invertire il criterio di concerto non sembra quindi una soluzione costituzionalmente accettabile.
Palesemente incostituzionale si presenta, poi, la previsione del comma 3 dell'articolo 1, sul potere del ministro della Giustizia di impartire al membro nazionale "direttive per l'esercizio delle sue funzioni". Si tratta di un'interferenza assolutamente incongrua ed ingiustificata del ministro - che si muove sulla base di valutazioni comunque "politiche" - sulle modalità di azione del "membro nazionale", ovvero sul modo in cui questo esercita i poteri previsti dall'articolo 5 del disegno di legge.
Dietro l'idea delle "direttive" del ministro della Giustizia al membro nazionale riemerge la concezione favorevole ad una "signoria" del ministro - e dell'esecutivo - sulle modalità di svolgimento dell'azione penale che più volte è stata affacciata da esponenti dell'attuale maggioranza e che, oltre a cozzare con i principi costituzionali in materia di esercizio dell'azione penale (articolo 112 della Costituzione), segnerebbe un netto arretramento della civiltà giuridica del nostro Paese.
È quindi assolutamente necessaria una riformulazione dell'articolo 1 del disegno di legge e soprattutto la soppressione del comma terzo dell'articolo.
Dirigenti al posto di magistrati
Le considerazioni sin qui svolte sono estensibili anche alle soluzioni tecniche individuate dall'articolo 3 del disegno di legge relativo alla nomina degli "assistenti del membro nazionale". Qui appare nettamente censurabile la previsione del comma 2, sulla possibilità di nomina ad assistenti di "dirigenti dell'amministrazione della giustizia". La gravità di tale previsione è appena mitigata dalla collocazione fuori ruolo organico degli interessati (comma 3).
Va ribadito, a questo proposito, che trattandosi di funzioni che interferiscono con vicende di procedimenti giudiziari esse, nel nostro ordinamento, devono essere disimpegnate da magistrati dell'ordine giudiziario (preferibilmente, si può aggiungere, dell'ufficio del pubblico ministero).
Nessun attentato alla libertà degli italiani
Come ho già ricordato, l'articolo 5 definisce i poteri del membro nazionale di Eurojust. Si tratta di poteri di promozione di indagini, di informazione reciproca tra autorità giudiziarie ed, infine, di assistenza di autorità giudiziarie degli Stati membri, in un quadro di assoluto rispetto delle prerogative delle Autorità giudiziarie nazionali per ciò che concerne gli atti tipici della funzione giudiziaria, specialmente quelli limitativi delle libertà degli individui.
Ancora una volta si dimostrano del tutto infondate e frutto di pregiudizi (o di mala fede) le preoccupazioni sulla creazione di una maxi-struttura giudiziaria europea che attenterebbe alle libertà dei cittadini italiani.
L'articolo 6 attribuisce ad un organo collegiale di Eurojust la possibilità di richiedere una serie di misure investigative alle "autorità competenti" degli Stati membri. Osservo che l'articolo 8 della decisione consenta sempre a queste autorità di non accogliere la richiesta del collegio di Eurojust, talvolta senza neanche obbligo di motivazione.
Anche in questo caso sembra fatta salva, quindi, la tradizionale "sovranità" sulla giurisdizione e sull'esercizio dell'azione penale da parte degli Stati membri.
L'articolo 7 integra l'ampia disciplina contenuta nella decisione del Consiglio di uno degli aspetti più delicati della materia: le richieste di informazione e di accesso alle banche dati, nell'ambito della collaborazione Eurojust.
È da segnalare come la possibilità di deroga alle previsioni dell'articolo 329 codice di procedura penale (in tema di disciplina del segreto giudiziario) nelle comunicazioni tra membro nazionale ed autorità giudiziaria competente impone che il membro nazionale non sia funzionalmente collegato al potere esecutivo. L'articolo 7, dunque, ripropone in maniera ineludibile la questione della natura del "membro nazionale". Risulta, infatti, accettabile che tale potere possa essere esercitato da organi di una istituzione para-giudiziaria, ma non certo da organi di natura amministrativa, che, quindi, sarebbero nella condizione di interferire nella sfera del potere giudiziario.
Il comma 2 dell'articolo 7 è stato inserito dal governo a seguito di rilievi del Presidente della Repubblica: esso procedimentalizza i rapporti tra "membro nazionale" ed autorità giudiziarie italiane. Sottolineo che è in ogni caso fatta salva la possibilità per il giudice di respingere la richiesta di informazioni da parte del "membro nazionale", secondo una configurazione rispettosa delle prerogative costituzionali dell'Autorità giudiziaria italiana. In questo contesto, va ricordata la possibilità del ricorso di legittimità alla Corte di cassazione sulla decisione dell'Autorità giudiziaria: tale potere di ricorso è attribuito tanto al Pubblico ministero che membro nazionale di Eurojust.
Un rafforzamento della sovranità condivisa
I punti che ho richiamati mi servono per ribadire il giudizio politico generale da cui sono partito: il testo del governo non va nella direzione delle attese dei cittadini.
Le opinioni pubbliche sono spesso più avanti dei loro governi. Non si erano ancora spenti i tragici scoppi dell'11 marzo a Madrid che in tutta l'Unione i cittadini cominciavano a chiedersi: "Cosa fa l'Europa?", comprendendo che nella lotta al terrorismo, nella garanzia della sicurezza c'è una dimensione che ormai deve essere continentale.
L'Europa proprio con Eurojust ha indicato immediatamente dopo l'11 settembre a New York e a Washington la strada, ma l'Italia non l'ha ancora percorsa. L'Unione europea intende migliorare la cooperazione giudiziaria, proprio per fronteggiare le gravi forme di criminalità transnazionale attraverso il coordinamento sia dell'attività di indagine che delle azioni penali degli Stati membri, affiancando Eurojust agli organismi della rete giudiziaria europea.
L'istituzione di Eurojust è motivata soprattutto dalla necessità di superare le difficoltà incontrate nell'ambito della cooperazione tra i diversi Stati membri, relativamente ai procedimenti penali riguardanti gravi forme di criminalità organizzata a dimensione sovranazionale. Basta scorrere l'elenco dei reati rientranti nella competenza di Europol, cito ad esempio il terrorismo, il traffico di stupefacenti, la tratta di esseri umani, la criminalità informatica, la frode, la corruzione e in generale i reati volti a ledere interessi finanziari per cogliere in questo organismo una rassicurazione nei confronti delle paure degli europei.
Non basterà perciò un organo amministrativo, come è quello scelto dal governo italiano e dalla sua maggioranza, per rispondere a questa esigenza, anche se un coordinamento strutturato è comunque un passo avanti.
Non è con la paura di esercitare in modo diverso la sovranità che si difenderanno e si rassicureranno i cittadini. Al contrario, come abbiamo visto ad esempio con l'euro, solo la condivisione delle sovranità dà a ciascuno stato membro la forza di essere all'altezza delle attese dei suoi cittadini.
Senato, Commissione Europa, 16 giugno 2004
Discussione generale su AS 2894 "Disposizioni per l'attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione europea del 28 febbraio 2002, che istituisce l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità"