Il governo di centrodestra non ha praticamente fatto proposte
Insufficiente il contributo italiano alla Costituzione dell'Unione Europea
Al ribasso alcuni emendamenti, mentre chiede di nominare le fedi, il vicepresidente Fini cancella i valori di pace, giustizia, tolleranza, solidarietà
intervento in Aula di Tino Bedin
segretario della Giunta per gli Affari europei del Senato
Tocca anche a noi italiani fare l'Europa. Il nostro compito di italiani non è solo quello di organizzare la firma del nuovo Trattato costituzionale. Ci piacerà se l'accordo dal quale l'Europa Unita prenderà la rincorsa per un nuovo cammino si chiamerà ancora Trattato di Roma. Ma non è per assicurarci la sede della firma che abbiamo eletto i rappresentanti del Parlamento alla Convenzione. Ed infatti hanno fatto molto di più - ad ascoltarli in Senato e a leggere i resoconti - i quattro nostri delegati.
Invece l'azione del governo italiano nel suo insieme sembra prevalentemente ispirarsi proprio all'esigenza di non perdere l'occasione della firma del nuovo Trattato a Roma. L'abbiamo sentita, questa esigenza, ricorrere dall'inizio alla fine dell'intervento del vicepresidente del Consiglio in Senato, nel resoconto dei lavori della Convenzione.
Il contenuto viene dopo. Anzi è meglio averne poco, così c'è meno da discutere. Infatti non ci sono proposte formali italiane. C'è la proposta franco-tedesca, che è stata citata. C'è anche la proposta anglo-spagnola, che non è stata citata. C'è la proposta di tutti i maggiori paesi, ma non c'è quella dell'Italia.
Alla Destra non piace il metodo comunitario. A Bruxelles ci sono solo le proposte che ultimamente i due rappresentanti del governo alla Convenzione (il vicepresidente Fini e l'europarlamentare Speroni) hanno ufficialmente fatto con gli emendamenti ai primi 16 articoli della bozza di Costituzione: esse confermano la linea del governo, sembrano inseguire compromessi al ribasso, per togliere sostanza al Trattato costituzionale.
L'articolo 1 proposto dal Presidium ha già sacrificato una frase che figura nel Trattato di Roma del 1957, quella di "unione sempre più stretta tra i popoli europei"; ma addirittura "la volontà dei popoli e degli Stati di costruire il loro avvenire comune" è giudicata eccessiva dai rappresentanti del governo italiano, che infatti l'hanno emendata.
Come si fa a cancellare dall'articolo 1 lo spirito comunitario dell'Unione e contemporaneamente darsi da fare per una improbabile dichiarazione comune dei Sei Paesi fondatori? Improbabile all'interno dei Sei, dopo che non è stato possibile costruire una linea politica comune sulla pace tra Italia, Germania e Francia. Improbabile all'esterno: lo schema di governo dell'Unione lì proposto non è sostenibile e l'on. Fini lo ha detto chiaramente questa sera, enunciando in tema di composizione della Commissione criteri inevitabili.
Rinunciatari e furbi.
A noi tocca fare l'Europa, non facendo i rinunciatari o i furbi, ma cercando di fare gli europei. Fare gli europei, nel senso di contribuire a far crescere l'Europa e l'Italia in Europa è quanto è stato fatto dall'Italia da De Gasperi a Prodi, da Spinelli a Ciampi.
Si può interpretare la fase emendativa come un'occasione di compromesso solo se non si hanno idee proprie o se se vuole nascondere le proprie idee.
Questa è la fase nella quale indicare anche il di più che desideriamo dall'Europa, senza la pretesa di raggiungerlo, ma aiutarci reciprocamente tra europei e anche per essere pronti ad una sfida possibile. Se, per ottenere il più ampio consenso, la Convenzione fosse costretta a ridimensionare i propri obiettivi, dovrebbe essere messa immediatamente un campo un'iniziativa di popoli e di Stati che vogliono mantenere le loro ambizioni. Lo strumento delle cooperazioni rafforzate è già stato codificato a Nizza: l'Italia è pronta ad questa sfida? L'Italia avrà voglia di farlo, non per dividere quello che abbiamo unito, ma per aiutare tutti a non regredire?
L'insieme degli emendamenti proposti dal Governo al testo del Trattato costituzionale ci fa temere di no.
Far vivere i valori della fede.
Oltre al tema contenuto nell'articolo 1, cui ho fatto già riferimento, c'è ad esempio un'altra questione aperta, alla quale il rappresentante del governo ha dato una risposta riduttiva, invece di ricercare una risposta innovativa. Mi riferisco all'articolo 2, quello sui "valori" dell'Unione.
Alla esigenza di un riferimento alla spiritualità religiosa tra le radici dell'Europa Unita si è risposto con una formula che limita il valore della religione stessa, mettendole dei confini.
Importante è piuttosto che la Costituzione europea faccia vivere la fede dei credenti e le speranze dei non credenti nei valori che l'Europa pronuncia e codifica, in primo luogo l'inviolabilità della dignità umana, con cui non a caso si apre la Carta dei diritti approvata a Nizza.
Alcune cancellazioni proposte dallo stesso emendamento del governo italiano sempre all'articolo 2, riducono proprio i risultati che la religione, certo non da sola, nei secoli e nell'attualità ha costruiti in Europa, tra le persone europee. L'on. Fini ha qui sentito il bisogno di chiamare in causa altri governi per giustificare l'intervento di cancellazione; ma gli altri governi non hanno tirato in ballo la religione per poi cancellare il resto.
Nella fede giudaico cristiana c'è uno dei comandamenti che impone di non nominare il nome di Dio invano. Nello stesso emendamento all'articolo 2, proposto dal governo italiano, pace, giustizia, tolleranza e solidarietà vengono cancellati dai valori su cui fondare l'Europa; diventano all'articolo 3 obiettivi da raggiungere. L'emendamento del governo ha declassato proprio i valori fondanti della fede giudaico-cristiana. Il governo italiano ha così pronunciato il nome di Dio invano.
Noi pensiamo che la nostra Carta costituzionale, in particolare il suo articolo 7, possa essere un arricchimento su questa materia che l'Italia può offrire all'Europa.
Europei perché senza frontiere.
Ma bisogna avere stima della nostra storia costituzionale. Così come bisogna avere stima della nostra storia europea.
L'Europa ha vissuto il suo battesimo popolare e democratico con la libera circolazione dei lavoratori. Migliaia di italiani hanno smesso di sentirsi emigranti in Europa con quella scelta. Ora un emendamento del governo italiano all'articolo 11 del testo del Trattato costituzionale prevede che i non europei si fermino ai confini del paese d'ingresso.
Questa è meno Europa. Meno Europa per noi. Meno Europa in un mondo che invece ci chiede di essere sempre più europei.
5 marzo 2003 |