Dopo oltre un secolo dalla fine della Grande Guerra e a ottant'anni dall'inizio della Seconda Guerra mondiale lo strazio delle croci piantate nel cuore dei sopravvissuti si è certo cicatrizzato, ma non può scomparire dalla vita di un popolo. L'Unità nazionale, cui si dedica la festa del Quattro Novembre come conclusione e conseguenza della Grande guerra, è fatta di territorio (Trento e Trieste ne sono le città simbolo) ed è fatta di cittadini (i fanti di ogni regione ne sono le persone simbolo); è anche un insieme di sofferenze che fanno la nostra storia. Per questo abbiamo bisogno di sentirle nostre. Siamo Nazione, infatti, se ciascuno ha un posto in essa.
La celebrazione del 2019 richiama il posto delle donne nella costruzione dell'Unità d'Italia. Cadono infatti due anniversari che sollecitano questa memoria e questa riconoscenza.
Al posto degli uomini in fabbrica e sui campi. Il primo è strettamente legato proprio alla Grande Guerra.
Le donne sono pienamente dentro la storia di quel conflitto. Le donne sommarono alle proprie le sofferenze dei fratelli, dei mariti, dei figli. E le portarono più a lungo degli uomini. Non solo vittime di bombardamenti. Non solo spose diventate subito vedove. Non solo mamme vestite di nero per tutta la loro vita.
Furono anche protagoniste dirette del conflitto e delle sue conseguenze.
D'improvviso, la Grande Guerra chiede loro di prendere posto in città e in campagna degli uomini e dei ragazzi abili per la trincea. Diventa normale quello che oggi è normale e che un secolo fa era impensabile. Certo le donne italiane lavoravano già nei campi, ma i loro compiti erano specifici e aggiuntivi. Erano entrate anche nelle fabbriche, ma a fare quello che facevano a casa: cucire.
Con la guerra ecco donne nelle fabbriche a fare bombe e proiettili, a fresare spolette e a cucire divise; donne a guidare i tram; donne negli uffici a fare conti e a scrivere carte. E non era una emancipazione: l'organizzazione del lavoro non prevedeva divisione di compiti e alle donne toccavano gli stessi compiti degli uomini, anche quelli più pesanti.
E, ancora, donne in casa ad aggiungere i compiti di mariti e figli a quelli tipicamente femminili: pratiche burocratiche, acquisti e vendite di prodotti agricoli, rapporti con i padroni della terra. Anche qui senza emancipazione: in famiglia a comandare restavano i vecchi, non arruolabili ma depositari dell'autorità.
La crocerossina e la portatrice carnica. E, ancora, donne al fronte: come le volontarie della Croce Rossa che a migliaia partecipano ai soccorsi e all'assistenza dei soldati feriti; o come le donne che sfidano neve e cecchini per portare munizioni e indumenti ai soldati in montagna.
Di tutte queste donne, dell'apporto fondamentale allo sforzo bellico e alla coesione nazionale, non sembra rimasta memoria pubblica.
Nel sacrario di Redipuglia ci sono più di centomila tombe di soldati italiani di ogni regione e di ogni età. Una sola tomba custodisce il corpo di una donna: Margherita Kaiser Parodi Orlando. Era una crocerossina, figlia di una famiglia borghese, inviata al fronte diciottenne e morta di spagnola dopo tre anni, durante i quali aveva assistito e curato centinaia di soldati feriti. E sembrò normale lasciarla riposare insieme a chi le era morto tra le braccia.
In tutta Italia c'è una sola caserma dedicata ad una donna: è la caserma degli alpini di Paluzza, in Carnia al confine con l'Austria.
Porta il nome Maria Plozner Mentir. Viveva proprio a Paluzza, con il marito e quattro figli, prima che in fronte della guerra passasse sulle sue montagne. A 32 anni fu colpita a morte da un cecchino austriaco. Era il 1916. La Maria era una delle "portatrici carniche", donne che dentro le gerle trasportavano a spalla cibo, vestiario, munizioni ai soldati impegnati in alta montagna. Il cecchino austriaco sapeva bene quello che le portatrici facevano. E giustamente nel 1997 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ne onorò la memoria assegnando la medaglia d'oro al valor militare alla memoria proprio a Maria Plozner Mentil.
Un anno fa, a conclusione della celebrazione del centenario della fine della guerra, il Presidente Sergio Mattarella le ha ricordate come "rappresentative di tutte le donne italiane che lottarono al fronte o nelle fabbriche, che crebbero da sole i propri figli, che si prodigarono per cucire abiti, procurare cibo o assistere feriti e moribondi. Senza le donne quella vittoria non sarebbe stata possibile", ha commentato Mattarella.
Una convinzione, questa del Presidente Mattarella, evidentemente diffusa fin da subito nei governanti e nell'opinione pubblica italiana, tanto che immediatamente dopo la fine della Grande Guerra, nel 1919, le donne furono ammesse all'esercizio di tutte le professioni ed impieghi pubblici.
Ecco la prima data di cui ricordiamo l'anniversario.
A vent'anni dall'ingresso nelle Forze armate. Se la Grande Guerra ha unificato l'Italia, non solo nello spazio geografico e politico, ma anche nel riconoscimento del ruolo che spetta ad ogni cittadino, è opportuno dedicare questo 4 Novembre 2019 alla partecipazione femminile e caratterizzare così la Festa dell'Unità nazionale.
A differenza di un secolo fa, oggi possiamo caratterizzare con la presenza femminile anche la Giornata delle Forze armate.
Nel 1919 la generale apertura alle donne degli impieghi pubblici conteneva una sola esclusione: la difesa militare dello Stato. Le Forze armate italiane restavano esclusivamente maschili.
In questo 2019 viviamo invece il ventennale della legge 380 con la quale, il 20 ottobre 1999, il nostro Paese ha aperto le porte delle Forze Armate e della Guardia di Finanza al reclutamento femminile.
Ecco la seconda data di cui ricordiamo l'anniversario e a cui a livello nazionale ha voluto dare risalto lo Stato maggiore della Difesa.
A vent'anni dalla legge, sono circa 16 mila donne impiegate nelle Forze armate e nell'Arma dei Carabinieri che operano in ogni settore e sono in grado di aspirare ad ogni tipo di carriera. A questo anniversario lo Stato Maggiore della Difesa ha deciso di dedicare il Calendario 2020 delle Forze Armate, come riconoscimento che "la presenza delle donne ha definitivamente arricchito la Difesa di un nuovo punto di vista, prezioso ed indispensabile in un'organizzazione impegnata costantemente e in maniera onnicomprensiva nel fornire sicurezza a tutti i cittadini".
Avendo personalmente contribuito ad approvare quella legge, ricordo bene che noi senatori consideravamo il reclutamento militare femminile non solo come un dovere di parità. Con quella decisione veniva assicurata una delle componenti essenziali dell'ammodernamento delle Forze Armate italiane e della loro integrazione con le altre Forze Armate dell'Alleanza Atlantica.
Protagonisti nella cooperazione internazionale. Proprio nelle missioni internazionali le donne si sono dimostrate decisive: "Nelle operazioni internazionali di mantenimento della pace - osservano allo Stato Maggiore della Difesa - il personale militare femminile può risultare talvolta determinante per assolvere la missione, quando l'interazione con la popolazione civile è vincolata a fattori culturali che riguardano il sesso di appartenenza".
Oggi, gli uomini e le donne delle Forze Armate - soldati, marinai, avieri, carabinieri sono quotidianamente impegnati nell'assolvimento del proprio servizio verso la collettività. Lo fanno in Italia, dove garantiscono controllo del territorio, sicurezza e soccorso alle Istituzioni; lo fanno nelle aree di crisi all'estero, dove contribuiscono a fornire protezione, stabilità, assistenza e speranza a popolazioni e regioni in difficoltà. Così facendo assicurano la difesa della Nazione e, con un ruolo di primo piano, contribuiscono alla sicurezza globale e alla cooperazione internazionale, rafforzando l'Alleanza Atlantica, che nel 1919 compie settant'anni, e dando sostanza ad una maggiore integrazione europea anche nella Difesa.
Si tratta di un compito che interpreta a pieno lo spirito e la lettera dell'articolo 11 della nostra Costituzione.
Grazie all'impegno delle Forze Armate anno dopo anno questa data del calendario civile italiano da commemorazione del passato diventa sempre più celebrazione dell'attualità e preparazione del futuro che ci attende come comunità.
3 novembre 2019