A Natale un coro di Parlamenti e di governi si aggiungerà quest'anno agli angeli nell'annunciare "Pace in terra agli uomini di buona volontà". La vigilia di Natale, il 24 dicembre, entra in vigore il Trattato sugli armamenti, adottato in sede ONU nell'aprile del 2013 e ratificato da una sessantina di governi e Parlamenti.
Il Natale è una coincidenza, non una data-simbolo scelta della diplomazia internazionale: il 25 settembre scorso erano state depositate ufficialmente le ratifiche del Trattato da parte di 7 Stati e si era superato così il numero di 50 adesioni, necessario per rendere efficace il trattato novanta giorni dopo, dunque a Natale. È però una bella coincidenza poter citare in futuro questo accordo internazionale come il "Trattato di Natale", considerato che si sforza di rendere meno improbabile proprio la "pace sulla terra", prima profezia del Bambino Gesù.
Mille vittime al giorno. Si chiama ufficialmente "Arms Trade Treaty" (ATT) e stabilisce principi comuni a livello internazionale per prevenire e sradicare il commercio illecito di armi. La ulteriore novità - avviene infatti per la prima volta - è che il trattato introduce per ogni singola fornitura di armi l'obbligo di valutarne le conseguenze per i diritti umani.
L'intesa non controlla l'uso nazionale, ma chiede che gli Stati membri si dotino di normative nazionali sul trasferimento delle armi convenzionali, tra cui carri armati, aerei e navi da guerra, veicoli da combattimento, artiglieria, elicotteri, missili, razzi a lunga gittata, ma anche fucili, pistole e munizioni.
Nell'ambito del commercio internazionale di armi il Trattato vieta i trasferimenti di armi dove esiste un rischio serio che vengano compiuti crimini di guerra, atti di genocidio, violazioni dei diritti umani, violenza di genere, violazione di un embargo. È stato calcolato che sono almeno mille ogni giorno i morti e i feriti dovuti alle violazioni dei diritti umani, ai regimi repressivi e alla criminalità organizzata. Qualcuna di queste persone con l'attuazione del "Trattato di Natale" sfuggirà a questo destino: una base solida quindi su cui costruire un percorso che ponga fine alla sofferenza umana causata dal flusso irresponsabile di armi.
L'iniziativa di Enrico Letta. Il commercio internazionale di sistemi d'arma e di armi leggere è un business multimiliardario a livello globale, del valore di 85 miliardi di dollari. In questo affare l'Italia ha interessi di primo livello: il nostro paese è tra l'altro il principale esportatore mondiale di armi leggere, che non sono meno micidiali dei carri armati e dell'artiglieria, se il precedente segretario dell'Onu Kofi Annan, le ha definite vere armi di distruzione di massa del nostro tempo.
E qui c'è un'altra buona notizia: l'Italia è non solo tra i sottoscrittori del Trattato, ma fra i paesi che hanno proceduto fra i primi alla ratifica, accelerando l'adesione degli altri Stati. Il Parlamento italiano ha infatti votato all'unanimità, sia al Senato che alla Camera, la ratifica del Trattato, fin dal settembre 2013 con un disegno di legge presentato dal governo di Enrico Letta: davvero una tempestività straordinaria per un trattato internazionale, di cui va dato atto ad Enrico Letta e al Parlamento. È un primato di cui andare fieri e che si inserisce nell'attenzione che il Parlamento italiano dedica ai rischi del commercio degli armamenti da molto tempo, in particolare con l'approvazione e il monitoraggio della legge n. 185 del 1990, che ora comincia a diventare un modello a livello internazionale.
C'è da sperare che l'attuale governo utilizzi l'entrata in vigore del "Trattato di Natale" per far partecipe l'opinione pubblica di questa buona scelta del Parlamento.
L'adesione di molti paesi produttori. Una scelta non facile, visto il ruolo industriale che l'Italia ricopre nella produzione degli armamenti. Si trattava e si tratta di superare l'obiezione diffusa e non infondata: "Se queste armi non le vendiamo noi, lo farà qualcun altro". Proprio un accordo internazionale, sotto l'egida delle Nazione Unite, può farla superare e puntare ad un obiettivo preciso: "Se queste armi non le vendiamo noi, non le venderà nessun altro".
Obiettivo realistico? Diciamo che è una strada necessaria e non è detto che non sia percorribile. Cinque dei primi dieci esportatori mondiali di armi - oltre all'Italia, anche Francia, Germania, Spagna e Regno Unito - avevano ratificato l'ATT prima che fosse raggiunta la soglia delle 50 ratifiche. Al momento dell'entrata in vigore le ratifiche sono salite a 60 e tra gli aderenti c'è anche Israele, altro produttore fra i primi dieci. Tra i 125 Stati che hanno firmato il trattato, ci sono gli Stati Uniti, il più grande produttore ed esportatore mondiale di armi, che non lo ha ancora ratificato. Gli altri tre, Russia, Cina e India si sono astenuti: ci sarà modo per ottenerne l'adesione e la ratifica. Il "Trattato di Natale", entrato in vigore appena 18 mesi dopo l'approvazione all'Onu, è frutto di dieci anni di colloqui preparatori e di negoziati; chi li ha condotti non si stancherà certo ora che comunque ha ottenuto un ottimo risultato ed ha potuto fare un bel dono di Natale a tutte le persone che nel mondo credono nella necessità di controllare i percorsi che le armi fanno sulle strade del pianeta.
Dal 2003 la "Coalizione Control Arms". Queste persone sono milioni nel mondo e ciascuna di loro, singolarmente e nelle associazioni che si sono date, è fra gli "annunciatori" di questa buona notizia di Natale. Sono persone che hanno aderito fin dal 2003 alla "Coalizione Control Arms" e attraverso la "Million Faces Petition" hanno contribuito a mantenere alta la pressione sui Governi in questi 18 mesi.
Il loro impegno non si è esaurito con questo risultato. Una delle norme internazionali più "produttive" introdotte con l'"Arms Trade Treaty" è l'obbligo per ogni Paese di redigere annualmente un Rapporto sulla produzione ed il commercio delle armi. È una norma "produttiva" sia perché in un ambito come il commercio internazionale di armi la trasparenza è un elemento fondamentale, sia perché consente di monitorare l'applicazione del trattato e le sue conseguenze, suggerendo integrazioni e miglioramenti.
Si tratta di un'esperienza già maturata nel nostro paese proprio sul controllo dell'export di armi con la legge 1990/185, che prevede appunto relazioni al Parlamento sulla sua applicazione. Qui torna protagonista il Parlamento, in particolare con le Commissioni Esteri e Difesa di Senato e Camera, che dovranno richiedere al governo di trasmettere al Parlamento il Rapporto annuale previsto dall'"Arms Trade Treaty".
In attesa che passi il primo anno di applicazione del "Trattato di Natale", le stesse Commissioni parlamentari hanno intanto l'obbligo di dare applicazione proprio alla nostra legge sul commercio delle armi: è infatti dai tempi dell'ultimo governo Berlusconi (maggio del 2008) che le Commissioni parlamentari non hanno più preso in esame le Relazioni che i vari governi hanno annualmente inviato alle Camere.
Il bel lavoro legislativo fatto dal Parlamento italiano nel settembre del 2013 non deve essere declassato a "bel gesto", ma corrispondere ad una linea politica che porta alla trasparenza continua e quindi al controllo parlamentare (e dell'opinione pubblica) su un settore che non può essere lasciato alla pura gestione del governo e men che meno ai soli interessi economici.
21 dicembre 2014