di Tino Bedin capogruppo Margherita in commissione Difesa
Si può misurare l'amor di Patria? Forse no: è parte di una serie di comportamenti, di pensieri, di storie sia personali che collettive.
Però possiamo confrontare la dimensione (e la quantità) di un manifesto affisso dalla Destra in queste settimane con la dimensione delle risorse finanziarie che governo e maggioranza dedicano ormai dal 2002 alle associazioni patriottiche e combattentistiche. Se ne ricava che più grandi sono i manifesti, minori sono i soldi.
Anche in questo caso, come in molti altri - l'ultimo più clamoroso riguarda le tasse - il centrodestra dice, ma non fa. Dice che riduce le tasse, ma non lo fa. Dice che finalmente l'Italia è una Patria, ma toglie capacità operativa proprio alle associazioni che hanno tenuto alto negli anni l'amor di Patria, l'amore per la Repubblica.
Disapplicata la legge in vigore. Si tratta di associazioni che dal momento della loro trasformazione a enti morali di diritto privato, avvenuta nel 1979, hanno sempre usufruito dell'indispensabile contributo dello Stato, erogato in virtù del riconoscimento del carattere istituzionale della loro attività, che è rivolta non solo agli iscritti ma alle intere categorie da esse rappresentate.
All'inizio del 2001, con la legge 61/2001, la legislatura dell'Ulivo aveva introdotto criteri di sistematicità e programmazione, fissando i contributi per il triennio 2001-2003.
Nel maggio del 2003 sono stati presentati tempestivamente i disegni di legge per aggiornare i contributi nel trienni successivo, cioè dal 2004 al 2006.
Si è consumato il 2003, è rimasto vuoto il 2004, finalmente a metà febbraio del 2005 se ne comincia a parlare qui in Senato, poi toccherà alla Camera. Passeranno mesi.
Non solo la maggioranza ed il governo non hanno provveduto ad aggiornare la legge ormai scaduta, ma addirittura in questi anni la Destra ha disapplicato la legge finché era in vigore. Infatti il contributo erogato alle Associazioni sottoposte alla vigilanza del ministero della Difesa ha subito nel 2003 un taglio secco del 55 per cento rispetto all'importo erogato nell'anno precedente sulla base della legge 61/2001. Doveva essere - così assicurò il governo alla maggioranza, solo un episodio e ci si doveva aspettare non solo che non si ripetesse, ma che fosse corretto il taglio.
La maggioranza si è accontentata ed ha votato a favore dei tagli nel 2003.
Nel 2004 il governo ha proceduto non sulla base delle promesse, ma sulla base della umiliazione delle associazioni. Il contributo è stato ulteriormente dimezzato rispetto all'anno prima. La maggioranza ha votato a favore di questo taglio.
In due anni il contributo previsto nel 2001 dalla legge dell'Ulivo è stato ridotto dell'80 per cento.
Purtroppo non è dunque vero che "l'esigenza di continuare ad assistere economicamente le meritoria opera dei suddetti enti coinvolge tutte le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione", come si sforza di dire la Destra. Il fatto che oggi si discuta di un testo unificato tra due disegni di leggi presentati sia dalla maggioranza che dall'opposizione non è sufficiente di fronte ai fatti che ho elencati.
Per quest'anno devono arrangiarsi. Fatti, tagli, che continuano. Continuano con questo disegno di legge.
Di fronte ai tagli del 2004, il governo si nascosto dietro il fatto che ci sarebbe stata la legge finalmente in discussione al Senato a provvedere per il meglio. La maggioranza ancora una volta ha obbedito.
Cosa fa questo disegno di legge? Il relatore dice che riprende "la formulazione dell'ultimo provvedimento in materia, la legge 7 marzo 2001, n. 61, relativa al triennio 2001-2003". E annota che "gli importi sono stati altresì rivalutati tenendo conto degli indici d'inflazione registrati nell'ultimo triennio e del fatto che la proposta protrae i suoi effetti fino all'anno 2006". Come dire: siamo in ritardo, ma facciamo quello che si era fatto nella legislatura precedente, niente di più ma anche niente di meno.
C'è invece un ulteriore pesante taglio. Il disegno di legge va dal 2004 al 2006, ma salta a pie' pari il 2005. Si finanziano le Associazioni patriottiche per quello che hanno speso nello scorso anno; si promettono loro un po' di euro per il 2006; ma per quest'anno devono arrangiarsi.
Si tratta di una scelta che andrebbe ad aggravare le difficoltà economiche in cui molte Associazioni combattentistiche sono precipitate negli ultimi due anni a causa del fatto che il governo non ha mantenuto una promessa scritta in una legge.
Per le Associazioni si tratta di somme decisive; per il bilancio dello Stato si tratta di piccole cifre: da questo punto di vista è una "leggina". Stanzia infatti 2 milioni e 590 mila euro per il 2004 e la stessa cifra per il 2006. Insomma, lira più lira mena, 5 miliardi delle vecchie lire. Per una serie lunga di associazioni che operano su tutto il territorio nazionale, si tratta di una cifra esigua. Ebbene non si trovano 5 miliardi delle vecchie lire da mettere anche per il 2005.
Depositarie di valori che disturbano. Ma il "taglio" non è economico; il taglio è politico.
Abbiamo al nostro esame anche il disegno di legge sulla celebrazione del sessantennale della Resistenza e della Liberazione. Questo disegno di legge stanzia 3 milioni e 100 mila euro, sei miliardi delle vecchie lire, in buona sostanza alle associazioni destinatarie anche del disegno di legge all'esame del Senato.
Maggioranza di Destra e governo hanno pensato, dunque, che per quest'anno qualcosa le Associazioni patriottiche avranno ed è meglio che non si abituino troppo bene.
Riecco il gravissimo comportamento della maggioranza di Destra e del Governo di fronte alla celebrazione dei sessant'anni della Liberazione: un atteggiamento ostruzionismo, riduttivo.
Se quei sei miliardi che si stanziano per le celebrazioni sono comprensivi dei 5 miliardi di contributo ordinario alle Associazioni patriottiche, vuol dire che per la Destra italiana il compleanno della nostra democrazia, il battesimo della nostra Repubblica valgono solo un miliardo di vecchie lire. Valgono un'elemosina.
Questa è la scelta politica che fa la Destra.
Dentro questa scelta politica finiscono stritolate le Associazioni patriottiche, evidentemente colpevoli di essere depositarie della memoria dei valori per i quali in milioni hanno combattuto, in migliaia sono morti o sono stati colpiti negli affetti. Colpevoli di continuare a trasferire anche nelle Forze armate di oggi quei valori e quindi di tenerli vivi e di aggiornarli, come elemento fondante dell'unità nazionale e dello spirito di Patria, al di là delle opzioni politiche individuali.
15 febbraio 2005
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