SICUREZZA E DIFESA
Intervento ad un convegno a 60 anni da Hiroshima
Dal disarmo nucleare lo sviluppo dell'Europa
Le opinioni pubbliche devono dar concretezza alle politiche dell'Unione Europea

Nell'ambito delle iniziative promosse da Beati i Costruttori di Pace a sessant'anni dalle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, si è svolto nel municipio di Padova un convegno sul tema "Mettere al bando le armi nucleari". Sugli aspetti europei del problema ha riferito il senatore Tino Bedin, segretario della Commissione Europa del Senato e capogruppo in Commissione Difesa. Ne pubblichiamo l'intervento.

di Tino Bedin senatore

Il Parlamento Europeo ospiterà il 7 e 8 dicembre 2005 una Conferenza composta da Parlamento Europeo, Commissione Europea, Consiglio europeo e Parlamenti nazionali degli Stati membri, nel corso della quale progetti relativi alla non proliferazione e al disarmo nucleari saranno presentati al Parlamento europeo e agli Stati membri. La Commissione Europea si è assunta la responsabilità dell'organizzazione, congiuntamente al Parlamento europeo, di questa conferenza. Il Consiglio europeo è concorde. Tutte le istituzioni dell'Unione sono dunque protagoniste.
Le assemblee europee, che mettono formalmente insieme le diverse Istituzioni dell'Unione, compresi i Parlamenti nazionali, sono un'eccezione. Per questo è importante l'appuntamento: segnala la centralità che nell'ambito della Politica europea di sicurezza comune (Pesc) l'Unione attribuisce al tema della non proliferazione nucleare e dell'aggiornamento del Trattato sulla non proliferazione.
In un contesto di opinioni pubbliche distratte a proposito di armi nucleari, di parlamenti non preoccupati (in Italia, siamo riusciti a discutere una mozione in Senato prima della fallita quinquennale conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare, nel maggio scorso alle Nazioni Unite, ma non abbiamo ascoltato il nostro ministro degli Esteri dopo quell'appuntamento), di forze politiche senza la bandiera del disarmo nucleare: neppure nel manifesto dell'Unione non se ne fa cenno) questa Conferenza è un avvenimento che dovrebbe far notizia.

L'individuazione delle principali attività. Anche con questa iniziativa l'Unione europea si dimostra convinta che il Trattato di non proliferazione deve essere preservato con ogni mezzo e, se possibile, persino rafforzato.
In vista di questo appuntamento l'Unione europea ha commissionato uno Scoping Study che esamini le modalità per rafforzare le attività di Cooperative Threat Reduction (piano di collaborazione antinucleare) dell'UE attraverso la pianificazione di azioni comuni. Lo studio, finanziato nel quadro di un progetto pilota (proposto dal Parlamento europeo nel 2003 e dal Consiglio), sarà realizzato dall'Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo (Unidir) e dall'Istituto internazionale di ricerca per la pace di Stoccolma (Sipri).
Lo studio fornirà la documentazione necessaria ad aiutare la Commissione a decidere, e pianificare, un contributo specifico dell'Unione alle attività esterne dell'UE in fatto non proliferazione e di individuare le future azioni dell'Europa nel campo della Cooperative Threat Reduction in termini di struttura, contenuti e dimensioni, per il ciclo finanziario 2007-2013. Partendo dalla percezione della minaccia nucleare da parte dell'UE, le principali attività saranno le seguenti:
- passare in rassegna gli attuali programmi nel quadro della Cooperative Threat Reduction; - esaminare aree di cooperazione per un eventuale consistente contributo da parte dell'Europa;
- organizzare incontri e seminari per presentare e discutere i risultati di tali attività e le relative proposte con funzionari ed altri soggetti;
- determinare il fabbisogno finanziario e formulare proposte dettagliate di progetti.

La dotazione finanziaria delle politiche di disarmo. AOgni politica per essere credibile ha infatti bisogno di una sua dotazione di risorse finanziarie. E Il problema delle risorse finanziarie non è secondario in tema di disarmo nucleare. Una commissione parlamentare britannica ha recentemente pubblicato una relazione che, pur pronunziandosi a favore della Strategia ADM, esprime preoccupazione per il finanziamento della sua attuazione. Il ministro inglese per l'Europa, Denis MacShane, ha affermato al riguardo di nutrire l'aspettativa che del bilancio Pesc di 62 milioni di euro per il 2005, circa il 10 per cento sia speso per la Strategia ADM. Egli ha anche reso noto che altri 40 milioni di euro sono spesi per la Cooperative Threat Reduction a carico dei budget comunitari (Tacis) alla cui esecuzione provvede la Commissione.
La data della Conferenza europea di dicembre rappresenterà al riguardo un eccellente contributo al dibattito, nel quadro della più generale procedura finanziaria, sulla proposta di una maggiore quantità di risorse finanziarie per la promozione delle attività dell'Unione europea nel campo del disarmo e della non proliferazione delle armi di distruzione di massa per il periodo 2007-2013. Per quanto concerne più specificamente il Trattato di non proliferazione, tali risorse finanziarie andrebbero a sostenere azioni volte a rafforzare i tre pilastri del Trattato: la non proliferazione, il disarmo e la cooperazione per un uso sicuro dell'energia nucleare a scopi pacifici.
È molto probabile che proprio alla Conferenza di dicembre siano ratificate decisioni importanti sul piano finanziario. Anche per questo aspetto, infatti, Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio europeo lavorano nella stessa direzione.
La Commissione europea da parte sua sostiene attivamente l'attuazione della strategia contro le armi di distruzione di massa (ADM), in particolare per assicurare futuri finanziamenti. Fin dall'autunno scorso, la Commissione ha adottato una Comunicazione relativa agli strumenti di assistenza esterna nel quadro delle future prospettive finanziarie 2007-2013. La Commissione ha poi proposto un nuovo Strumento di stabilità, finalizzato a gestire le crisi e l'instabilità nei paesi terzi, incluse le sfide transfrontaliere (sicurezza nucleare, non proliferazione, criminalità organizzata e terrorismo).
Per quanto riguarda il Consiglio europeo, il ministro inglese per l'Europa, Denis MacShane, ha dichiarato che la presidenza britannica fa della Strategia ADM una priorità ed osservato che ai fini del supporto al progetto pilota della Commissione egli si attende che venga fatto quanto necessario per assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie UE nelle prossime Prospettive finanziarie (il bilancio previsionale UE per il periodo 2007-2013).
Oltre a Commissione e Consiglio, anche il Parlamento europeo concorda con questa priorità finanziaria. La questione delle risorse e il TNP sono stati esaminati dal Parlamento europeo e dalla sua nuova sottocommissione per la sicurezza e la difesa nel corso di un'audizione svoltasi il 17 marzo 2005. Il ruolo primario del Parlamento europeo nel modellare il processo programmatico in tale area si esplica in quanto ramo dell'autorità di bilancio in rapporto al bilancio Pesc e ai programmi della Commissione (attualmente Tacis e in futuro i nuovi Strumenti finanziari).

L'Italia e l'eliminazione dei materiali nucleari sovietici. Nel settore della non proliferazione e del disarmo nucleare c'è anche il contributo dell'Unione Europea alla Partnership globale del G8 contro la diffusione di armi e materiali di distruzione di massa, che si propone di mettere al sicuro, smantellare e distruggere le armi e i materiali nucleari nonché i materiali e gli impianti per la fabbricazione di armi chimiche, e di riconvertire le competenze già impiegate nei programmi bellici dell'ex Unione sovietica.
L'Unione Europea considera particolarmente importante questo impegno assunto nel luglio 2002, in occasione del Vertice del G8 di Kananaskis contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e le questioni collegate. Si tratta di attuare progetti che ci permettano di aiutare i paesi terzi a raccogliere materiale nucleare o radioattivo per renderlo innocuo e/o eliminarlo, controllando efficacemente le esportazioni od ostacolando il traffico illegale di materiali e attrezzature che possono essere utilizzati per fabbricare dispositivi nucleari, assicurando che specialisti e scienziati che in precedenza erano coinvolti in attività legate alle armi vengano nuovamente istruiti e, infine, contribuendo alla messa a punto senza rischi di applicazioni nucleari. Tutte queste iniziative contribuirebbero a farci raggiungere l'obiettivo ultimo del Trattato di non proliferazione.
L'UE si è impegnata a stanziare un miliardo di euro in 10 anni per il programma di Partnership globale (che si aggiungono ai quattro miliardi promessi dai singoli Stati membri). Il contributo europeo si realizza per lo più nel quadro del programma Tacis e del Programma ambientale della dimensione nordica (bilancio Tacis). La Commissione e stata inoltre incaricata di dare attuazione all'Azione comune con la Russia (bilancio Pesc), azione che può pertanto essere fatta rientrare nell'ambito dell'impegno che ho ricordato.
Nell'ambito dei quattro miliardi promessi dai singoli Stati, segnalo che il Parlamento ha poche settimane fa ratificato l'accordo tra Italia e Russia per lo smantellamento di sottomarini nucleari. Si tratta dell'accordo intergovernativo italo-russo da 360 milioni di euro, firmato a Roma il 5 novembre 2003, in occasione della visita del presidente Putin.
L'Italia mette a disposizione in un decennio le risorse finanziarie, fino a un totale di 360 milioni di euro, per realizzare progetti riguardanti i siti della penisola di Kola (Murmansk, Andreeva Bay, Gremikha e così via) e della regione di Arkhangelsk (Severodvinsk), dove si trovano ben 56 sottomarini nucleari ancora da smantellare, oltre metà dei quali (31) con il combustibile atomico ancora a bordo. Ma vi sono anche da demolire navi appoggio (32 unità, più otto rompighiaccio nucleari) e altre navi di superficie, tra cui un incrociatore nucleare pesante ("Ammiraglio Usciakov"), oltre a grandi quantità di rifiuti radioattivi (24.000 m3 di rifiuti solidi e 10.000 metri cubi di rifiuti liquidi) e di combustibile irraggiato (circa 50 mila barre).

La Dichiarazione di Salonicco nel 2003. Questa attività dell'Unione Europea non è improvvisata, anche se ha una base politica e programmatica molto recente. Parte infatti dalla Dichiarazione del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 sulla non proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Propongo alcune citazioni di questa Dichiarazione di Salonicco, che aiutano ad inquadrare il progetto politico e strategico dell'Unione Europea.
"La proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei missili - sostengono i capi di Stato e di governo dell'Unione - mette a repentaglio la sicurezza dei nostri Stati, dei nostri popoli e dei nostri interessi in tutto il mondo. Raccogliere questa sfida deve essere un elemento centrale dell'azione esterna dell'UE, inclusa la politica estera e di sicurezza comune. Ci prefiggiamo di prevenire e bloccare i programmi di proliferazione che preoccupano il mondo intero e, se possibile, di invertirne la tendenza".
La Dichiarazione di Salonicco afferma che "l'Unione Europea può contribuire a questo sforzo collettivo apportando speciali punti di forza ed esperienza".
Elenca poi una serie di elementi su cui ci si concentrerà nel proseguire l'attuazione del piano d'azione. Ne riporto alcuni:
- "universalizzare ulteriormente i trattati, gli accordi e le intese fondamentali sul disarmo e sulla non proliferazione, se necessario rafforzandoli, e in particolare i mezzi per garantirne il rispetto; sottolineiamo che il pieno rispetto è il nocciolo dell'approccio cooperativo a una sicurezza collettiva ed è un presupposto della stabilità e della sicurezza internazionale";
- "rafforzare le politiche e le prassi per il controllo delle esportazioni nell'ambito dell'Unione europea e oltre, in coordinamento con i partner";
- "rafforzare l'individuazione, il controllo e l'intercettazione delle spedizioni illegali, incluse le sanzioni penali nazionali contro coloro che contribuiscono alle attività illegali di approvvigionamento";
- "esaminare in che modo sia possibile esercitare nella maniera più efficace l'influenza politica, diplomatica ed economica dell'UE per sostenere i nostri obiettivi di non proliferazione; la cooperazione economica e l'aiuto allo sviluppo prestati dall'UE ai paesi terzi dovrebbero tener conto delle preoccupazioni suscitate dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa".

Un'Europa sicura in un mondo migliore. Quella Dichiarazione ha portato in breve alla definizione di una "Strategia europea in materia di sicurezza", adottata il 12 dicembre 2003 a Bruxelles con il titolo "Un'Europa sicura in un mondo migliore". Con questa Strategia l'Unione Europea conferma la sua scelta di potenza pacifica, pur in un quadro internazionale nel quale - per restare al tema nucleare - possedere o fare credere di possedere armi nucleari è diventato un elemento che conferisce un certo status e che viene in effetti percepito come un deterrente o un mezzo di autodifesa. Siamo al punto in cui i paesi che aspirano a entrare nel Consiglio di sicurezza permanente adducono questa condizione a sostegno della propria candidatura.
Noi europei non possiamo affrontare da soli questa sfida.
Per quanto concerne gli Stati Uniti, ad esempio, molti Paesi faticano a capire perché mettano costantemente in guardia e in effetti a ragione dai pericoli derivanti dalle armi di distruzione di massa e contemporaneamente lavorino a una nuova generazione di cosiddette armi nucleari "leggere". Senza alcuna ombra di dubbio tali sviluppi porteranno ancora una volta a una corsa agli armamenti, la quale stavolta riguarderebbe una tipologia di armi che potrebbe finire in mani sbagliate con ancor maggiore facilità. Pertanto l'Europa deve rivolgersi agli Stati Uniti affinché abbandonino tali progetti e insieme a noi investano tutte le loro energie nella ripresa degli sforzi in favore della non proliferazione e del disarmo.
Esiste infatti un solo modo per evitare la crisi definitiva del Trattato di non proliferazione nucleare: attuarlo integralmente. Bisogna decidersi ad applicare alle armi atomiche lo stesso status riservato alle armi chimiche e batteriologiche. Le quali sono state rese completamente illegali, in forza di Convenzioni firmate a più riprese tra il 1925 e il 1993. Se vogliamo evitare una corsa agli armamenti nucleari che trasformi il pianeta in una giungla non c'è insomma altra strada che il rilancio del Trattato di non proliferazione nei termini di una vera convenzione per il disarmo totale. I passi da compiere sono due:
a) dare finalmente attuazione all'articolo 6 del Trattato stesso che impegna gli aderenti ad arrivare ad un accordo successivo;
b) percorrere la "strada" in 13 tappe approvata nel 2000 da tutti i firmatari in sede di revisione del Tnp con l'obiettivo di arrivare alla totale messa al bando delle armi atomiche entro il 2020.

Indicazioni chiare sia dal Parlamento che dal Consiglio. La posizione ufficiale dell'Unione Europea è di pieno sostegno a questa tesi, e viene regolarmente riaffermata in tutte le sedi.
È del 15 aprile 2005 una Risoluzione con cui il Parlamento Europeo "sottolinea la sua ferma convinzione che il disarmo nucleare contribuirà notevolmente alla sicurezza internazionale e alla stabilità strategica, riducendo altresì il rischio di proliferazione nucleare; invita gli Stati membri dotati di un arsenale nucleare ad adempiere agli obblighi assunti in forza dell'articolo 6 del TNP; esorta gli Stati membri ad appoggiare, alla prossima conferenza di revisione del Tnp, la recente iniziativa a livello internazionale proposta da Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, in materia di nuovi rischi nucleari, e da Mohammed El Baradei, direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, in materia di disarmo nucleare e rilancio della Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo".
Ancor più rilevante politicamente è la Posizione comune assunta il 25 aprile di quest'anno dal Consiglio europeo proprio in vista della Conferenza di revisione del 2005 di parti del Trattato di non proliferazione, che si sarebbe tenuta a maggio alle Nazioni Unite.
La Posizione comune non è una decisione isolata, ma costituisce una costante nelle prese di posizione del Consiglio europeo, con cadenza regolare a partire dalla decisione di Salonicco.
Richiamo l'attenzione sui punti dal 30 al 35 dell'articolo 2 b), perché indicano una posizione politica che non corrisponde alla linea politica degli Stati Uniti. L'Unione Europea decide di promuovere alcuni "temi essenziali":
"30) sottolineare, pur riconoscendo le riduzioni degli armamenti nucleari attuate dalla fine della guerra fredda, la necessità di una riduzione globale degli arsenali nucleari nella prosecuzione degli sforzi sistematici e progressivi verso il disarmo nucleare a titolo dell'articolo VI del TNP e congratularsi in tale contesto per la ratifica nel2002 del trattato di Mosca da parte della Federazione russa e degli Stati Uniti d'America, sottolineando nel contempo la necessità di compiere ulteriori progressi nella riduzione dei rispettivi arsenali";
"31) sottolineare la necessità di dare attuazione alle dichiarazioni presidenziali russa e americana del 1991-1992 relative alle riduzioni unilaterali delle loro riserve di armi nucleari non strategiche e esortare tutti gli Stati detentori di armi nucleari non strategiche ad includerle, in vista della loro riduzione ed eliminazione, nei rispettivi processi generali di controllo degli armamenti e di disarmo";
"32) riconoscere l'applicazione del principio dell'irreversibilità a tutte le misure nel campo del disarmo nucleare e del controllo degli armamenti come contributo al mantenimento e al rafforzamento della pace, della sicurezza e della stabilità internazionali, tenendo conto di queste condizioni";
"33) riconoscere l'importanza, sotto il profilo del disarmo nucleare, dei programmi di distruzione ed eliminazione delle armi nucleari e di eliminazione del materiale fissile, quale definito nel quadro del partenariato mondiale del G8";
"34) proseguire negli sforzi di trasparenza che costituiscono una misura volontaria mirante a rafforzare la fiducia per sostenere ulteriori progressi in materia di disarmo";
"35) considerato che il trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) costituisce un elemento essenziale del regime del disarmo e della non proliferazione nucleari e in vista della sua entrata in vigore, quanto prima e senza condizioni, invitare gli Stati, in particolare quelli elencati nell'allegato II, a firmare e a ratificare senza indugio e senza condizioni detto trattato e, nell'attesa della sua entrata in vigore, esortare tutti gli Stati a rispettare una moratoria e ad astenersi da ogni azione contraria agli obblighi e alle disposizioni di detto trattato. Sottolineare l'importanza del lavoro svolto dalla commissione preparatoria dell'organizzazione per l'applicazione del trattato per il bando completo della sperimentazione nucleare e sostenere attivamente il lavoro del rappresentante speciale degli Stati che hanno ratificato detto trattato, incaricato di promuovere l'adesione universale allo stesso trattato".

Manca un'opinione pubblica europea. Le scelte politiche, gli impegni finanziari, l'apporto comune agli appuntamenti internazionali in tema di non proliferazione nucleare non hanno però creato una opinione pubblica europea in materia.
Disattenzione dei cittadini europei? Direi di no. L'opinione pubblica non ne è informata semplicemente perché l'Unione evita di enfatizzare questo aspetto della sua politica di sicurezza e di difesa. Anzi il tema della non proliferazione non fa nemmeno parte della Pesd e non è mai affrontato in documenti che vengono all'esame dei parlamenti nazionali.
Una ragione c'è. La gestione di questa posizione implica imbarazzanti conseguenze in sede Nato nonché all'interno della stessa Europa.
Mentre alcuni Stati dell'Unione come la Germania, il Belgio, l'Olanda, l'Irlanda, il Lussemburgo, la Svezia fanno parte di coalizioni di Stati - come la New Agenda Coalition che ne raggruppa 15 - schierati per il disarmo completo, il negoziato in discussione riguarda un regime internazionale, quello del Non-Proliferation Treaty, che oggi rischia di essere messo a dura prova da una serie di fattori e in primo luogo, dalla mancanza di volontà politica, da parte degli Stati nucleari, anche membri dell'Unione Europea, di procedere speditamente ad un disarmo nucleare.
La questione non riguarda però solo la Francia e il Regno Unito.

L'Europa nucleare non è solo Francia e Regno Unito. Oggi, con il negoziato in corso sul Trattato di non proliferazione, si rischia di dare maggior risalto soltanto all'aspetto della non proliferazione, dimenticando invece che anche Paesi Nato, come l'Italia, oggi hanno sul loro territorio nazionale armi nucleari e di distruzione di massa. In undici basi militari di sei nazioni europee gli Stati Uniti dispongono di un massimo di 480 bombe atomiche, 180 delle quali potrebbero essere montate in caso di guerra sotto le ali di aerei da combattimento dei Paesi ospitanti, Italia inclusa. Sono due le basi della Penisola ad ospitare atomiche americane: ad Aviano si trovano 50 bombe ed a Ghedi di Torre 40.
Ad affermarlo è il rapporto "Us Nuclear Weapons in Europe" (Armi nucleari americane in Europa) realizzato dal Centro studi di New York "Natural Resources Defence Council" sulla base di materiali declassificati, foto satellitari, piani di guerra ed anche documenti segreti ottenuti da fonti militari e risalenti allo scorso anno.
Dello studio emergono due novità. Innanzi tutto il numero degli ordigni in Europa è quasi il doppio di quanto si pensava ed in secondo luogo si viene portati a dedurre che "i piloti dei Paesi ospitanti vengono addestrati regolarmente ad operazioni con le armi nucleari".
Questo riguarda anche l'Italia. Sia ad Aviano che a Ghedi le bombe sono sotto la custodia americana, ma c'e' una differenza: ad Aviano si tratta di ordigni che i piani militari assegnano, in caso di conflitto, ad aerei da caccia degli Stati Uniti, mentre le bombe presenti nei depositi di Ghedi di Torre sono assegnate ad aerei italiani PA-200 Tornado. Da qui la necessità di addestramento costante perché "la procedura prevede - spiega il Rapporto - che in caso di guerra il presidente può ordinare alle truppe Usa che sorvegliano le bombe di consegnarle ai militari del Paese alleato e, in questo caso, all'Italia".
L'addestramento di piloti europei all'uso di armi nucleari potrebbe essere considerato, suggerisce un esperto, come una violazione del Trattato contro la proliferazione nucleare. Tuttavia la questione da un punto di vista legale si presta a differenti interpretazioni perché gli accordi segreti siglati da Washington con i singoli Paesi risalgono a prima dell'entrata in vigore del Trattato stesso nel 1970.
Il generale americano James Jones, comandante supremo della forze Nato, ha fatto trapelare recentemente l'intenzione - secondo quanto scrive il "New York Times" - di ritirare dall'Europa anche le ultime armi nucleari presenti incontrando però le resistenze di alcuni alleati. "La realtà è che vi sono Paesi europei che vogliono mantenere la presenza di armi nucleari - osserva uno dei curatori - perché questo gli consente di mantenere uno strumento di influenza sulle scelte delle amministrazioni americane".

Decisiva la Conferenza europea di dicembre. In presenza di queste contraddizioni, di questi imbarazzi, di queste reticenze risultano ancor più sorprendenti e significative le politiche dell'Unione Europea in materia di non proliferazione nucleare e le posizioni comuni che essa riesce a prendere, tanto che l'Unione Europea viene vista da molti come una grande forza in grado di gestire il percorso che ci può portare ad un mondo libero dall'incubo nucleare.
Ritorno a questo punto alla prossima Assemblea europea del 7 e 8 dicembre a Bruxelles, da cui sono partito. Essa deve costituire il momento di svolta della politica europea in tema di disarmo nucleare: una svolta non sui contenuti, ma sulla praticabilità interna ed internazionale.
Anche per la sua insistenza sulla inevitabilità di un ordine giuridico internazionale, l'Unione europea ha la particolare responsabilità di assicurare il rispetto del Trattato, il che significa che si devono prendere provvedimenti più aspri nei confronti degli Stati che lo eludono. A questo proposito, naturalmente gli sviluppi in Iran e nella Corea del Nord sono fondamentali.
È necessario un coordinamento internazionale per combattere la proliferazione delle armi nucleari, aumentare il controllo di polizia e i mezzi legali per le verifiche, riprendendo i sette punti segnalati da El Baradei, fra i quali ricordo la moratoria di cinque anni sui nuovi impianti, l'impegno inequivocabile al disarmo dei cinque stati ufficialmente riconosciuti come nucleari e l'obiettivo di una "nuclear-free zone"in Medio Oriente.

Riportare il disarmo nel cuore degli europei. Le istituzioni europee si sfidano con l'iniziativa straordinaria della Conferenza di dicembre sulla non proliferazione. C'è però il rischio che senza l'apporto delle opinioni pubbliche, i documenti restino tali e non diventino azioni positive. Anche la Costituzione europea è stata una sfida che le Istituzioni si sono lanciata, ma l'estraneità delle opinioni pubbliche l'ha depotenziata.
Per la scelta del disarmo nucleare occorre lavorare perché questo non si ripeta. La memoria e la preoccupazione del sessantesimo anniversario delle bombe atomiche su Hiroscima e Nagasaki possono facilitare il coinvolgimento delle opinioni pubbliche europee a farsi sentire a quella Conferenza. Bisogna riportare il disarmo nel cuore degli europei.
In Italia abbiamo un'occasione in più. Ci stiamo preparando alle elezioni politiche del 2006 e per una parte dei cittadini, quelli che si riconoscono nel centrosinistra la preparazione avviene anche attraverso l'innovativo strumento delle elezioni primarie. Il disarmo nucleare totale deve essere tra i punti più qualificanti della politica di pace del centrosinistra, e del suo programma di governo del Paese. È importante che i suoi leader traccino una concreta agenda per la pace e il disarmo, coinvolgendo elettori e cittadini. Alle elezioni del 16 ottobre si discuta anche di questo, ma non come di un tema di "nicchia" o di bandiera, ma come di una delle condizioni complessive per assicurare lo sviluppo vero dell'Italia negli anni prossimi.

8 agosto 2005


19 agosto 2005
sd-143
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Tino Bedin