Il senatore Tino Bedin è tra i firmatari di una interrogazione promossa dal senatore Nuccio Iovine, del Gruppo Ds-L'Ulivo, che chiede impegni del governo sulle municipio "a grappolo".
IOVINE, ..., BEDIN, ... - Al Ministro della Difesa. Premesso:
- che le munizioni cluster sono armi di grandi dimensioni - lanciate da mezzi aerei oppure da sistemi di artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili - che si aprono a mezz'aria spargendo ad ampio raggio centinaia (o, nel caso di quelle di artiglieria, decine) di submunizioni più piccole;
- che dal punto di vista militare, le munizioni cluster sono molto apprezzate per la loro capacità di ampia disseminazione e per la versatilità delle submunizioni, che possono avere effetti antipersona o anti-blindatura. Queste armi sono in grado di distruggere obiettivi ampi quali campi d'aviazione e postazioni missilistiche terra-aria e risultano efficaci contro bersagli in movimento o di cui non si conosce la posizione precisa, come truppe nemiche o veicoli;
- che le submunizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell'impatto al suolo, a differenza delle mine antipersona che sono progettate per essere attivate dal contatto con la vittima. Tuttavia, nei casi in cui le submunizioni non funzionano come previsto, sono estremamente pericolose e possono esplodere al minimo tocco o spostamento, diventando così di fatto delle mine antipersona;
- che il tasso di mancata esplosione dichiarato dalle case produttrici è del 5%, ma in realtà i dati raccolti sul campo segnalano indici molto più alti, anche fino al 20-25%. Questo tasso è influenzato da fattori tecnici ma anche dalle condizioni del terreno e dall'altezza da cui sono lanciate. Tutte le armi hanno un tasso di mancato funzionamento ma le munizioni cluster sono particolarmente pericolose per una serie di motivi: 1) l'alto numero di submunizioni che rilasciano, moltiplicato per l'indice di mancata esplosione fa sì che ogni singola munizione cluster produrrà una quantità notevole di pericolosi ordigni inesplosi. Un esempio: nella seconda guerra del golfo, le forze USA hanno usato 10.728 munizioni cluster per un totale di circa 1.800.000 submunizioni. Se anche quelle inesplose fossero in effetti solo il 5%, si tratterebbe comunque di 90.000 ordigni letali disseminati sul terreno; 2) l'instabilità delle submunizioni le rende estremamente pericolose per chi le dovesse toccare e ancora più difficili da rimuovere e distruggere delle mine antipersona; 3) La potenza delle cariche con cui sono armate le rende ancora più letali delle mine antipersona: gli incidenti causati da submunizioni uccidono con più frequenza e in un raggio ben superiore rispetto alle mine antipersona;
- che per quanto il numero dei conflitti in cui si è fatto uso di munizioni cluster sia ancora relativamente limitato, il danno causato alle popolazioni civili sia durante gli attacchi che dopo (a causa delle sub-munizioni inesplose) è sempre enorme. L'impatto non si limita inoltre all'uccisione o al ferimento di civili: una pesante contaminazione da munizioni cluster può infatti avere profonde implicazioni socio-economiche, ostacolando la ricostruzione e lo sviluppo postbellici;
- che munizioni cluster sono stoccate negli arsenali di 57 Paesi, di cui: 5 in Africa; 5 in America; 7 in Asia; 22 in Europa (anche l'Italia); 7 tra le repubbliche ex sovietiche; 11 in Medio Oriente e Nord Africa. Finora, sono state usate in 16 Paesi: in Europa, (Albania, Bosnia, Russia (Cecenia), Serbia-Montenegro, Kossovo); in Asia, (Afghanistan, Cambogia, Laos, Vietnam); in Africa: (Ciad, Eritrea, Etiopia, Sudan); in Medio Oriente, (Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Libano);
- che l'Italia è uno degli almeno 57 Paesi che hanno nei propri arsenali munizioni cluster. Si sa che gli stock italiani comprendono le cosiddette DPICM - Dual Purpose Conventional Munitions lanciate con sistemi di artiglieria MLRS - Multiple Launch Rocket System - che hanno un alto tasso di mancato funzionamento: circa una submunizione su sei rimane inesplosa. Risulta inoltre che l'Aviazione Militare Italiana ha in dotazione cluster bomb tipo (MK2)BL755 contenenti 147 bombette tipo MK 1 HE (2,15 lbs);
- che l'Italia è (o è stato) uno dei 33 Paesi produttori di munizioni cluster. Almeno due modelli di munizioni cluster risultano inseriti nel catalogo della Simmel Difesa con sede a Colleferro (RM) (catalogo che, in risposta ad una ricerca avviata, la ditta ha confermato essere aggiornato) e ci sono indicazioni di produzione da parte di almeno un'altra impresa italiana (SNIA-BDP). L'Italia ha inoltre importato munizioni cluster dalla Germania (proiettili d'artiglieria) e dagli USA (bombe, razzi) ma parrebbe non aver fatto uso di queste munizioni in nessuno dei teatri operativi in cui è stata presente;
- che il nostro Paese ha conosciuto, per quanto limitatamente, gli effetti di queste armi quando, nel 1999, si dovette procedere al blocco della pesca in alto Adriatico dopo che aerei USA in rientro dalle missioni nei Balcani scaricarono in mare ordigni esplosivi tra cui bombe cluster. L'indennizzo corrisposto per il blocco della pesca ammontò all'equivalente di circa 43 milioni di euro;
si chiede di sapere:
- quali sono il numero, i modelli e le provenienze delle munizioni cluster immagazzinate negli arsenali delle forze armate italiane, al fine di determinare l'esistenza di stock di munizioni il cui uso rischierebbe di causare danni sproporzionati alle popolazioni civili nelle aree in cui dovessero essere usate (e che sarebbe quindi auspicabile distruggere);
- qual è il ruolo che questo tipo di munizioni riveste nelle strategie di difesa del nostro Paese e in quali occasioni sono state utilizzate dalle nostre forze armate;
- quali sono i modelli di munizioni cluster e della componentistica prodotta in Italia e se il nostro Paese è in alcun modo coinvolto in progetti di natura europea o multilaterale per lo sviluppo e la produzione di sistemi d'arma che utilizzano munizioni cluster;
- quali sono i Paesi verso cui l'Italia esporta o ha esportato questo tipo di munizioni.
18 ottobre 2004
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