SICUREZZA E DIFESA
I molti motivi di incostituzionalità del decreto di proroga della missione
L'Iraq ripristina la pena di morte:
una ragione in più
per ritirare il nostro contingente

I militari italiani devono rispondere a comandi su cui il Parlamento non ha competenza

Prima a dell'avvio della discussione generale sul decreto legge di proroga della missione militare italiana in Iraq, è stata presentata nell'Aula del Senato una questione di costituzionalità. A nome del gruppo Margherita-L'Ulivo il senatore Tino Bedin, capogruppo in Commissione Difesa, ha sostenuto i molti motivi di incostituzionalità del decreto, confutando tra l'altro l'intervento del senatore di Alleanza Nazionale Pellicini, che aveva usato toni provocatori ("dovete vergognarvi") nei confronti dell'Ulivo.

di Tino Bedin capogruppo Margherita in Commissione Difesa

Intervengo a sostegno della pregiudiziale di costituzionalità avanzata dal senatore Zancan. Gli argomenti in senso contrario, portati dal senatore Pellicini, hanno ampliato naturalmente il tema della discussione e ad essa non mi sottrarrò.
Se c'è qualcuno che deve vergognarsi in quest'Aula è la maggioranza, che ha mandato in Iraq i nostri militari senza un'attrezzatura adeguata; che ha mandato in Iraq i nostri militari senza regole di ingaggio chiare, tanto è vero che ad un certo punto il comandante delle nostre truppe ha dovuto chiedere lumi a Roma.
Se c'è qualcuno che deve vergognarsi - ripeto - sono la maggioranza e il Governo che hanno mandato in Iraq i nostri militari con l'unico scudo dell'applicazione del codice penale militare di guerra, indicando così, voi, maggioranza, voi Governo, agli iracheni che gli italiani erano lì in guerra. Noi abbiamo sostenuto ragioni di pace. Voi, applicando il codice militare di guerra, avete detto agli iracheni che gli italiani, contrariamente alla loro storia ed alla loro capacità militare, sono in una guerra che noi non vogliamo!

Ciampi richiama l'articolo 11 della Costituzione. Le difficoltà nelle quali la maggioranza ed il Governo hanno messo i nostri militari, proprio in relazione all'articolo 11 della Costituzione, è emersa chiaramente in occasione della battaglia dei ponti, a cui i nostri militari hanno dovuto prendere parte. E ricordo a me stesso che, subito dopo quel tragico episodio, il Presidente della Repubblica ha ritenuto inevitabile convocare il Consiglio supremo di difesa; una convocazione che non è un atto normale.
Evidentemente il Presidente della Repubblica, di fronte a quell'episodio chiaramente di guerra, certo non voluto dai militari italiani ma di fatto svoltosi, ha sentito il dovere di richiamare il Governo italiano alla necessità del rigoroso rispetto dell'articolo 11 della Costituzione.
Ebbene, dopo quella riunione del Consiglio supremo di difesa, dopo il giusto richiamo del Presidente della Repubblica all'articolo 11 della Costituzione, abbiamo dovuto registrare un tragico episodio. Evidentemente la morte del caporale Matteo Vanzan è anche la conseguenza di una difficoltà di comando da parte del nostro Governo. I nostri militari, infatti, sono lì e devono rispettare l'articolo 11 della Costituzione e contemporaneamente rispondere al comando angloamericano.
Anche questa è una ragione di incostituzionalità. Vi sono dei cittadini della Repubblica in armi che, invece di rispondere al Presidente della Repubblica, sono chiamati a rispondere, sul piano operativo, ad uno Stato straniero, con il quale non abbiamo capacità di interlocuzione politica e neanche tecnica.

Che garanzie per gli arrestati dagli italiani? Vi è poi un altro elemento, che appare in modo sempre più chiaro, di incostituzionalità e fuori dalla nostra legislazione che riguarda le condizioni in cui i militari italiani sono posti a causa delle scelte del Governo e della destra: il nuovo Governo ad interim iracheno che riconosciamo, essendo legittimo dal punto di vista internazionale, ha deciso nella sua autonomia e per ragioni che esso ha valutato di reintrodurre la pena di morte nella legislazione irachena.
Ebbene, i nostri militari saranno messi nella condizione, una volta arrestati terroristi o svolto il servizio di protezione degli aiuti umanitari, di consegnare prigionieri ad uno Stato nel quale si applica la pena di morte. Questo - ripeto - è fuori dal nostro ordinamento, è contrario alle leggi della Repubblica italiana.

In 20 mila fanno la guerra per mestiere. Un ulteriore elemento pone il contingente italiano al di fuori della Costituzione repubblicana: il terzo contingente straniero presente in territorio iracheno in questo momento è costituito non da eserciti nazionali, che rispondono a poteri politici e alle democrazie occidentali, bensì da mercenari. Nel territorio iracheno ci sono 20.000 persone che fanno la guerra per mestiere. Ciò crea grandi difficoltà nei rapporti con lo Stato iracheno, ma soprattutto pone i nostri militari in una condizione di estrema pericolosità.
Infatti, è chiaro che i cittadini iracheni, qualunque sia la loro opinione politica, faranno fatica a distinguere, fra gli stranieri, coloro che, come i nostri militari, rispondono ad un Governo, hanno regole di ingaggio stabilite e hanno alle spalle un Parlamento che li sostiene, li indirizza e li aiuta e coloro che, invece, rispondono esclusivamente a un'impresa multinazionale di protezione, statunitense o inglese. Questa, lo ripeto, è un'altra delle condizioni di illegalità esistenti in Iraq, cui i nostri militari, con le decisioni adottate anche dal decreto al nostro esame, saranno costretti.

Tirare fuori l'Italia da una guerra sbagliata. Infine, il salto di qualità contenuto in questo decreto, nel quale le nostre Forze armate vengono dotate di armamenti medio-pesanti, dimostra chiaramente che i nostri militari sono inviati dalla maggioranza di destra e dal Governo in una situazione di guerra effettiva, non certo per colpa dei militari italiani, la cui posizione è stata, finora, lodevolmente rispettosa dell'articolo 11 della nostra Costituzione.
Infatti, quando si inviano carri armati Ariete e cannoni con gittata a cinque chilometri, quando la dotazione di Centauro passa da 8 a 15, vuol dire che non siamo più di fronte ad un'azione di pattugliamento e di protezione degli aiuti umanitari, ma siamo, purtroppo, in una guerra.
Da questa guerra, vietata dalla nostra Costituzione, abbiamo chiesto che i nostri militari siano tirati fuori per la loro dignità, la loro sicurezza e la sicurezza dell'Italia. Anche per questo voteremo a favore della questione pregiudiziale di costituzionalità avanzata.

Intervento sul disegno di legge S. 3040 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 160, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali"
Aula del Senato / 22 luglio 2004


6 agosto 2004
sd-119
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Tino Bedin