di Tino Bedin senatore della Margherita
È all'esame della Commissione Lavoro del Senato lo schema di decreto legislativo che apporta alcune modifiche alla disciplina in materia di orario di lavoro contenuta nel decreto legislativo 66 dell' 8 aprile 2003. Quest'ultimo ha completato il recepimento della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, ("concernente alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro") e della direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, che completa la direttiva precedente.
La finalità dichiarata del nuovo decreto legislativo è principalmente quella di introdurre sanzioni relativamente ai nuovi precetti contenuti nel decreto 66/2003. Tuttavia il governo approfitta dello strumento anche per apportare variazioni di contenuto del decreto. Ed è su queste che richiamo l'attenzione della Commissione Difesa.
Le lettere a) e b) dell'articolo 1, comma 1, dello schema modificano parzialmente l'art. 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 66.
La modifica è intesa ad escludere del tutto dall'ambito di applicazione del decreto n. 66 il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, "in relazione alle attività operative specificamente istituzionali".
In base all'attuale disciplina, il personale delle Forze armate e delle Forze di Polizia rientra tra i soggetti per i quali l'esclusione dall'ambito del decreto legislativo 66/2003 può essere definita in presenza di particolari esigenze, individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica.
Per escludere completamente i lavoratori delle Forze Armate e delle Forze di Polizia dalle regole e dalle garanzie previste dalle direttive europee sull'orario di lavoro, il governo cerca di fare ricorso ad una direttiva del 1989 (Dir. 89/391/CEE). Essa però prevede l'inapplicabilità solo quando "particolarià" riguardanti "attività specifiche" "vi si oppongono in modo imperativo". La norma europea, che cita nello stesso comma dell'articolo 2 anche la Protezione civile, intende ovviamente le situazioni di operatività o di emergenza, non certo le normale condizioni professionali delle Forze armate e delle Forze di Polizia. E del resto lo schema di decreto legislativo non modifica il decreto legislativo 66/2003 per quanto riguarda la Protezione civile.
Sempre in tema di norme europee, osservo che, anche per le categorie oggetto della proposta di modifica, la direttiva 93/104/CE non ammette deroghe alle disposizioni sulle ferie e sui profili del lavoro notturno (ivi disciplinati) diversi da quello della durata (cfr. gli artt. 17, 17-bis e 17-ter della direttiva, e successive modificazioni).
Assistiamo perciò al paradosso che per le persone delle nostre Forze armate che sempre più spesso operano fianco a fianco di colleghi europei non si applichino regole ed indirizzi comuni ad altri paesi.
L'altro paradosso è che queste scelta del governo avviene in contemporanea all'accelerazione del passaggio completo alle Forze armate professionali in Italia. Una delle condizioni perché questa trasformazione abbia successo è certamente di assicurare ai lavoratori delle Forze armate i diritti di cittadinanza tipici di tutti i lavoratori e i diritti sull'orario di lavoro sono una componente essenziale di questa cittadinanza.
Per questo mi sembra opportuno che lo schema di decreto legislativo venga esaminato anche dalla Commissione Difesa del Senato.
Intervento in Commissione Difesa
5 maggio 2004
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