Le norme della 185/90 cambiate proprio in un giorno di guerra La nuova legge italiana sul commercio delle armi
votata sotto il fragore dei Cruise
L'Italia consolida la subalternità dell'industria europea della Difesa agli Stati Uniti: esattamente il contrario degli obiettivi dell'Accordo di Farnborough
Il Senato ha approvato nella mattinata di giovedì 27 marzo 2003 il disegno di legge del governo che modifica la legge 185 del 1990 sul commercio delle armi. Il disegno di legge è stato approvato dalla maggioranza, mentre l'Ulivo, Rifondazione comunista e il gruppo delle Autonomie hanno votato contro. Il disegno di legge era arrivato in Senato lo scorso anno, all'inizio di luglio, dalla Cmera dei deputati. Ora esso ritorna alla Camera: sono stati modificati infatti due articoli, uno tecnico (relativo al finanziamento) e uno politico: è stato infatti soppresso l'articolo 11 del disegno di legge arrivato dalla Camera, che eliminava il controllo sulle transazioni bancarie. L'emendamento soppressivo è stato presentato da tutti i gruppi dell'Ulivo ed è stato approvato da tutti i gruppi parlamentari. In considerazione del tipo di modifiche è prevedibile una rapida approvazione definitiva da parte dell'altro ramo del Parlamento. A nome del gruppo Margherita-L'Ulivo il senatore Tino Bedin, capogruppo in commissione Difesa, ha svolto la dichiarazione di voto finale, che pubblichiamo.
dichiarazione di voto di Tino Bedin capogruppo Margherita-L'Ulivo in commissione Difesa del Senato
Come potremmo votare una legge sul commercio delle armi, mentre le armi sono in funzione? Come potremmo votare a favore di una legge che "semplifica" la diffusione delle armi con negli occhi i soldati americani e britannici, e i cittadini di Bagdad, a cui le armi proprio in questo momento sono micidialmente destinate?
Gli affari sono affari; i sentimenti seguono. Ci sono dei gesti simbolici che a volte le istituzioni sono chiamate a scegliere anche oltre la loro volontà e che hanno valore appunto come simbolo, al di là delle eventuali parole o fatti che quei gesti contengono.
Così diventa un simbolo che il Senato voti le modifiche alla legge 185/90 proprio mentre Baghdad è sommersa di bombe degli anglo-americani che hanno l'obiettivo di disarmare Saddam Hussein delle stesse armi che gli sono state vendute in modo quasi sempre legale dai Paesi occidentali.
Il governo sta trascinando il Senato a compiere un gesto carico di simboli negativi: la prevalenza degli interessi sulla pietà, la guerra come un affare e non come una tragedia, l'inutilità della passione civica di fronte al potere. Gli affari sono affari, i sentimenti seguono.
Ci sono altri contenuti, politicamente più drammatici che il disegno di legge sulla modifica della legge 185 del 1990 contiene, come l'ulteriore subalternità dell'Europa alle imprese americane delle armi; ma per il giorno in cui ci costringete a votare questa legge, la prima ragione per cui votiamo contro è perché vogliamo distinguerci da questi simboli negativi.
Non voteremo questa legge sulle armi e sul loro commercio mondiale, mentre la principale preoccupazione degli italiani, degli europei, dei cittadini del mondo è la guerra.
Senza risposte un anno di domande. Dico ai colleghi della maggioranza: siete ancora in tempo per fermarvi; siete ancora in tempo, non dico per ascoltare le migliaia di vostri concittadini che si sono rivolti a voi con speranza, ma almeno per non offenderli, per non umiliare la loro speranza.
Vi siete presi tutto il tempo che avete voluto. Non siete praticamente mai venuti in commissione a confrontarvi e a votare. Avete fatto ostruzionismo. Sembrava che tutto fosse più importante di questa legge. Facendola apparire e scomparire dall'ordine del giorno del Senato, avevate perfino illuso qualcuno dei vostri elettori che questa attesa nascesse dalla volontà di ricercare risposte alle richieste che una parte importante della società italiana vi ha rivolte, tuttora vi rivolge.
Perché volete che ora quella vostra attesa venga interpretata come l'esigenza di aspettare il momento propizio per approvare una legge di cui conoscete i punti deboli?
I punti deboli infatti li avete ad un certo punto riconosciuti.
Vi era stata offerta anche la strada per superarli: un nostro emendamento aggiuntivo all'articolo 2, con il quale si chiedeva di fare salvi tutti i principi ed i criteri della legge 185 nell'applicazione concreta dell'Accordo di Farnborough. Si sarebbe trattato di un articolo-salvaguardia, che avrebbe rassicurato il Parlamento ma anche le migliaia di persone che in questi mesi hanno chiesto di salvare la legge del 1990. La maggioranza ha dribblato l'impegno, mettendo questo principio in un ordine del giorno che è stato accettato dal governo. E così ha fatto con altri dirimenti punti di sostanza: ordini del giorno interpretativi. Ma un ordine del giorno non è una norma.
Invece con il testo che voi approverete saranno ratificate la mancata conoscenza del valore del progetto, la mancanza del certificato di uso finale e l'incertezza sulla qualità dei diritti umani nei paesi destinatari. E così nella legge non siete stati in grado di dare risposte vere alle domande che a nome di molti ci sono state rivolte dalla Chiesa italiana, dalle organizzazioni non governative, da coloro che - laici e suore - lavorano in prima linea nei paesi impoveriti ma armati.
Volete proprio apparire come coloro che sfruttano la tragica opportunità della guerra in Iraq per nascondere la vostra incapacità? Qualcuno di voi si illude forse che i richiami che dal mondo cattolico e associativo sono arrivati ai senatori e che hanno finora ritardato l'approvazione, saranno meno... udibili sotto il fragore dei missili Cruise.
Non è l'Accordo di Farnborough a richiedere la modifica della 185. Il fatto è che avete bisogno di questo frastuono, perché non funziona più l'ombrello europeo che all'inizio del percorso di questo disegno di legge il governo aveva aperto per ripararvi sotto un disegno politico di smantellamento della legge italiana sul commercio delle armi.
Quel poco di dibattito che la maggioranza ha consentito in Senato ha comunque raggiunto un risultato: ora è chiaro sia dentro che fuori del Parlamento che la ratifica dell'Accordo di Farnborough sull'industria europea della Difesa non richiede la modifica della legge 185, ma che questa è inserita per disegni autonomi del governo. L'Ulivo del resto aveva presentato una proposta di legge di modifica della legge n. 185, indipendente dal trattato e precedente rispetto a questo.
La ratifica si può fare da sola, ed infatti qui in Senato tutto l'Ulivo ha votato a favore di questa ratifica; ma non è questa che interessa al governo.
Fin dall'inizio del dibattito in Senato l'Ulivo aveva assicurato tempi rapidi e scelte condivise sull'accordo di Farnborough. Pur di assicurarsi le modifiche alla legge 185, il governo ha però preferito mettere le imprese italiane per oltre un anno in posizione di non competitività con le imprese degli altri cinque paesi firmatari, che intanto stanno applicando le nuove regole comuni.
Il governo preferisce il legame con gli Usa. Ormai è chiaro che l'attacco del governo con questo disegno di legge non è solo alla legge 185 del 1990 ma anche all'accordo di Farnborough stesso. Il governo italiano è costretto a ratificarlo, ma con questa legge di fatto lo supera e lo svuota della sua componente di competitività industriale.
Anche con questo disegno di legge il governo Berlusconi conferma quello che è emerge in ogni passaggio cruciale: alla solidarietà europea preferisce il legame con gli Stati Uniti; anche qui: ad un'industria europea della Difesa collaborativa e quindi competitiva preferisce gli accordi bilaterali.
E' un'altra delle molte ragioni per votare contro.
A differenza delle ragioni gravi che sono scritte nel testo e che ho citate, questa è una ragione che non è scritta nella legge ma che è nelle conseguenze della legge.
Molti nel mondo si sentiranno meno sicuri. Così il mondo sarà un po' meno sicuro perché sarà più facile far circolare armi italiane ed armi commerciate da italiani. Più armi in circolazione senza controllo non vuol dire più sicurezza, ma meno sicurezza tanto sul versante internazionale quanto su quello interno. Se non gestito rigorosamente, il commercio delle armi e dei sistemi d'arma genera i conflitti e non li risolve.
Il mondo sarà meno sicuro perché non c'è alcun rapporto tra la politica di pace che deve svolgere l'Unione europea ed il segreto sull'uso finale delle armi. Questi segreti ledono la credibilità del trattato. Quando il presidente Prodi ed il ministro Andreatta sottoscrissero la lettera di intenti che ha portato all'accordo fra i sei maggiori paesi dell'Europa, sottoscritto dal Governo Amato e dal ministro Mattarella, non solo partivano dalla consapevolezza che era utile completare la legge 9 luglio 1990, n. 185, allargandone la sua dimensione esclusivamente nazionale, ma soprattutto individuavano nell'Europa, non solo la dimensione produttiva giusta, ma la sede nuova per promuovere un sistema di sicurezza e di difesa moderno, integrato, finalizzato a preservare e ad estendere la pace.
Il mondo sarà meno sicuro perché l'Europa sarà un po' meno forte e un po' meno in grado di proporre regole proprie nel settore degli armamenti. Regole che sono dentro una politica di sicurezza e non in previsione di interessi. Solo un'Europa forte nel mondo può aiutare la pace e l'Europa sarà forte se avrà una sua politica estera e una sua politica di difesa comune. È il senso dell'accordo, che la nuova legge italiana indebolisce a vantaggio della concorrenza americana.
Torniamo là dove eravamo partiti nella nostra valutazione, cioè dalla condizione di guerra, ma con molte altre ragioni, oltre a quelle della guerra in corso, per dire no a questa regressione.
27 marzo 2003 |