La cifra non tiene conto dei miglioramenti introdotti alla Camera
Sbagliati i conti degli stipendi nel decreto sulle missioni militari internazionali
Il governo non dà chiarimenti su come i militari italiani in Afghanistan passeranno sotto il comando americano
La commissione Difesa del Senato ha discusso in tre sedute il decreto legge sul finanziamento delle missioni militari internazionali nel primo semestre del 2003. Il senatore Tino Bedin, dopo essere intervenuto in discussione generale e nella presentazione di emendamenti e di un ordine del giorno, ha svolto la dichiarazione di voto con cui annuncia di non partecipare al voto finale. Questo il testo dell'intervento.
dichiarazione di voto di Tino Bedin
capogruppo Margherita commissione Difesa
Il decreto-legge 20 gennaio 2003, n. 4, che contiene " disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali" e anche, dopo l'esame della Camera dei deputati, "modifiche al codice penale militare di guerra" è il tradizionale strumento con il quale governo prima, parlamento poi assicurano tranquillità normativa e copertura finanziaria ai militari italiani impegnati in operazione internazionali. È dunque con riferimento principalmente ai militari che dobbiamo esprimere la valutazione parlamentare, anche se sono rilevanti i contenuti politici, sui quali infatti mi sono soffermato nell'intervento in discussione generale e che ho evidenziato anche con la presentazione di emendamenti, respinti dalla Commissione Difesa del Senato.
Sono finanziati i miglioramenti economici ai militari?
Comincio dagli aspetti finanziari.
Nel testo all'esame del Senato c'è una questione specifica riguardo al finanziamento: la Commissione Bilancio del Senato ci ha segnalato nel suo parere l'inesattezza dell'importo relativo all'autorizzazione di spesa indicata all'articolo 1, comma 8, in quanto non recepisce i miglioramenti - approvati nel corso dell'iter parlamentare alla Camera dei deputati, relativi alle indennità di missione. Insomma si è deciso, sulla base di proposte dell'Ulivo, di eliminare alcuni tagli alla diaria dei militari, ma non si sono messe nel decreto le nuove somme che servono.
È vero che lo stanziamento complessivo previsto dal decreto sembra soddisfare anche le nuove spese, ma non è poi così scontato.
Ricordo che il sottosegretario Molgora, rispondendo alle considerazioni svolte dal relatore della Commissione Bilancio, ha osservato che il problema della mancata modifica dell'autorizzazione di spesa indicata all'articolo 1, comma 8, potrebbe essere risolto, e cito dal verbale della seduta, "alternativamente, mediante l'aumento della predetta autorizzazione di spesa ovvero incrementando gli importi relativi all'articolo 3, commi 1 e 3-bis". Quale che sia la strada che si percorra, essa porta, secondo il sottosegretario, ad una modifica del decreto qui in Senato.
Sulla stessa linea è il parere della Commissione Bilancio. Pur offrendo un appiglio procedurale per evitare modifiche, il parere annota: "La Commissione rileva che sarebbe, tuttavia, opportuno riformulare nei termini anzidetti la citata autorizzazione di spesa per escludere i possibili effetti che deriverebbero dall'applicazione del comma 6-bis, dell'articolo 11-ter, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni, secondo cui "le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi".
In vista di una necessaria modifica e quindi di un terzo passaggio del decreto alla Camera, l'Ulivo ha consentito procedure accelerate nell'esame in Commissione Difesa, non formalizzandosi sul rispetto dei tempi. Con l'approvazione rapida in commissione, ci sono altre due settimane per perfezionare il decreto prima della scadenza.
Da parte sua il governo non è stato invece in grado di dire una parola chiara. Anzi ha fatto carico il Senato di assumere l'iniziativa attraverso un ordine del giorno. Troppo poco per una questione delicata ed assai concreta. Poiché il senso immediato di questo decreto legge è quello di garantire gli stipendi ai militari italiani in missione, il forte dubbio che riguarda la copertura ci costringe ad una posizione assai prudente in questa fase. Vedremo in Aula se il Governo vorrà e potrà dare assicurazioni sul pagamento degli stipendi anche con una copertura finanziaria sbagliata.
A chi dovranno obbedire i soldati in Afghanistan?
Il secondo aspetto riguarda la posizione giuridica dei militari.
Ribadisco che sarebbe stato più giusto e più limpido dal punto di vista politico e parlamentare operare una distinzione tra le varie operazioni militari internazionali, che presentano caratteristiche e finalità molto diverse tra di loro.
Su diciotto missioni che vedono impegnati i militari italiani, abbiamo una condivisione senza riserve su diciassette missioni e mezza. Il nostro gruppo ha addirittura chiesto attraverso un emendamento l'ulteriore proroga della partecipazione alla missione ISAF, a guida Onu, in Afghanistan fino alla fine dell'anno. A proposito, il fatto che commissione e governo abbiano dato parere contrario a questo emendamento mi auguro che non preluda ad un disimpegno italiano da tale missione, dopo il 30 giugno.
A nostro parere la natura della partecipazione italiana all'operazione "Libertà duratura" in Afghanistan invece richiederebbe ulteriori approfondimenti ed avrebbe dovuto essere disciplinata in uno specifico provvedimento. Al di là della iniziale volontà del parlamento, infatti, l'invio degli alpini non può essere inquadrato nell'ambito di una missione di peace keeping, in quanto si sta assistendo ad un cambiamento della natura e della finalità dell'operazione "Libertà duratura". Anche su questo aspetto in Commissione Difesa il Governo è stato reticente in merito al trasferimento di comando, alle regole di ingaggio ed all'esigenza di tutelare l'incolumità dei nostri soldati; anche in questo caso il governo ha lasciato tutta la responsabilità al Parlamento, lasciando che a rispondere ai nostri dubbi fossero solo colleghi della maggioranza.
Anche per questa mancata assunzione di responsabilità le risposte sulle regole di ingaggio dei nostri militari non appaiono soddisfacenti. A nostro modo di vedere la maniera migliore per esprimere solidarietà ai militari italiani è quello di chiarire che cosa andranno a fare e chi li comanderà, mentre il silenzio della maggioranza su questi temi non rende un buon servizio alle Forze armate.
Aspettiamo due risposte dal governo in Aula
Il governo non ci ha dunque fornito elementi certi sui due aspetti fondamentali del decreto. Per l'incertezza della copertura e per l'insufficiente chiarimento sull'ingaggio dei nostri militari all'interno dell'operazione "Libertà duratura", preannuncio quindi che non parteciperò alla votazione sul conferimento ai relatori del mandato a riferire favorevolmente sul decreto. Mi auguro che da qui al voto finale nell'Aula del Senato il governo si assuma sui due temi le responsabilità che gli competono per rassicurare le Forze Armate e per consentire al Senato di esprimere un voto certo.
27 febbraio 2003 |