SICUREZZA E DIFESA

È cambiato anche il compito delle Forze armate
Dalle tragedie della guerra al progetto di pace chiamato Europa
Celebrazione del 4 Novembre a Torreglia

Il senatore Tino Bedin, aderendo ad un invito della Federazione provinciale Combattenti e Reduci di Padova, ha tenuto l'orazione ufficiale alla celebrazione del 4 Novembre promossa dalla sezione Combattenti di Torreglia. La cerimonia al monumeto ai caduti è stata preceduta dalla messa nella chiesa parrocchiale ed è stata seguita dalla posa di una corona al monumento al bersagliere.
Riportiamo il testo dell'intervento di Tino Bedin.

di Tino Bedin

Stiamo insieme oggi, persone che a titolo diverso sono interpreti delle comunità di Torreglia, per mantenere la memoria. Stiamo qui, davanti al monumento ai caduti, per la stessa ragione che ci ha portati fino a qualche minuto fa in chiesa: per non dimenticare!; da credenti lì, da cittadini qui.

L'indispensabile lavoro della memoria. Per non dimenticare coloro che tennero alto l'onore della Patria. Combatterono per il loro onore di cittadini in armi, anche quando si trovarono soli, senza ordini o con ordini contraddittori. Furono tanti: ufficiali subalterni, sottufficiali, soldati a prendere l'iniziativa, a guidare attacchi disperati.
Per non dimenticare coloro che furono vittime di una spesso folle, disumana violenza. Noi, la generazione della pace, non abbiamo patito quella follia, ma l'abbiamo conosciuta prima nel racconto dei nostri genitori, poi con gli occhi della tv che ci ha portato, che ci porta fin nel cuore, lo strazio di milioni di persone nel mondo che sono state ostaggio delle guerre degli eserciti.
Onoriamo gli uni e gli altri nel silenzio, nella preghiera, nella memoria civile! Il lavoro della memoria è difficile, complesso, ma è indispensabile per capire il presente, per dare senso al cammino percorso dal 1945 a oggi, per dare valore alle istituzioni che sono state costruite per noi e che conserviamo per le generazioni future: prime fra tutte a Costituzione Repubblicana, i Trattati dell'Unione Europea.
Il lavoro della memoria non è spontaneo. Esige la dedizione convinta di molti. Giornate come questa si realizzano solo perché c'è l'impegno di persone che - volendo dare una dimensione più completa alla loro vita - ci fanno incontrare qui ogni anno. Mi riferisco alla sezione di Torreglia dell'Associazione nazionale combattenti. Anche con questa iniziativa l'Associazione dimostra che non vuole essere e non è solo un'associazione di reduci, ma un'associazione di persone che ritengono necessario mantenere sempre vivo il ricordo di lontane tragedie da compatire con i protagonisti, il ricordo di perenni valori da tramandare alle nuove generazioni.

Il filo dell'unità d'Italia non si è spezzato. Il ricordo così vissuto non è fatto a mantenere vive divisioni; al contrario serve alla pacificazione: in Italia essa si è realizzata anche grazie alle scelte e al sacrificio dei cittadini soldati. Per questo l'unità nazionale è rafforzata dalla memoria di quelle vicende, dalla lotta che venne fatta contro il nemico in armi, ma anche contro la dittatura, dalla lotta che venne fatta in difesa dei principi fondamentali dei diritti umani.
Il nostro sindaco Mario Bertoli ha già ricordato con i numeri, e quindi è come se li avesse ricordati uno per uno, i caduti della Grande Guerra. Ricordiamo insieme in questo 4 novembre, in questa Giornata delle Forze armate, anche gli 87 mila caduti appartenenti alle forze armate nello scontro con il nazifascismo. Tra di loro ci sono gli eroi di Cefalonia, di Corfù, delle isole dell'Egeo, i marinai della "Roma" e tanti altri che non vollero cedere le armi. Ricordiamo quei 600 mila militari italiani che consapevolmente rifiutarono di collaborare con i nazisti e, per questo, scelsero l'internamento nei campi di concentramento. Molti di loro non sono più tornati.
Sono storie di persone singole, sono storie di commilitoni che hanno seguito la loro coscienza, che hanno costruito la Patria a loro immagine nella prova più difficile. Grazie a loro il filo dell'unità d'Italia non si spezzò. Era il filo che i combattenti della seconda guerra mondiale avevano ricevuto in eredita dai combattenti della Grande Guerra, quella che terminò il 4 novembre 1918.

Europa, il nome della nostra storia e del nostro futuro. La memoria che oggi facciamo anche qui a Torreglia serve a non spezzare quel filo; anche se ora a tenerlo integro è non la guerra, ma la pace. Quel filo - tragico e glorioso, personale e nazionale - oggi ha soprattutto il nome di Europa.
Non devono dimenticare, specie i più giovani, chi si è sacrificato per la Patria ovunque, in guerra e in pace; chi è caduto; chi ha vissuto in prigionia lunghi anni della più bella stagione della vita e che, tornato, ha ricostruito l'Italia in un'Europa concorde e unitaria. Non devono dimenticare la visione e la tenacia di quanti hanno respinto le grettezze del lungo passato di gelosie nazionali. Quel rigetto è stato l'ideale e la molla che hanno dato vita all'integrazione europea. Non devono dimenticare il significato vero dell'Unione Europea, dell'Alleanza Atlantica e delle Nazioni Unite.
Europa: un nome che è già storia. Abbiamo realizzato, tutti insieme, popoli latini, germanici, nordici, quello che appare ancora un miracolo: costruire una unione di Stati e di genti che assicura in maniera irreversibile la pace in Europa.
Ma Europa è anche il filo che ci lega al futuro. In questi mesi, in queste settimane noi Europei siamo impegnati in un'impresa finora riuscita solo con le armi: il passaggio dall'Unione Europea all'Europa Unita, fatta di 25 Stati, grandi e piccoli, con diversissime lingue e diverse economie; con al fondo soprattutto un convincimento: mai più guerra tra noi.
Per questi 25 popoli si sta scrivendo anche un Patto nuovo. Il primo abbozzo è stato presentato proprio all'inizio di questa settimana da Valery Giscard d'Estaing. Ne discuteremo insieme e poi insieme lo sottoscriveremo. Per vivere in pace.

Per condividere la pace. Per vivere in pace, non da soli. Già oggi l'Unione Europea è un'istituzione modello per il mondo. Se noi Europei siamo riusciti a tanto, perché non dovrebbero riuscirvi altri popoli?
Per vivere in pace, non da soli. Di fronte alle atroci azioni di un nuovo terrorismo globale, o mentre assistiamo - con un senso quasi di impotenza - a insensati conflitti, come quello che fa scorrere il sangue ogni giorno nel Medio Oriente, noi italiani, noi europei sappiamo che non possiamo tirarci indietro.
I soldati che tra il 1939 e il 1945 si combatterono tra loro, italiani, britannici, francesi, tedeschi e di altre nazioni, sono oggi sotto la stessa bandiera nei Balcani, in Afghanistan, in Africa e in altre parti del mondo per garantire sicurezza e stabilità.
In particolare migliaia di militari italiani - soldati. carabinieri, marinai e avieri - operano nel mondo al servizio della pace e per la sicurezza di popolazioni inermi. Dall'Europa al Medio Oriente, dall'Africa all'Asia, svolgono la loro missione con entusiasmo, professionalità ed umanità: forniscono una splendida immagine dell'Italia ed impersonano la figura del soldato del nuovo secolo impegnato nelle operazioni per il mantenimento della pace e della legalità internazionale.
Oggi, dopo l'11 settembre, siamo impegnati a combattere un nemico particolarmente insidioso, una rete terroristica internazionale, ispirata da un fanatismo irrazionale. I militari italiani sono in prima fila anche nella lotta contro il terrorismo e nel mantenimento della sicurezza. Lo sono in particolare le unità ora impegnate in Afghanistan, nel quadro di due missioni, una internazionale e una delle Nazioni Unite, in compiti difficili, ma necessari: togliere da una parte basi logistiche al terrorismo (e questa operazione può dirsi sostanzialmente raggiunta) e aiutare a ricostruire uno Stato nella legalità. Per questa seconda operazione, più che per la prima serviranno nuovi uomini, anche italiani. L'intera comunità internazionale riconosce infatti alle Forze Armate italiane una particolare capacità di operare in situazioni difficili, laddove è necessario ricreare condizioni di convivenza in territori martoriati da conflitti e da guerre. L'Italia vuole la pace, opera per la pace, ma la pace e, con essa, la libertà bisogna difenderla.
È ancora quel filo, che dal 4 novembre 1918 si è snodato fino al 25 aprile del 1945 e poi avanti fino al presente, che è affidato alle nostre Forze armate; o meglio alle Forze armate di un'Europa di Pace. Parlare di Forze della Pace - ha detto il presidente Ciampi - non significa assolutamente avere una visione riduttiva delle Forze Armate; significa avere una visione sempre più ampia delle finalità verso le quali sono rivolte le Forze Armate.
"Se vuoi la pace prepara la guerra", dicevano gli antichi Romani. Noi, oggi, dobbiamo adottare lo stesso motto, modificandolo nel senso: "Se vuoi la pace, preparati ad affermare la pace ovunque". Non più, quindi, una preparazione militare per aggredire, né solamente per difendersi come singolo Stato nazionale, ma per condividere i valori fondamentali di una civiltà.

Non basteranno le armi E non solo con le armi. Anche questo abbiamo imparato. In particolare la lotta al terrorismo non giungerà al pieno successo, se affidata soltanto alle armi. É necessario il sostegno concorde dei popoli. Essi chiedono una maggiore giustizia, per ridurre le enormi disuguaglianze che caratterizzano la società moderna.
Il progresso, la globalizzazione, hanno avvicinato l'umanità, nel tempo e nello spazio. Il confronto fra le condizioni di vita dei popoli ricchi, e di quelli privi dei beni essenziali per la sopravvivenza, si è fatto intollerabile. La televisione ci porta ogni giorno immagini, che ci sconvolgono, di guerra, di fame, di malattie.
E' necessario mobilitare tutte le nostre risorse per eliminare la miseria, fonte di disperazione, terreno di coltura della violenza; così come per salvaguardare l'ambiente, nell'interesse dell'intero genere umano. Oggi abbiamo i mezzi per farlo, dobbiamo e possiamo farlo. L'Europa propone al mondo il principio del dialogo: a cominciare da quello con il mondo islamico, che ci è così vicino, sull'altra sponda del Mediterraneo. Il consolidamento della pace e del dialogo può essere raggiunto solo attraverso un impegno quotidiano sul terreno, attraverso la convivenza e la riconciliazione tra popoli differenti, la protezione e il rispetto dei luoghi sacri a ciascuno, la promozione e la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
Questa è già la nostra Europa, l'Europa dei valori, della libertà, della giustizia, del rispetto della persona, della solidarietà, della pace, della forza serena di Stati democratici che si riconoscono in una Costituzione comune, in una comune cittadinanza.
Questa è la nostra l'Italia, orgogliosa dei suoi 10 mila uomini e donne delle quattro Forze Armate che operano con autentica dedizione in tanti Paesi. Svolgono in maniera straordinaria il loro gravoso compito.
Questa è la nostra vita, che ci ha portati qui al monumento ai Caduti di Torreglia a rendere onore a tutti i Caduti, con animo riconoscente. Possa il loro sacrificio, la loro memoria assistere noi e le future generazioni nell'affrontare con coraggio e con spirito di pace le prove che ci attendono.
Viva le Forze Armate Italiane, Viva l'Unione europea, Viva l'Italia.

3 novembre 2002

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6 novembre 2002
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