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Il disegno
di legge che modica la legge quadro sulla trasparenza
nell'export di armi finirà in Aula il 10 ottobre. Il
senatore Bedin racconta a Vita cos'è accaduto
oggi |
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Se non è al
canto del cigno poco ci manca: il dibattito sulle
modifiche alla legge 185 sbarca in Aula al Senato e già
giovedì 10 ottobre potrebbe passare al voto conclusivo.
La battaglia condotta per sei mesi dalla società civile
e da oltre 80mila sostenitori per evitare l'azzeramento
della legge quadro sulla trasparenza nell'export di
armi, rischia di essere vanificata. L'iscrizione
nell'ordine del giorno dell'Assemblea è stata decisa
oggi, dopo che l'ennesima riunione delle commissioni
Difesa ed Esteri si è conclusa con un nulla di fatto a
causa della mancanza di numero legale. I senatori della
maggioranza hanno continuato sistematicamente a non
presentarsi alle sedute. Riportiamo la "telecronaca"
della riunione, per voce del senatore Tino Bedin
(Margherita).
"Convocata alle 14.30, rinviata
alle 15, chiusa alle 15.20: la seduta congiunta delle
commissioni Esteri e Difesa del Senato non è mai
cominciata. Alla maggioranza di centro-destra non
interessa assolutamente il disegno di legge che – con il
pretesto di ratificare il trattato di Farnborough
sull'industria europea della Difesa europea – modifica
sostanzialmente la legge 185 del 1990 sul commercio
internazionale delle armi. Non ha infatti raggiunto il
numero sufficiente di presenze per far iniziare la
seduta. Il numero legale è mancato in tutte le
sedute nelle quali le commissioni hanno cominciato a
votare gli emendamenti. Quello di oggi pomeriggio non è
dunque un infortunio, ma la continuazione di un
comportamento che ha il suo significato politico.
Evidentemente molti nella maggioranza non
condividono la scelta del governo di negarsi al
confronto su un argomento, il commercio delle armi, sul
quale esiste una vasta sensibilità sociale. Ho fatto
notare in commissione – intervenendo poco prima che il
presidente sciogliesse la seduta – che nella maggioranza
esiste probabilmente la volontà di mandare un segnale al
governo, perché alcuni non ritengono opportuno arrivare
ad un voto a maggioranza sia sulla ratifica di un
trattato intereuropeo sia sulla modifica della legge sul
commercio delle arnmi. Così facendo però la
maggioranza sta compiendo un atto politicamente grave
anche nei confronti dell'opinione pubblica. La
maggioranza ha prima rifiutato le audizioni, da me
richieste sia in discussione generale che prima di
passare al voto sugli articoli che modificano la legge
185. La vasta mobilitazione di associazioni, di persone
e di organizzazioni, l'attenzione che la Chiesa stessa
ha manifestata per l'argomento, i voti che si sono avuti
in sede regionale ed in molti municipio, avrebbero
richiesto un ascolto da parte del Senato. La
maggioranza ora di fatto nega il dialogo allo stesso
Senato: gli unici a parlare siamo stati alcuni senatori
dell'Ulivo, di fatto senza contraddittorio, se non
quello del governo. Se si riflette che il tema del
controllo parlamentare sulla materia è uno di quelli che
stanno più a cuore proprio alle associazioni che hanno
dato vita alla campagna in difesa della legge 185, si
può capire quanto negativo sia questo atteggiamento.
Esso infatti ha come sbocco finale l'utilizzo del
regolamento: basta discutere, il lavoro di commissione
non serve; passati 90 giorni si va in Aula del Senato e
si vota. Succederà così: dal 10 ottobre il disegno di
legge del governo sarà in Aula. Sarà probabilmente
rubricato tra i tanti “accordi internazionali”, di cui
generalmente con scarso interesse si procedere alla
ratifica. Per il disegno di legge sull'industria
europea della Difesa non deve succedere così. Sia il
Senato che l'opinione pubblica ha diritto ad un ampio
dibattito. Da parte mia, sono pronto a continuare in
Aula il lavoro fatto; anzi a riprenderlo da capo".
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