Il voto favorevole alle missioni militari internazionali
Prevenire i conflitti per tentare di sconfiggere la povertà
Serve un codice unico per tutti i militari dell'Unione Europea
Nella seduta pomeridiana di martedì 11 giugno l'Aula del Senato ha approvato il disegno di legge di "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 aprile 2002, n. 64, recante disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali", già approvato dalla Camera dei deputati. A nome del gruppo Margherita-L'Ulivo il senatore Tino Bedin, capogruppo nella Commissione Difesa, ha svolto la dichiarazione di voto finale, che riportiamo.
dichiarazione di voto di Tino Bedin
capogruppo Margherita commissione Difesa
"Troppo spesso abbiamo visto una carestia avere inizio con lo scoppio di un nuovo conflitto; non saremo in grado di sconfiggere la fame senza prevenire i conflitti e assicurare la pace". In questa osservazione, che il presidente della Commissione europea Romano Prodi ha proposto al Vertice mondiale sull'alimentazione, è la ragione del voto favorevole che il Gruppo della Margherita-L'Ulivo del Senato darà alla continuazione delle missioni militari italiane all'estero.
Prevenzione dei conflitti, interposizione tra i contendenti, imposizione della pace sono, in molte situazioni, le precondizioni per tentare di vincere la sfida della povertà nel mondo e garantire la sicurezza e la pace. Ma è altrettanto valida la relazione inversa: l'estendersi della povertà, l'ampliarsi della marginalizzazione, il degrado dell'ambiente, derivante anche da scelte agronomiche di rapina, generano violenza e guerra. Non a caso, la recente Conferenza di Monterrey sull'aiuto pubblico allo sviluppo ha richiamato l'attenzione della comunità internazionale sull'Africa, tragicamente povera e tragicamente dilaniata da una serie troppo lunga di conflitti.
Un codice militare europeo per le missioni all'estero
Dunque, il nostro voto favorevole alle missioni militari di pace è una delle due facce dello stesso impegno - culturale, politico, economico, pubblico nel senso completo della parola (cioè comprendente le istituzioni e le organizzazioni non governative) - per la giustizia che genera la pace. Per questo, nel corso del dibattito sia in Senato che alla Camera, il Gruppo Margherita-L'Ulivo ha insistito molto sull'applicazione a tutte le missioni italiane del codice militare di pace e non di guerra. La maggioranza non ha ritenuto di accettare il nostro emendamento: consideriamo questo uno dei punti negativi del decreto; negativo per l'attività dei nostri militari, negativo per la capacità diplomatica dell'Italia.
Tuttavia, il dibattito consente di considerare ormai maturo il tempo per la discussione e l'approvazione in Parlamento di un codice militare per le missioni all'estero. Prendiamo atto dell'iniziativa del Governo di istituire una commissione di giuristi per elaborare una proposta al riguardo. Ribadiamo però che si tratta di una materia sulla quale il Parlamento nel suo insieme deve essere in grado di esprimere non solo una valutazione conclusiva, ma una posizione costruita al proprio interno. Si tratta infatti dello strumento - e noi ci auguriamo che sia così - prevalentemente utilizzato dalle nostre Forze armate: la qualità e la quantità dell'impegno internazionale dell'Italia già oggi ci fanno immaginare che questo sia il terreno della loro azione più normale.
Né la commissione tecnica governativa è sufficiente in considerazione del tempo in cui questa innovazione giuridica dovrebbe essere realizzata in Italia. Siamo infatti nei mesi in cui sta nascendo e si sta consolidando la capacità militare europea. Dal 22 al 28 maggio scorso si è svolta la prima esercitazione militare europea, il Crisis management exercise 2002, dedicata - come lo saranno quelle future - alle strutture di comando delle Forze armate dei Paesi dell'Unione.
Mi pare evidente che la capacità militare, a cominciare da quella di comando, necessiti di un quadro giuridico uniforme, che metta tutti i militari dell'Unione europea sullo stesso piano. Visto lo stadio a cui è arrivato il confronto nel nostro Parlamento e visto l'impegno diretto del nostro Paese, noi chiediamo che l'Italia ponga il problema in sede di Unione europea e soprattutto presenti una bozza di proposta di codice militare per le missioni di pace uniforme per tutti i cittadini dell'Unione. Questa bozza potrebbe essere il frutto di una specifica sessione parlamentare dedicata alle missioni militari che ci consenta anche, onorevole Presidente, di sopperire alla limitazione forzata del dibattito cui il Senato è stato costretto in questa occasione.
Una componente essenziale della politica estera italiana
In tale sessione occorrerà recuperare pienamente il ruolo del Ministero degli esteri, che nel dibattito al Senato è del tutto mancato, tanto che il disegno di legge non è neppure stato esaminato dalla Commissione affari esteri. È il secondo punto nero di questo decreto. Le missioni militari di pace sono infatti una componente essenziale della politica estera dell'Italia e dell'Italia nell'Unione europea, non appartengono solo al quadro delle alleanze militari internazionali. Esse sono insieme espressione e strumento del nostro modo di intendere i rapporti internazionali e della nostra capacità di modificarli positivamente.
Il governo e la maggioranza hanno invece dato l'impressione di offrire al Parlamento solo la ripetizione di decisioni già assunte in passato e appena da aggiornare. Non è così, sia perché il quadro internazionale è mutevole, e quindi anche questa componente della nostra politica estera va adeguata alle nuove situazioni, sia perché l'Italia ha potuto diventare protagonista nella diplomazia internazionale proprio grazie alle sue missioni di pace, in particolare a partire dalla missione "Alba", che ha fatto dell'Italia un Paese di riferimento per molti altri.
Con questa consapevolezza ho aperto il mio intervento in discussione generale parlando delle persone, dei militari italiani che hanno realizzato e realizzano con impegno e con rischio - a volte con il sacrificio estremo - questa nuova politica estera italiana. Ribadisco, anche a conclusione di questo nostro lavoro parlamentare, la gratitudine del Gruppo Margherita-L'Ulivo, che so condivisa dal popolo italiano, ai militari italiani.
E tuttavia, la gratitudine si esprime non solo con le parole, ma anche assicurando alcune certezze, che neppure in questa occasione il governo ha saputo dare.
Il relatore, nell'introdurre il nostro dibattito, ha velocemente citato la copertura finanziaria del provvedimento, assicurata mediante il ricorso al Fondo di riserva per le spese impreviste. Si tratta di un'utilizzazione impropria di questo fondo, che non corrisponde né al contenuto dell'articolo 7 della legge n. 468 del 1978, né al contenuto dell'elenco - che la suddetta legge prevede sia allegato alla legge di bilancio - che indica le spese per le quali è concessa la facoltà di prelievo dal citato fondo di riserva.
Il governo deve risolvere il problema della copertura finanziaria per la partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali in modo più coerente, tenendo conto del fatto che le missioni militari all'estero hanno acquisito ormai carattere permanente. Dunque, è assolutamente necessario prevedere, nella tabella A della legge finanziaria, un'apposita allocazione di risorse, finalizzata specificamente al finanziamento delle missioni italiane all'estero. Di questo il governo è ben consapevole; infatti, il 25 luglio dell'anno scorso, aveva assunto l'impegno di prevedere un apposito stanziamento nella legge finanziaria per il 2002. Ciò però non è accaduto.
Vedremo se già nel Dpef prossimo verrà introdotta questa novità come presa d'atto definitiva della nostra scelta a favore della pace nel mondo, assieme a quella di aumentare le risorse disponibili per l'aiuto pubblico allo sviluppo, perché le due componenti della nostra politica estera sono distinte, ma non funzionano l'una senza l'altra.
Concludo con un'ultima valutazione, positiva, sulla limitazione che, su proposta dell'Ulivo, la Camera ha introdotto in riferimento a possibili azioni future, che non sono autorizzate con questa legge, non solo perché riteniamo che questa materia abbia una crescente preminenza parlamentare, ma soprattutto perché dovremmo essere in condizione di valutare i contenuti di pace che ogni attività militare italiana ed europea è in grado di portare nel mondo.
11 giugno 2002 |