La Commissione Difesa del Senato analizza le decisioni del Consiglio di Laeken
È operativa la politica europea di sicurezza e difesa
Il Parlamento pronto a svolgere la sua funzione di controllo e di indirizzo. Interessanti anche le opportunità offerte dalla Presidenza spagnola
La Commissione Difesa del Senato ha deciso di approfondire i risultati del Consiglio europeo di Laeken relativamente alla Politica europea di sicurezza e di difesa. Il presidente della Commissione, Contestabile, ha affidato al senatore Tino Bedin l'incarico di svolgere la relazione introduttiva. Ne riportiamo il testo.
relazione di Tino Bedin
capogruppo in Commissione Difesa
Il Consiglio europeo di Laeken, svoltosi il 14-15 dicembre 2001, ha affrontato il tema della Politica europea di Sicurezza e di Difesa (Pesd), dando ad essa particolare evidenza. Vi dedica infatti l'allegato II alle Conclusioni della Presidenza, nel quale è contenuta la Dichiarazione relativa all'operatività della politica europea comune di sicurezza e di difesa.
La Dichiarazione afferma che "l'Unione è ormai capace di condurre operazioni di gestioni delle crisi". Ed ancora: "L'Unione europea ha istituito strutture e procedure di gestione delle crisi che le consentono di analizzare, pianificare, decide, nonché lanciare e condurre operazioni militari di gestione delle crisi là dove la NATO non sia impegnata in quanto tale".
La stessa Dichiarazione rileva tuttavia che "dovranno essere compiuti progressi significativi", ai fini di operazioni di gestione delle crisi che coprano l'intero gamma dei compiti di Petersberg ("comprese le più impegnative in termini di portata, di tempi di spiegamento e di complessità"). La conduzione di operazioni progressivamente sempre più complesse dipende pertanto dallo sviluppo dei mezzi e delle capacità, la cui valutazione - insieme con quella "delle circostanze di ogni specifica situazione" - sarà determinante ai fini della decisione su quali capacità impiegare.
Pare profilarsi così un approccio pragmatico e improntato a valutazioni "caso per caso", al di fuori della definizione (nell'opinione di taluni prematura) di una sorta di "concetto strategico" dell'Unione europea.
La Dichiarazione ribadisce che la Forza di Reazione Rapida non implica la creazione di un esercito europeo, trattandosi di contributi volontari determinati con decisioni nazionali.
Non sono solo gli Stati membri dell'Unione ad essere interessati al processo di costituzione della Forza di reazione. Annota infatti la Dichiarazione come sia continuata l'attuazione di accordi con gli Stati europei membri della Nato non appartenenti all'Unione europea e altri Paesi candidati all'adesione nonché con Canada, Russia, Ucraina. In particolare i sei Paesi membri Nato, non ancora dell'Unione (Islanda, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Turchia, Ungheria) sono richiamati nell'ultimo paragrafo della Dichiarazione, che rileva come il loro contributo supplementare alle capacità civili e militari nonché la loro partecipazione a un'operazione di gestione delle crisi (segnatamente mediante la costituzione del Comitato dei contributori in un'operazione) possano considerevolmente potenziare le operazioni di gestione delle crisi.
L'operatività della gestione delle crisi è condizionato, sottolinea la Dichiarazione, dallo sviluppo equilibrato e coordinato delle capacità, così civili, con uno specifico piano d'azione nel settore della polizia, come militari, secondo le indicazioni del piano d'azione del novembre 2001. Tale sviluppo deve tenere conto del processo di pianificazione della difesa della Nato e del processo di pianificazione e di riesame del Partenariato per la Pace (PfP).
La Dichiarazione sollecita altresì la ricerca da parte dei ministri competenti di forme nuove di cooperazione in modo da sviluppare le capacità necessarie, con un uso ottimale delle risorse.
I contenuti del Consiglio europeo di Nizza
Siamo di fronte ad una svolta della Pesd, in quanto si dà il via politico alle decisioni operative prese il 19 novembre scorso dalla Conferenza sul miglioramento delle capacità di difesa e sicurezza eurpee, che si è svolta a Bruxelles.
Soprattutto si comincia a dare attuazione ad una delle decisioni prese al Consiglio europeo di Nizza: decisioni non solo politiche, ma istituzionali, in quanto il consiglio di Nizza si è concluso con l'approvazione del nuovo Trattato dell'Unione.
La Dichiarazione di Laeken comincia a dare attuazione al Trattato Nizza, per la parte riguardante la difesa e la sicurezza comune, mentre esso non è ancora stato ratificato. Sottolineo questa circostanza non come un fatto negativo, ma come un elemento che accresce la responsabilità dei parlamenti nazionali, e quindi quello italiano, e del parlamento europeo. È una ragione in più per seguire in questi mesi l'attività del Consiglio europeo sulla materia e l'attività degli organismi che sono stati costituiti in base alle decisioni a Nizza tra il 7 e il 9 dicembre del 2000.
Vediamo allora gli elementi significativi, ai fini della costituzione della Forza di reazione rapida dell'Unione, emersi dal Consiglio Europeo di Nizza. Vi sono state infatti istituite le strutture permanenti preposte alla conduzione della PESD, ossia:
· il Comitato Politico e di Sicurezza, che assicura il controllo politico e la direzione strategica delle operazioni militari nonché l'attuazione delle decisioni istituzionalmente spettanti al Coreper (Comitato dei Rappresentanti permanenti), al Consiglio Affari generali, all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza;
· il Comitato Militare (composto dai Capi di stato maggiore ed organo di consulenza tecnica verso il Comitato innanzi detto, oltre che di direzione dello Staff militare);
· lo Stato Maggiore (struttura tecnico-militare responsabile verso il Comitato militare della componente operative e di pianificazione; altresì titolare di una funzione di tempestivo allarme).
Composizione e funzioni di questi organi sono precisati nei suballegati III, IV, V di un allegato VI (avente ad oggetto appunto la Politica europea di sicurezza e di difesa) della relazione presentata dalla Presidenza francese al Consiglio europeo di Nizza.
Di tali strutture, il Comitato politico e di sicurezza è ora richiamato dall'articolo 25 del Trattato dell'Unione, così come modificato dal Trattato di Nizza. Vi si prevede altresì che il Consiglio possa autorizzare questo Comitato ad assumere decisioni, in ordine al controllo politico ed alla direzione strategica delle operazioni.
Il trattato di Nizza mantiene, per la Pesd, il voto all'unanimità (non dunque a maggioranza qualificata) in ordine alla deliberazione del Consiglio. Esclude inoltre possa instaurarsi una cooperazione rafforzata in ambiti che presentino implicazioni militari o nel settore della difesa.
Ancora il trattato di Nizza sopprime i riferimenti all'Unione dell'Europa occidentale (Ueo) quale parte integrante dello sviluppo dell'Unione (a fini di accesso ad una capacità operativa di difesa) nonché quale strumento dell'Unione per elaborare ed attuare decisioni ed azioni nel settore della difesa. In precedenza, il Consiglio ministeriale dell'Ueo di Marsiglia (13 novembre 2000) aveva sancito il trasferimento delle capacità di questa organizzazione alla Unione europea. Residuerà operativa una struttura ridotta per le obbligazioni relative all'articolo V (difesa collettiva) ed all'articolo IX (obbligo di relazione annuale Assemblea) del trattato di Bruxelles. Entro la fine del 2001, era previsto il trasferimento del Centro satellitare (a Torrejon) e l'Istituto di Studi di Sicurezza. Quanto all'Assemblea parlamentare dell'Ueo, essa ha raccomandato (nella riunione di Lisbona del 21 marzo 2000) ai governi degli Stati aderenti la sua trasformazione in "Assemblea europea della sicurezza e della difesa". Attualmente opera con questa denominazione, con l'aggiunta "ad interim".
Il Piano d'azione sulle capacità europee di sicurezza e difesa
Dopo Nizza, l'impianto organizzativo che presiede a una capacità autonoma europea di intervento militare (in ambito "Petersberg") può dirsi dunque compiuto.
Nel marzo 2001 si è provveduto alla nomina del presidente del Comitato militare (il genale finlandese Gustav Hägglund, che è stato scelto all'interno del Comitato con la prevalenza di un voto sul candidato italiano, il generale Mario Arpino) e del direttore generale dello Staff militare (il generale tedesco Rainer Schuwirth).
Nell'aprile successivo, una riunione informale a Bruxelles dei ministri della Difesa ha stabilito di organizzare una seconda Conferenza sulle capacità militari europee e l'ha messa in calendario per il successivo novembre 2001.
Il Consiglio europeo di Gotebörg (15-16 giugno 2001) non ha introdotti peculiari sviluppi al processo di integrazione della Pesd; esso infatti è stato prevalentemente orientato sulla gestione delle crisi in ambito civile e sui rapporti con le Nazioni Unite. Tuttavia quel Consiglio è importante perché ha definito i tempi: in più occasioni vi si è infatti ribadito l'intendimento di rendere la Pesd compiutamente operativa, con decisione da assumersi dal Consiglio europeo al più tardi nella sua riunione a Laeken, nel dicembre 2001.
In vista di questa scadenza ormai decisa, tra l'ottobre e il novembre scorsi si sono svolti nuovi incontri sulla Pesd.
All'incontro informale dei ministri della Difesa dell'11-12 ottobre è stato tra l'altro presentato - da parte del presidente del Comitato Militare - un documento sullo stato attuale delle capacità militari europee, attento ad evidenziare altresì le carenze (specie riguardo a comando e controllo, trasporti, munizionamento di precisione, logistica) ancora sussistenti in ordine alla costituzione della Forza europea di intervento rapido.
Tale riflessione è stata al centro della Conferenza sul miglioramento delle capacità europee di sicurezza e di difesa, che si è svolta il 19 novembre 2001 presso il Consiglio affari generali, con la partecipazione dei Ministri della difesa, che ho già citata.
In tale occasione, i Quindici hanno approvato un piano d'azione sulle capacità europee, per sviluppare i mezzi necessari alla gestione delle crisi da parte dell'Unione. Nella sintesi dei lavori della Conferenza si rileva che nel 2003 sarebbero sì possibili tali missioni, tuttavia non prive di rischi, per il permanere di alcune carenze.
La dichiarazione ribadisce che i contributi volontari degli Stati membri prefigurano l'esistenza di un insieme di mezzi composto da: una potenzialità di oltre 100 mila uomini, 400 aerei da guerra e 100 navi. Essi potrebbero soddisfare bisogni quantitativi definiti dall'obiettivo globale, per attuare vari tipi di operazioni di gestione delle crisi.
Gli Stati membri hanno fornito contributi aggiuntivi che permettono di rimediare totalmente o parzialmente a varie carenze. In campo terrestre, questo riguarda le unità lancia missili multiple, di trasmissione, di guerra elettronica, di fanteria meccanizzata e di genio. Per i mezzi marittimi, vi sono stati progressi in campo aeronavale. In campo aereo, i contributi aggiuntivi - ma non sufficienti - riguardano la ricerca e il salvataggio in guerra e armi di precisione.
Sforzi ulteriori devono farsi per la protezione delle forze, per la capacità di impegno e per la logistica. Il grado di disponibilità degli elementi di terra, la mobilità operativa e la flessibilità delle forze devono migliorare. Lo stesso vale per i mezzi aeronavali e per l'evacuazione sanitaria marittima. Per le capacità strategiche i mezzi di comando paiono sufficienti quantitativamente; quelli di comunicazione e di informazione sono stati rafforzati con altri contributi ma carenze permangono, al pari che per la protezione e la mobilità strategica delle forze.
La dichiarazione rileva che le possibilità di informazione, acquisizione di obiettivi, sorveglianza e riconoscimento sono limitate. Per la mobilità strategica, le carenze maggiori riguardano gli aerei con grandi capacità di trasporto e le navi da trasporto.
Per rimediare alle carenze, il piano d'azione prevede tre tipi di soluzioni:
- messa a disposizione di flotte e capacità nazionali ulteriori;
- miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza delle capacità già disponibili;
- soluzioni multinazionali che possano includere la coproduzione, il finanziamento e l'acquisizione di capacità e eventualmente la gestione e l'uso comune di strutture acquisite in tal modo.
L'analisi e la valutazione qualitativa e quantitativa dell'insieme delle carenze continuerà sotto la direzione del Comitato militare.
Per una maggiore efficacia e flessibilità e per responsabilizzare di più gli Stati membri, il Piano d'azione prevede di riunire, per tipo di capacità, gruppi di esperti onde analizzare le carenze e individuare soluzioni. In base al parere del Comitato militare, il Comitato politico e di sicurezza farà rapporto al Consiglio.
Ho citato prima pacità, tenutasi il 19 novembre 2001, e costituita dal Consiglio affari generali e dai Ministri della difesa).
Lo stesso giorno della Conferenza sul miglioramento delle capacità militari, sempre a Bruxelles si è tenuta anche una Police Capability Commitment Conference (Consiglio affari generali e Ministri degli interni). Gli Stati membri vi hanno definito gli impegni (assunti ai Consigli europei di Feira e di Göteborg) per costituire, entro il 2003, una forza di polizia internazionale per missioni all'estero. Si tratta della costituzione di una forza di polizia (anche con corpi militari, quali i Carabinieri) di 5000 uomini, di cui circa 1.400 (dai 1000 inizialmente previsti) impiegabili entro trenta giorni.
Un tempo lungo per arrivare alla piena capacità
La Dichiarazione di Laeken con la operatività della Pesd dà il via a strutture che già esistono, rende possibili scenari sul quali dunque l'attività di controllo ed indirizzo del Parlamento deve esercitarsi con continuità e specificità. Si tratta da una parte di seguire nel loro nascere strutture sia politiche che tecniche destinate prevedibilmente ad assumere compiti crescenti con il passare dei mesi; dall'altra di verificare se le condizioni di sviluppo della Pesd vengono mantenute.
Ad riguardo, è interessante ascoltare quello che il presidente del Comitato militare ha detto la settimana scorsa davanti al Parlamento Europeo.
Il generale Gustav Hagglund, che è intervenuto per la prima volta dalla sua nomina davanti alla commissione Affari esteri e di Difesa del Parlamento europeo, ha riconosciuto che, viste le capacità militari attuali, sarà "difficile condurre operazioni di tipo militare" nel quadro dei "compiti di Petersberg" che definiscono le attività europee di mantenimento della pace e di gestione dei conflitti, ha riconosciuto. Certo, l'Unione Europea dispone attualmente del 90 per cento delle capacità definite dalle "Headline Goals" del 1999, il che ha permesso al Vertice di Laeken di dichiarare la forza di reazione europea "operativa" e tuttavia "non abbiamo la possibilità di condurre tutte le operazioni come quelle definite a Petersberg", egli ha precisato.
Le decisioni di azione si prenderanno ad ogni modo "al caso per caso" ha aggiunto, sottolineando che il catalogo delle capacità non è la "bibbia" che deve essere seguita alla lettera. Il generale ha notato per inciso che gli interventi si faranno sulla base di "decisioni politiche" e che queste decisioni possono persino "non essere prese" nella misura in cui nel suo paese, in Finlandia, ad esempio, insistono perché le decisioni d'intervento si prendano sulla base di un mandato dell'Onu.
Pur sottolineando i progressi compiuti nell'integrazione degli aspetti militari della PESC durante l'anno 2001, il presidente del comitato militare si è rifiutato di essere ottimista. Il generale ha riconosciuto che ci vorranno infatti "dieci anni per colmare determinate lacune" come per il trasporto di truppe poiché l'airbus 400 ad esempio sarà disponibile unicamente tra il 2008 e il 2011. Ha anche concordato che i servizi di informazione, in particolare tramite il sistema satellite rimane il "deficit maggiore poiché se bisogna inviare dei soldati in un ambiente ostile bisogna potere disporre rapidamente dell'informazione.
Il generale Hagglund ha poi riconosciuto che la ripartizione dei compiti tra il Comitato militare, il comitato politico, il Segretario generale del Consiglio ecc. "sembra confusa". "Non c'è una struttura di comando chiara e l'organizzazione sembra vaga" ha ammesso aggiungendo: "Temo che ci siano in atto lotte intestine di potere per sapere chi fa che cosa".
Il presidente del comitato militare ha rifiutato in cambio di commentare le discussioni in atto relative al finanziamento della politica esterna e di difesa comune, una questione politicamente sensibile" che deve essere decisa dal comitato dei rappresentanti permanenti.
La dimensione parlamentare della Pesd
Come i colleghi possono rilevare siamo di fronte a domande, prospettive, carenze, sulle quali non può mancare la costante attenzione della nostra Commissione. Sulla questione del finanziamento - ad esempio- pur nel rispetto delle procedure negoziali del Coreper, è indispensabile che si cominci ad alzare il velo in modo da garantire a decisioni che non sono tecniche ma politiche la necessaria trasparenza.
Questa particolare attenzione è avvalorata anche da un altro elemento.
Introducendo la riunione della commissione Esteri e Difesa del Parlamento europeo, nella quale è intervenuto il generale finlandese Gustave Hagglund, il presidente della commissione, il popolare tedesco Elmar Brok, ha affermato che "il controllo parlamentare della Pesd è, per il parlamento europeo, una priorità".
Non si tratta di una posizione individuale, lo stesso Brok era intervenuto con la stessa determinazione alla Conferenza sul controllo parlamentare sulla politica di sicurezza e di difesa che si è svolta in novembre a Bruxelles su iniziativa del parlamento locale.
A me pare che certamente il ruolo del Parlamento europeo è importante in questa materia, ma determinante è il ruolo dei parlamenti nazionali, in considerazione sia della competenza nazionale sulla materia sia del fortissimo impatto che la politica di sicurezza e di difesa ha sulle opinioni pubbliche. I cittadini italiani devono avere su queste questioni interlocutori vicini, che rispondono delle loro decisioni.
Non si tratta di stabilire primazie, né di instaurare una competizione tra parlamenti nazionali e parlamento europeo. Si tratta di garantire a questa nuova politica comune la trasparenza democratica che un'Europa che ha deciso di darsi una Costituzione certamente richiede.
Questa valutazione è condivisa dalla Presidenza spagnola dell'Unione. Presentando le priorità della Presidenza in tema di sicurezza e difesa, il ministro spagnolo della Difesa Federico Trillo ha detto: "La Presidenza spagnola condivide la valutazione dell'importanza di tenere informati i parlamenti, avendo presente che per ora solo i parlamenti nazionali hanno il controllo sulla politica di difesa. Durante il Semestre abbiamo intenzione di convocare una riunione di parlamentari per trattare questioni di difesa ed in particolare il tema degli armamenti".
Le opportunità della Presidenza spagnola
L'impegno del ministro della Difesa spagnolo è importante perché dimostra che la Presidenza di turno dell'Unione Europa è intenzionata non solo a dare corso all'assemblea parlamentare convocata dal Parlamento belga nel novembre scorso, ma soprattutto che intende realizzare i contenuti della Dichiarazione di Laeken sulla Pesd. Lo stesso ministro Trillo ha infatti detto che il motto "Più Europa" scelto dalla Spagna per la sua Presidenza, si tradurrà per quanto riguarda la Pesd principalmente nel rafforzare la dichiarazione politica sulla operatività della Pesd di Laeken.
La Spagna punta anche un rafforzamento dei contenuti. Ne segnalo due che meritano, a mio parere, una attenzione anche del Parlamento italiano.
Il primo possibile nuovo contenuto riguarda la nuova minaccia terroristica in relazione al secondo Pilastro. Certamente la risposta alla minaccia terroristica non è inclusa tra le missioni di Petesberg e tuttavia il Trattato dell'Unione include tra gli obiettivi della Pesc la difesa degli interessi e della sicurezza dell'Unione in tutti i loro aspetti. Per questo la Presidenza spagnola si propone di sollecitare forme per la messa in comune dei servizi di intelligence o la protezione dalle possibili minacce terroristiche nucleari o batteriologiche.
Un secondo contenuto riguarda la dimensione mediterranea della Pesd.
"Il mio paese - ha detto il ministro Federico Trillo - è particolarmente sensibile al mediterraneo e considera che il Processo di Barcellona, unico spazio di dialogo che riunisce tutti i paesi interessati, debba mantenere la sua piena validità come strumento di dialogo e di cooperazione nel bacino del Mediterraneo. Scomparso il dialogo mediterraneo dell'Ueo, la Presidenza spagnola sosterrà uno sbocco concreto di questa dimensione con azioni di cooperazione che potrebbero essere propedeutiche ad una futura politica mediterranea nel settore della difesa e della sicurezza".
Come primo obiettivo la Spagna si propone un'azione di informazione e di spiegazione sul carattere della Pesd, in modo che i paesi rivieraschi del Mediterraneo non valutino quest'ultima come lo strumento di interessi non dichiarati.
Ho sottolineato questi due contenuti della Presidenza spagnola perché essi offrono occasioni di approfondimento anche a livello parlamentare. Mi pare tuttavia opportuno citare altri due obiettivi della Spagna.
Uno è la formalizzazione delle riunioni dei ministri della Difesa, attraverso una formula che eventualmente preveda una riunione del Consiglio affari generali in formato ministri della Difesa. Mi sembra una scelta interessante, perché è utile dotare la Pesd non solo di organi tecnici e diplomatici, quali sono quelli stabiliti a Nizza, ma anche di una struttura politica precisa.
Il secondo obiettivo è la formulazione di un decalogo sulla industria europea degli armamenti a servizio della Pesd, basto sui principi della volontarietà, della trasparenza e della cooperazione con altri organismi. Non occorre ricordare il caso dell'areo da trasporto A-400M per cogliere lo sforzo che la Spagna si impegna a compiere.
Il riferimento alle collaborazione esterne alla Pesd viene infine confermato nella attenzione che la Presidenza spagnola intende riservare alla Nato e al ruolo dei paesi alleati non Ue.
Le possibili piste di lavoro della Commissione
Si tratta di una serie di argomenti per i quali la Presidenza spagnola dell'Unione ci propone, ove li ritenessimo interessanti, già due date in vista delle quali indicare al Governo italiano ed eventualmente ai colleghi parlamentari le nostre considerazioni. Si tratta naturalmente del Consiglio europeo di Siviglia, il 21 e 22 giugno, al quale la Presidenza intende portare delle proposte relative in particolare alle risposte alle situazioni di crisi. C'è però anche un appuntamento più ravvicinato e più specifico: la riunione informale dei ministri della Difesa che si svolgerà a Saragozza il 22 e 23 marzo.
L'interesse del Senato per la Pesd ha già trovato una attenta espressione nella relazione che al Giunta per gli Affari Europei e la Commissione Esteri hanno depositato in vista del Consiglio europeo di Laeken. Alle osservazioni del presidente Greco e al dibattito che le hanno precedute rimando per le parti che non ho affrontato nel mio intervento.
A quella relazione di richiamo anche per sottolineare l'opportunità di continuare nell'attenzione a questo tema.
L'obiettivo generale e centrale resta il contributo alla dimensione parlamentare della Pesd, contributo centrato sui parlamentinazionali. Ma ci sono anche questioni specifiche, ad esempio il passaggio della struttura Ueo alla Unione Europea. Mi pare anche importante segnalare agli organi attivati dal Consiglio europeo di Nizza che il parlamento italiano intende essere loro interlocutore. Infine il rapporto con i paesi Nato non Ue potrebbe facilitare l'analisi di uno dei nodi che stanno davanti alla Pesd, mentre quello con i paesi candidati potrebbe costituire un affiancamento ai rapporti già in corso tra le Forze armate italiane e alcune Forze armate dei paesi candidati.
30 gennaio 2002 |